I LIBRI VIVENTI DEL CPIA BAT – QUARTO EPISODIO

Insegnare in un CPIA vale a dire respirare le trasformazioni, il divenire, la coraggiosa impresa di modificare un’esistenza precedentemente intrisa di dinieghi e rinunce, di brutte incursioni di improvvisi e neanche immaginati imprevisti, di ingiustizie, storture sociali, indifferenza. Cambiamento è il nostro leitmotiv, energia, tenacia, fiducia, speranza, costanza, coraggio, passione accomunano i nostri studenti. Guerre, isolamento, violenza, soprusi, malattie diventano solo un ricordo, pur restando a far parte dello spessore della persona che li ha subiti.

Ognuno di noi compie un viaggio, una migrazione nella propria esistenza, in senso fisico o figurato, e ciascuno ha pieno diritto a desiderare ed a metter in atto azioni volte al miglioramento delle proprie condizioni di vita. In particolare chi decide di muoversi da un luogo all’altro del nostro meraviglioso ma al contempo terrificante mondo compie un atto che è connaturato con la storia stessa degli esseri umani: la storia dell’umanità è per sua natura storia di migrazioni.

Nelle migrazioni esistono fattori di spinta e di attrazione, distinti tra socio-politici, demografico-economici ed ambientali. Tra i motivi socio-politici che spingono le persone a scappare dal proprio Paese ci sono le persecuzioni etniche, religiose, razziali, politiche e culturali; anche la guerra o la minaccia di un conflitto e la persecuzione da parte dello Stato sono fattori determinanti per lo spostamento. I cambiamenti demografici determinano come le persone migrano: fattori come l’invecchiamento o la crescita della popolazione possono influire sia sulle opportunità lavorative nei Paesi d’origine sia sulle politiche d’immigrazione nei paesi di destinazione. Inoltre l’ambiente è da sempre una delle cause della migrazione: le persone scappano da disastri naturali come inondazioni, uragani e terremoti; con i cambiamenti climatici si prevede un peggioramento degli eventi climatici estremi e quindi un aumento del numero di persone in movimento.

Tra i fattori che possono orientare o facilitare gli spostamenti si possono annoverare le relazioni parentali o di amicizia, che favoriscono l’instaurarsi della catena migratoria. Le scelte individuali vengono fatte sulla base della conoscenza che il soggetto ha delle possibilità di vita all’estero raffrontate con quelle del Paese di origine.

In ogni caso la decisione di migrare viene assunta solo da una ristretta minoranza della popolazione da essi interessata: a tale decisione concorre anche la pressione a emigrare da parte dell’ambiente familiare e comunitario o, di contro, il desiderio di recidere i legami con quello stesso ambiente.

Il migrante di solito viene identificato come prevalentemente di sesso maschile, in età piuttosto giovanile e di stato civile celibe. In realtà, a seconda delle diverse provenienze geografiche, si registrano scostamenti più o meno significativi da questa tipologia: notevole è il flusso di donne asiatiche e africane impegnate in lavori domestici, spesso coniugate e con figli; i provenienti dal mondo islamico sono in maniera preponderante maschi, giovani e non sposati;  i Paesi dell’Est europeo vedono rappresentati i due sessi.

La storia delle migrazioni mostra come i lavoratori stranieri abbiano spesso occupato i ruoli professionali rifiutati dai lavoratori del Paese d’immigrazione a causa della modesta retribuzione e dello scarso prestigio sociale che vi è associato. D’altra parte molto elevata è la propensione degli immigrati al lavoro autonomo e all’iniziativa imprenditoriale, spesso vissute come strategie di mobilità sociale e professionale a fronte degli ostacoli che essi incontrano nell’ambito del lavoro dipendente, anche quando sono dotati di elevati titoli di studio: la discriminazione e la dequalificazione sono infatti fenomeni che colpiscono gli immigrati di prima generazione, in modo particolare.

Occorre ricordare, comunque, che la decisione di lasciare il proprio villaggio, città o paese di origine è il frutto di una scelta consapevole, di un processo razionale e non casuale; persone con un tasso di scolarizzazione più alto sono maggiormente disposte a migrare perché più consapevoli delle opportunità che troverebbero altrove. La realtà del processo migratorio è connotata in modo molto diverso da come vuole la percezione comune: chi sceglie di emigrare non conosce sempre quali siano le concrete opportunità lavorative nel Paese di destinazione, infatti molti migranti si trovano a viaggiare in condizioni di estremo rischio e incertezza e scelgono il luogo di arrivo in base ad una serie di ragioni, tra cui la legislazione, la situazione politica, le affinità culturali, i vincoli strutturali. In alcuni casi le famiglie obbligano letteralmente uno dei loro membri a migrare altrove per poter incassare le rimesse in denaro che questi invierà loro: in molte comunità i migranti internazionali sono visti come una sorta di eroi.

Ad ogni modo le migrazioni sono il frutto di una scelta volontaria: gli individui prendono attivamente la decisione di partire e non c’è muro, barriera o mare che possa bloccare questa scelta.

Questa è la storia di Hammad, il racconto del suo viaggio.

 

IL MIO VIAGGIO (14/05/2020)

Il mio nome è Hammad Ali, ho vent’anni e vengo dal Pakistan, precisamente da Lahore, una grande città sul fiume Ravi.

In famiglia siamo cinque persone: io, mamma, papà, un fratello più grande ed una sorellina di nome Fatima che non ho mai conosciuto perché è nata quando io sono andato via. Da bambino ero molto legato a mia nonna e con lei trascorrevo tanto tempo in campagna; purtroppo è morta due anni fa quando io ero già in Italia. In Pakistan andavo al college e facevo la vita di ogni ragazzino della mia età: avevo molti amici e tanti interessi, giocavo nella squadra di cricket e mi dicevano tutti che ero molto bravo.  Oggi mi mancano la mia terra, i suoi sapori, i miei genitori, la mia famiglia…

Crescendo, decisi di andar via da Lahore, con grande amarezza nel cuore ma anche con la speranza di vivere un futuro migliore, di continuare gli studi e lavorare; così sono partito e sono arrivato in Turchia dove ho vissuto per sei mesi; lì ho lavorato in una fabbrica di lavorazione della frutta, per riuscire a mettere qualche soldino da parte e  pagarmi il viaggio per l’ Italia, ma i miei datori di lavoro alla fine non mi pagarono del tutto e  dovetti aspettare per partire.  Vivevo con altra gente e non è stato facile per me; ho subito anche un’aggressione in cui mi hanno rubato i regali di mio padre ed ho perso quasi tutto.

Dopo questi mesi sono finalmente partito per l’Italia, sono salito su una barca e ho viaggiato per sette giorni in mare… Prima di imbarcarmi, ignoravo cosa mi aspettasse lì in mare; il tempo non era nemmeno bello perché era marzo… La notte non si vedeva nulla e sentivo fortemente la nostalgia di mia madre… Eravamo tutti su una piccola barca, soli…

Dopo sette giorni sono arrivato ad Otranto e da lì mi hanno trasferito a Manduria, dove sono stato inserito in un progetto per minori; ho conosciuto tanta gente e nuovi amici, ragazzi sia italiani sia stranieri  che  mi hanno aiutato ad integrarmi. Qui ho iniziato ad imparare la lingua e mi è piaciuta molto; successivamente sono stato trasferito in un’altra comunità in provincia di Foggia dove ho conosciuto altre persone e fatto tante esperienze.

Adesso vivo a Trani, una città che mi piace tanto; all’inizio ho avuto un po’ di problemi con i documenti, nonostante avessi un permesso di soggiorno per richiedenti asilo.