I Francesi sono scesi in piazza…
Doveva essere una giornata di festa, quella del 23 Marzo. La conclusione di un lungo ed accurato lavoro di ricerca presso una delle Università più prestigiose al mondo, la Sorbonne di Parigi.
Ed invece è stata la giornata del “grève générale”.
I Francesi sono scesi in piazza per ribadire il loro dissenso verso quella che ritengono l’azione oltraggiosa con cui il “loro” Presidente ha spinto verso l’approvazione la riforma pensionistica . Niente discussione di tesi, quindi.
E allora, per dare un senso a quella giornata e renderla comunque memorabile, sono scesa in piazza anche io.
Mi sono unita ad un folto gruppo di universitari, intendo professori, ricercatori, dottorandi – l’età del professore più anziano? 38! – e abbiamo raggiunto il corteo a place de la Bastille.
Lo so che qui sono arrivate le foto dei tafferugli, degli incendi ma io ho visto altro. C’era, ovviamente, altro.
Ho visto migliaia di persone riversarsi verso la piazza, senza accalcarsi, parlottando tranquillamente; complice la tregua che il vento gelido e la pioggia hanno concesso ai parigini, sembrava più il raduno per la partenza di un’uscita fuori porta. Erano tanti e confluivano da ogni dove.
Si procedeva con calma; nelle strade più strette del Marais, la gente diventava una marea che fluiva, morbida, lenta, nemmeno poi tanto chiassosa…
Mentre aspettavamo, ho visto famiglie che si univano al corteo, il bimbo in carozzina dormiva, la bandiera arrotolata al suo fianco, pronta per essere sventolata all’occorrenza.
Ogni tanto un coro partiva; l’istinto rivoluzionario del popolo francese si liberava nel più quotato “Luis- seizièm l’avons décapité, Macron Macron on va à recommencer” seguito, con mia enorme sorpresa, dal ritmo serrato del “Sia-mo tu-tti anti-fascisti” scandito in perfetto italiano.
Un po’ mi ha inorgoglito, come se stessero richiamando e riconoscendo il valore, l’energia con cui gli Italiani si sono liberati dai soprusi del fascismo.
Intorno a me, c’era gente di ogni tipo, di ogni età, e non ho assistito a scatti d’ira, né i toni erano duri. Era una protesta. Era un dissentire e rimarcare, con la propria presenza, l’atto dell’affermare il proprio diritto, ad esprimerlo, quel dissenso.
Ho cercato di capire le loro ragioni; non è per i due anni in più che protestano … non solo per quello.
Non sentono Macron, come il loro presidente. Non si sentono “visti”.
– Sai a che ora parlerà in Tv? – mi hanno spiegato – alle 13. Ma i giovani non sono davanti alla Tv a quell’ora. Lavorano.
– Sapeva che non ce l’avrebbe fatta a passare lo scoglio del Parlamento. Ha dribblato l’ostacolo, sfruttando il comma 3 dell’articolo 49 della Costituzione che consente al Governo di far approvare un disegno di legge anche senza una formale votazione in Assemblea.
– Certo, poteva farlo. Ma non avrebbe dovuto. E ha perso la mozione di sfiducia per qualche voto. Il suo governo è finito – così hanno concluso.
Il popolo che ha sfilato non lo ama. Lo hanno dovuto subire; non avevano una valida scelta.
Lui li ha definiti una folla che non ha “nessuna legittimità di fronte al popolo che si esprime sovrano attraverso i suoi eletti”.
La folla non ha volti, presidente Macron, e io quei volti li ho visti. Il popolo francese, come qualsiasi popolo è uno soltanto. Fatto di voci, di volti, di culture. Diverse, a volte in contrasto, ma tutte degne di rispetto. Le ragioni di un cambiamento vanno sempre spiegate, motivate e lei non l’ha fatto…questo è un dato di fatto.
A dirla tutta, l’aria che si respirava, era quella di una protesta più globale contro un sistema politico che ha innalzato le tasse scolastiche, rendendo l’accesso alle università più elitario e che ipotizza che la vera ragione di questa riforma sia sì un risparmio sulla spesa pubblica ma solo con l’obiettivo di poter ridurre le tasse per le imprese.
Nel frattempo la protesta continua. E, imponente, si alza la voce del popolo che canta “L’ Internationale” che riempie i grandi Boulevards.
È un attimo. Il pensiero scorre rapido dai cortei studenteschi del passato al presente con la proposta di regionalizzazione della scuola, lanciata poco tempo fa nel nostro Paese. Sentito niente?