Noi ci moltiplichiamo tutte le volte che siamo falciati da voi:
il sangue dei cristiani è seme.
(Tertulliano)
Essere e dirsi cristiani è una scelta di coerenza che non conosce e non ammette compromessi. Resti per tutti lapidaria l’espressione dei Padri della Chiesa: “Meglio essere cristiani e non dirlo, che dire di essere cristiani e non esserlo”.
Sono circa 300 milioni i cristiani, nel mondo, uno su sette, che vivono in un Paese dove la persecuzione è una tragica realtà. I cristiani sono il gruppo religioso più sottoposto a violazioni di diritti umani, soprusi e violenze.
È quanto emerge dal XIV Rapporto sulla libertà religiosa di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs è una fondazione di diritto pontificio), presentato nei giorni scorsi all’Ambasciata italiana presso la Santa Sede.
Questi non sono numeri, sono uomini e donne, fratelli e sorelle nella fede che per fedeltà non indietreggiano, anche a costo della vita “…non c’è amore più grande di questo dar la vita”, è la logica evangelica. «Il martire è il più genuino testimone della verità sull’esistenza. Egli sa di avere trovato nell’incontro con Gesù Cristo la verità sulla sua vita e niente e nessuno potrà mai strappargli questa certezza. Né la sofferenza né la morte violenta lo potranno fare recedere dall’adesione alla verità che ha scoperto… Ecco perché fino ad oggi la testimonianza dei martiri affascina, genera consenso, trova ascolto e viene seguita» (Giovanni Paolo II).
La comunità cristiana la più perseguitata
Dal rapporto, che prende in esame il periodo giugno 2016 giugno 2018, emerge che la comunità cristiana subisce, più di tutte le altre, forme di oppressione e intolleranza.
38 i Paesi individuati come teatro di “gravi o estreme violazioni”, tra questi 21 vengono classificati come Paesi di persecuzione: Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea, India, Indonesia, Iraq, Libia, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Turkmenistan, Uzbekistan e Yemen.
Sono invece luoghi di discriminazione gli altri 17: Algeria, Azerbaigian, Bhutan, Brunei, Egitto, Federazione Russa, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Laos, Maldive, Mauritania, Qatar, Tagikistan, Turchia, Ucraina e Vietnam.
In 17 di questi 38 Stati la situazione è peggiorata, invariata in quanto già gravissima: in Corea del nord, Arabia saudita, Nigeria, Afghanistan ed Eritrea dove la persecuzione manifesta il suo volto più crudele.
In diversi Paesi la persecuzione è animata e alimentata dal fondamentalismo di matrice islamica, ma un altro “filone” definito preoccupante è quello dell’aumento del nazionalismo aggressivo ai danni delle minoranze, e in alcuni casi rivolto contro tutte le fedi religiose, degenerato a tal punto da poter essere definito ultra-nazionalismo.
Il caso dell’India
In India, sottolinea il rapporto, tra il 2016 e il 2017 gli attacchi anticristiani, principalmente da parte di gruppi estremisti indù, sono quasi raddoppiati, 736 accertati. Le minoranze sono ritenute, così come ha dichiarato un deputato del Parlamento indiano, «…una minaccia per l’unità del Paese».
In Cina l’ultra-nazionalismo si manifesta come generale ostilità dello Stato nei confronti di tutte le fedi. Di qui le misure restrittive assunte dal regime tra cui la proibizione della vendita, on line, della Bibbia. Tra il 2014 e il 2016 distrutte o danneggiate tra le 1.500 e le 1.700 chiese.
In Corea del Nord, Paese che nega la libertà religiosa e nel quale si stima migliaia di cristiani siano detenuti in campi di prigionia, i gruppi di fede sono percepiti come grave minaccia al “culto personale” della dinastia Kim e del regime.
In Pakistan gli estremisti islamici si oppongono fermamente alle modifiche alla controversa legge sulla blasfemia. Critica la situazione delle minoranze religiose anche in Eritrea, Iran, Tagikistan e Turkmenistan.
In Myanmar, da settembre 2017 quasi 700mila musulmani Rohingya sono fuggiti in Bangladesh; una crisi definita dall’Alto Commissariato Onu per i diritti umani “pulizia etnica da manuale”.
Drammatica la situazione della comunità cristiana in Palestina. Negli ultimi sei anni i cristiani a Gaza sono diminuiti del 75%: da circa 4.500 a 1.000.
Tra il 2016 e il 2018 in Egitto si sono registrati cinque gravi attentati; l’ultimo, lo scorso 2 novembre, al bus di pellegrini copti a Minya. Un’ulteriore piaga che affligge la comunità cristiana egiziana è il rapimento e la conversione forzata all’Islam di adolescenti, ragazze e donne cristiane.
In Occidente aumenta l’antisemitismo
Nel vecchio continente, l’Europa, avanza l’antisemitismo, rileva ancora il Rapporto sottolineando inoltre l’ondata di attacchi terroristici – “motivati anche da odio religioso” – che nel biennio analizzato, hanno colpito l’Occidente, e in particolare il nostro continente, dimostrando che “la minaccia posta dall’estremismo è ormai divenuta universale, imminente e onnipresente”. Il rapporto di Acs evidenzia infine la “cortina di indifferenza” dietro la quale le vulnerabili comunità di fede continuano a soffrire, ignorate da un “Occidente secolarizzato”. La maggior parte dei governi occidentali non ha infatti fornito “l’assistenza necessaria” alle comunità di sfollati che desiderano tornare a casa nelle rispettive nazioni dalle quali sono stati costretti a fuggire.
Lo scorso giugno sono ritornati a Qaraqosh, nella Piana di Ninive in Iraq, 25.650 cristiani, quasi il 50% degli abitanti nel 2014, ma il report precisa che l’opera di ricostruzione è stata principalmente realizzata da associazioni di beneficenza e organizzazioni della Chiesa, senza le quali “la comunità cristiana nella regione avrebbe seriamente rischiato di scomparire”.
In sintesi la fede religiosa più perseguitata al mondo è sempre quella cristiana. Spesso, nell’indifferenza del mondo, soprattutto quello occidentale.
Meno male che noi non siamo così e che la nostra laicità non condiziona in modo significativo il nostro rapporto con le altre religioni. Questa è una forza ma al tempo stesso una debolezza. Il porgi l’altra guancia per “gli altri” è solo il modo per dare il via a più dolorose percosse. Fino a quando potremo misurare così la nostra cristianità? O questo è il prezzo da pagare per cancellare le guerre di “crociata” memoria?