“Presumo che ora io debba stringerti la mano, ma ho una sola cosa da dirti: devi andartene dall’Ucraina”: parole del primo ministro canadese Stephen Harper nel suo incontro con Vladimir Putin durante il G20 dello scorso 15 novembre a Brisbane, in Australia.
Probabilmente il momento di tensione più alto (almeno verbalmente) nella crisi Russia-Ucraina che infiamma la politica internazionale degli ultimi mesi e che ha portato la federazione russa ad un isolamento che sa molto di guerra fredda.
“Impossibile andar via, nessun russo si trova in Ucraina”, sarebbe stata la risposta del presidente russo, secondo quanto afferma il portavoce di Harper che ha assistito all’incontro-scontro tra il premier canadese e Putin.
Si è vociferato anche che il presidente russo volesse abbandonare il summit in anticipo, ma alla fine è rimasto per tutto il G20. La solitudine della Russia però è apparsa evidente e a niente è servito il tentativo di rasserenare gli animi da parte del premier italiano Matteo Renzi e della cancelliera Merkel.
Tutto questo a un anno di distanza dall’inizio del confitto russo ucraino che ad oggi ha avuto conseguenze soprattutto per la Russia, visto che a causa delle pesanti sanzioni economiche l’economia russa è sull’orlo del default.
È il novemre 2013 quando l’allora presidente ucraino Yanukovich è costretto a fuggire all’estero dopo le proteste di piazza. Per cosa protestano gli ucraini? Vogliono entrare in Europa e questo non è gradito alla Russia di Vladimir Putin che supporta il presidente Yanukovich. La protesta dei filoeuropei è sedata con la forza, ma la piazza vince e il Governo è rovesciato.
La tensione però era destinata a salire. A partire dalla Crimea, penisola dell’Ucraina a cui la Russia ambisce da secoli considerandola parte del suo territorio. La Crimea fa parte dell’Ucraina dal 1954 pur se i suoi abitanti sono a maggioranza russa.
Dalla cacciata di Yanukovich, uomini armati hanno occupato gli edifici governativi della regione. Il 16 marzo, un referendum illegale non riconosciuto dalla comunità internazionale ha sancito l’annessione della Crimea alla federazione russa.
Da allora sempre più gruppi di ribelli separatisti filo-russi hanno occupato ampie zone a est dell’Ucraina e tra esse anche soldati russi. Il Governo ucraino inoltre denuncia carri armati russi al confine est dell’Ucraina. Un’invasione vera e propria secondo la Nato, l’Europa e gli acerrimi nemici Usa.
Il conflitto si è intensificato in agosto, quando il Governo russo ha armato i ribelli filorussi con missili terra aria.
Tutti poi ricordiamo l’aereo della Malaysia Airleins abbattuto nei cieli di Ucraina che ha causato oltre 290 vittime.
Nei giorni successivi, sul finire dell’estate, Kiev ha intensificato i suoi attacchi nei confronti dei ribelli filorussi e Mosca a quel punto ha ufficialmente invaso il Paese, a detta di Kiev.
La Russia ha infatti smentito l’invasione, ma le prove del contrario sono schiaccianti. Immagini satellitari hanno fotografato l’esercito russo sul territorio ucraino in quella che la Nato ha definito una “illeggittima aggresione” da parte della Russia.
Ma perchè Vladimir Putin si è cacciato in questo guaio che lo ha portato al totale isolamento internazionale nonchè alla recessione a causa delle sanzioni?
Cosa c’è al di là della mai sopita ostilità nei confronti dell’Occidente e degli Usa?
Per prima cosa si pensa che miri a difendere le popolazioni russe nel est dell’Ucraina per tentare in seguito altre annessioni. Il supporto ai ribelli filorussi, salvando in questo modo i russi che vivono in Ucraina, è diventato una questione nazionalista, specie nell’Est dell’Ucraina, ex paese satellite della Russia. L’Ucraina, da quando ha ottenuto l’indipendenza dalla Russia, nel 1991 continua a essere divisa al suo interno tra l’est del paese, di influenza russa, e il nord, vicino all’Europa e desideroso di staccarsi dall influenza russa. Manca totalmente una vera e propria identità nazionale, è per questo che i ribelli filorussi sono riusciti a spingersi cosi avanti, spesso sostenuti dalle stesse popolazioni che parlano russo, si considerano russi e acclamano i ribelli come salvatori.
