«Io mi tacea, ma ‘l mio disir dipinto 
m’era nel viso, e ‘l dimandar con ello, 
più caldo assai che per parlar distinto»

(Paradiso IV, vv.10-12)

Quarto del Paradiso. Dante è assillato dai dubbi, al punto che non riesce a proferir parola. Ma non ve n’è bisogno, ché Beatrice gli legge il volto e scopre la causa del suo esitare. Sono ben tre i dubbi di Dante, anzi quattro: Beatrice inizierà a rispondere al secondo, poi al primo e quindi al terzo. Per il dubbio rimanente occorrerà attendere la fine del prossimo canto.

In ordine, i dubbi di Dante. Primo, perché chi è venuto meno ad un voto non per suo volere, anzi subendo violenza, è “punito” con una relegazione nel primo cielo della Luna, cioè nel luogo più remoto da Dio? Secondo, qual è, dunque, la vera sede dei beati? Terzo, ma come può Piccarda essere venuta meno al suo voto, se i beati non mentono e se, in Purgatorio III, v.117, già ha dichiarato di non esser stata mai «dal vel del cor già mai disciolta»? Quarto, è possibile compensare in qualche modo il voto incompiuto con altra opera di bene?

Beatrice, materna, amante e paziente, scioglie ad uno gli interrogativi e risponde che le anime, a differenza di quanto si legge nel Timeo di Platone, hanno tutte sede nel cielo prossimo a Dio, cioè nell’Empireo; ancora, che se un’anima si opponesse alla violenza subita con indefettibile volontà – la stessa di Muzio Scevola o di san Lorenzo sulla graticola – potrebbe restare comunque fedele al proprio voto – e così Piccarda e Costanza sarebbero potute tornare in convento.

Più delicata la risposta al terzo dubbio. Beatrice deve distinguere volontà “assoluta” da volontà “relativa” e precisare:

«Voglia assoluta non consente al danno;
ma consentevi in tanto in quanto teme,
se si ritrae, cadere in più affanno»

(Paradiso IV, 109-111).

In altri termini: la volontà assoluta non presta il suo consenso al danno in quanto tale; nondimeno, vi cede nella misura in cui teme, resistendo, di incorrere in un male più grande.

Quanta vita in queste parole, quale mistero, quale spiraglio sulle umane contraddizioni, sulle lacerazioni interiori e su quelle che negli altri provochiamo.

Sono grato a Dante e ai suoi dubbi. Sono grato a Beatrice: non tanto per le sue risposte, segnate dal tempo e da una cultura. Le sono grato per la sua capacità di leggere il non detto, di intuire l’inespresso. E di indicarci una direzione che a me pare essere la seguente: non siamo assoluti, siamo relativi, siamo impacciati, sbagliamo, abbiamo dubbi e non li pronunciamo, riceviamo risposte che generano altri dubbi e, quando scegliamo, non scegliamo mai del tutto, perché tutto non siamo. Eppure è tanto quel che ci è dato di essere, è bello, giusto e buono.

E possiamo dire grazie, quasi sino a svenire:

«…con li occhi pieni
di faville d’amor così divini,
che, vinta, mia virtute diè le reni

e quasi mi perdei con li occhi chini»

(Paradiso IV, vv.139-142).

Fred De Witt Van Amburgh: «Nessuno è più povero di colui che non ha gratitudine».

Jean-Baptiste Massieu: «La gratitudine è la memoria del cuore».

Louise L. Hay: «L’universo ama le persone grate, più siete grati, più l’Universo vi darà cose per cui ringraziare».


FonteFoto di copertina: designed by Eich
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...

2 COMMENTI

  1. I nostri perché non hanno mai risposte appaganti, semmai la consapevolezza che siamo alla ricerca e che ogni risposta genera poi un’altra domanda. E questa necessità di comprendere a fondo è legata a qualcuno che ci risponde, e quel qualcuno non siamo noi: con l’altro e nell’altro saziamo, pur momentaneamente, la nostra sete di capire e sapere. La dimensione umana si appaga nella relazione fra creature che insieme cercano il Divino.

    • Cara Emanuela, mi sovvengono le parole di don Gigi Verdi: “Il perdono riapre il tempo…”. Grazie.

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