Accidenti che botti! Sembrava la fine del mondo …ma si festeggiava

I molteplici sequestri di botti non hanno mitigato l’atteso impatto che la gente si aspettava a fine anno. A Capodanno ci si è resi conto del danno che hanno causato i corpi detonanti, scappati ai controlli, forse perché, stupidamente e pericolosamente, qualcuno li ha “protetti”, nascondendoli sotto il talamo nuziale. Molti sono stati i feriti e sempre nello stesso “girone”: quello campano e meridionale in genere, dove la “cultura” della pirotecnica la dice lunga sui tanti gravi incidenti che si verificano ogni anno.

Tra feriti gravi permanenti e qualche morto, è sempre la comunità nazionale a sobbarcarsi le relative spese…

Qualcuno si chiederà se non sia un modo di festeggiare l’anno che se ne va, con tutti i drammi vissuti e le bollette pagate? Oppure che si festeggia l’anno entrante e le incognite che esso si porta con sé?

Sarà un modo per liberarsi dagli stress accumulatesi durante un anno di “lavoro”, oppure è un dannoso sistema per liberarsi degli ultimi spiccioli, restanti, dopo aver pagata la grande abbuffata?

Si festeggia e basta! Si festeggia a costo di farsi la festa…di restare invalidi per tutta la vita, di morire. Malauguratamente sono spesso i più piccoli, gli innocenti, quelli che non hanno dimestichezza coi petardi, i botti che, a prima vista, sembrano innocui poiché inesplosi, a farne le spese. Sono queste le situazioni più pericolose per chi, incautamente, li raccoglie per farne ancora uso.

I rumori causati poi…

Sono carichi di decibel: assordanti e non certo pancotto per i timpani. Non parliamo degli animali che hanno uditi più sensibili e sviluppati dei nostri: questi ne soffrono malamente e si impauriscono tanto che nei giorni che seguono l’assordante gragnola, sono ancora lì e non proprio riavuti dallo spavento. Ma qui si festeggia e non bisogna farne una tragedia. E poi, se qualcuno ci lascia le penne, anzi il cuoio non è che sia la fine del mondo…ma solo la fine di un anno. E poi bisogna tener conto della nostra traballante economia…

L’italiano è un tipo festaiolo: ama le feste, più che il lavoro. I botti e lo spumante sono l’elemento brioso, incandescente, per allietare le ricorrenze: gli danno quella verve necessaria, quell’esaltante vivacità, da fugare qualche zavorra di tristezza. I botti danno lavoro a centinaia di operatori del settore i quali resterebbero disoccupati e senza lavoro se, di punto in bianco, qualcuno azzardasse a mettere fine ai giochi pirotecnici. Dio ci salvi! Ci sarebbe pure il rischio che, dalla Svezia, per ritorsione, sospendessero i premi Nobel e citassero in tribunale i non belligeranti, i pacifisti e tutti quelli che amano il quieto vivere. Se ciò si verificasse, per la scienza e la competizione nella ricerca, sarebbe un vero disastro… Per gli studiosi, i letterati, per l’intero mondo scientifico, verrebbe a mancare un supporto, un incentivo economico, per il mancato e sostanzioso “encomio” e farebbe crollare ogni buon proposito a proseguire pure nel settore della pace…

La situazione diventerebbe, a dir poco, lacrimevole: un cane che si morde una coda inesistente poiché già mozzata. Dal modo come siamo messi e al punto dove siamo arrivati, pure i giusti ravvedimenti diventerebbero oggetto di analisi approfondite e da non prendere alla leggera. In tal caso sarebbe come levare le medaglie agli sportivi che le hanno faticosamente meritate; negare i primati a Reinhold Messner e affermare che l’Everest, da lui scalato, con gli ottomila e ottocento e passa metri è stata un’impresa da dilettanti e così dicendo. Siamo messi male! Una cronicità virulenta, contagiante e spesso curata con palliativi: annacquati e costosi “placebo”, al solo scopo di acquietare l’inquietudine in cui, spesso, si cade.  Ma lo vogliamo festeggiare l’Anno Nuovo o siamo qui a piangerci addosso? Viva i botti, allora, e non badiamo a spese!


Fontehttps://it.wikipedia.org/wiki/Fuochi_d%27artificio
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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.