L’Europa e gli Stati Uniti come hanno risposto a tutto questo?
Inanzitutto, si è detto con delle pesanti sanzioni ai danni della Federazione Russa che hanno condotto a una crisi del rublo e porteranno la Russia in recessione il prossimo anno.
Non solo. La Nato (di cui peraltro l’Ucraina non è membro) ha schierato 4 mila uomini sul confine russo-ucraino e potenziato le basi militari limitrofe alle zone del conflitto.
Infine, il 4 dicembre il Congresso degli USA ha approvato una risoluzione che recita testualmente: “Esaminare la prontezza e la responsabilità delle forze armate degli Stati Uniti, ma anche degli alleati della Nato, per sapere se siano sufficienti al fine di soddisfare gli obblighi della difesa collettiva ai sensi dell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico”. In altri termini, quasi una dichiarazione di guerra contro la Russia.
E la risposta della Russia non si è fatta attendere, il ministro degli esteri russo, Lavrov ha definito la risoluzione del Congresso Usa un “atto ostile” nei confronti della federazione. La tensione tra le due ex superpotenze rivali è ormai ad un punto di non ritorno.
È di 5 giorni fa, inoltre, una nuova dichiarazione da parte della Casa Bianca sulle sanzioni economiche a Mosca. Gli Usa inaspriranno ulteriormente le sanzioni e questo porterà ulteriormente l’economia russa sull’orlo del precipizio. Sempre dal presidente americano arriva un altro stop: divieto assoluto di commercializzare con la Crimea, ribadendo che Washington non intende accettare l’occupazione da parte russa né l’annessione della regione.
Le sanzioni, pesantissime, sono arrivate anche dal Canada. Sì, proprio dal Canada il cui premier Harper aveva detto “vattene dall’Ucraina”.
Non si tratta, però, solo di un conflitto di sanzioni e condanne fatte sulla carta. In Ucraina si muore. Sono centinaia i soldati di ambe le parti morti.
Il 4 dicembre scorso, il presidente Vladimir Putin ha tenuto il consueto discorso di fine anno davanti al Parlamento. “Siamo forti e sicuri di noi stessi”, ha detto il capo del Cremlino. Il presidente russo è deciso e non sembra essere pentito delle azioni in Ucraina: “In Ucraina c’è stato un golpe”, ha affermato, l’annessione della Crimea o “il ritorno” com’è da lui definito , “è un evento storico con un significato sacrale, e la Russia difenderà la verità e la giustizia in un mondo a lei ostile”.
Il presidente russo è sicuro inoltre del consenso tra i russi. Le prossime elezioni presidenziali sono fissate per il 2018, ma ad oggi nessun esponente politico sembra in grado di spaventare lo Zar Vladimir.
La crisi Russia-Ucraina, che rischia di coinvolgere tutto il pianeta resta pericolosissima. Dove ci porterà?
Da più parti si inizia a vociferare di una terza guerra mondiale, quella vera, non quella gia combattuta tra Usa e Russia che risponde al nome di Guerra Fredda.
Dall’Ucraina poi parlano di un muro che sarà costruito tra 4 anni per difendere il confine ucraino con la Russia.
Un muro, di nuovo. Non l’avevano gia costruito altrove? Non era stato abbattutto? La Russia non aveva smesso di rappresentare un pericolo? E non bastano muri della vergogna ancora presenti nel resto del mondo?
Di un muro ha parlato anche Vladimir Putin in una conferenza stampa di pochi giorni fa: “Il muro di Berlino è caduto, ma sono loro a costruire nuovi muri virtuali, i nostri partner si considerano un impero e volevano schiacciarci fino in fondo, noi vogliamo solo difendere i nostri interessi». Nessun passo indietro, anzi, lo Zar Vladimir ha continuato nelle sue accuse, paragonando la Russia a un orso che l’Occidente vorrebbe “mettere sulla catena, strappargli i denti e poi impagliarlo per toglierli un pezzo di foresta”.
Insomma il presidente russo non arretra, a spaventarlo non serve nemmeno la crisi economica che sta investendo la Russia. “Ce la faremo”, ha detto.
Lui, lo zar dagli occhi di ghiaccio, resta convinto di essere dalla parte della ragione in Ucraina, continuando ad alimentare la tensione e il gelo con quello che da sempre è il nemico russo, manco a dirlo: l’Occidente.