Troppo facile ironizzare sul nome di una Nazione dalla vista poco lungimirante, come troppo facile è intuire la tendenza xenofoba del suo partito, Alleanza dei cittadini scontenti.
Andrej Babis è il nuovo premier della Repubblica Ceca. Troppo facile ironizzare sul nome di una Nazione dalla vista poco lungimirante, come troppo facile è intuire la tendenza xenofoba del suo partito, Alleanza dei cittadini scontenti.
Tutt’altro che scontenta, a quanto pare, è stata invece la consultazione che, nella notte tra il 20 e il 21 ottobre, ha assegnato al movimento populista del ribattezzato “Trump di Praga” il 29,7%, undici punti in più rispetto alle elezioni del 2013, ottenuti grazie ad un programma trasversale che ha raccolto consensi sia dal centrodestra che dal centrosinistra dell’ex Primo Ministro, Bohuslav Sobotka, endorsement favorito anche dalla posizione centrista dei cristiano-democratici del Kdu.
Responsabile della Finanza ceca fino allo scorso maggio, Babis ha trascinato al pernicioso successo elettorale anche l’Spd (Libertà e Democrazia diretta) schieramento fondato da un imprenditore di padre giapponese e madre indigena, presentatosi alle urne con lo slogan “stop Islam e stop terrorismo” e, soprattutto, con la proposta di un referendum per l’uscita della Repubblica Ceca dall’UE, proprio quella comunità europea che, nelle figure del presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, del presidente della commissione europea, Jean Claude Juncker, e del presidente del consiglio europeo, Donald Tusk, aveva sanzionato Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Slovenia circa il loro rifiuto di accogliere rifugiati.
Per governare, però, Babis avrà bisogno di un numero superiore agli attuali 78 deputati. Raggiungere la maggioranza di 101 uomini, comporterebbe una coalizione tripartita che né i conservatori di Ods, né il cosiddetto “Partito Pirata”, al momento, vogliono stipulare.
La direzione anti-sistema promessa da Babis implica la rinuncia all’euro e a quei fondi monetari per cui lo stesso Andrej è stato indagato con l’accusa di utilizzo fraudolento, reato che il presidente ceco, Milos Zeman, ha cercato di minimizzare, auspicando, anzi, un pronto intervento sulla sospensione delle sanzioni alla Russia in merito all’annessione della Crimea.
Secondo gli analisti, il rischio è che lo strapotere economico di Babis sfoci nel controllo monopolistico dei suoi due quotidiani nazionali, delle tre tv e delle altre due radio di sua proprietà. Un totalitarismo che potrebbe minare persino la legittimità del Senato, un tempo strumento del popolo, oggi arma dei populisti.