Ad ogni terremoto ce n’è quasi sempre uno.
Questa volta è toccato a quello sulla torre centrale di Amatrice. Alle 03:36, il momento della scossa più forte, le sue lancette si sono fermate e l’orologio non ha funzionato più.
Secondo me gli orologi del paese si mettono d’accordo prima, parlandosi tramite i loro tichettii usati a mó di codice morse, chi si deve fermare in caso di terremoto. Di solito convengono nel dare la precedenza all’orologio della piazza più importante, per questioni di prestigio e visibilitá. La scelta è azzeccata perché poi tutti i fotografi li immortalano, le tv li riprendono e diventano essi stessi il simbolo di quel che è successo.
Gli orologi che si fermano al momento dei terremoti sono quelli che per decenni, a volte per secoli, hanno scandito la vita quotidiana di una comunità. La gente si abitua a buttar loro uno sguardo di sfuggita, mentre si prodiga nelle faccende di routine, poi succede il terremoto e si fermano. Giustamente. Le lancette restano lì pietrificate e dicono a tutti che il tempo della normalità è finito, la routine è sospesa, non è più momento per le beghe quotidiane, nulla sarà come prima.
Gli orologi che si fermano al momento dei terremoti sembrano dirci “non hai mai tempo, certe questioni le rimandi da una vita. Adesso è successo il terremoto, il tempo te lo fermo io, però tu due domande fattele”. E di solito le domande che sorgono sono quelle giganti, che una risposta in realtà non ce l’hanno. Sì perché ciò che sconvolge dei terremoti, lascia le teste vuote e le bocche senza parole, è il loro valore metafisico.
Gli orologi che si fermano al momento dei terremoti ci ricordano che quanto successo a quell’ora, è qualcosa di molto vicino al male assoluto. Per intenderci le persone, i bambini, muoiono nei loro letti, senza avere l’ombra di una colpa. I terremoti, anche a quelli che hanno appena finito di pagare il mutuo, che avevano rispettato le norme antincendio, il piano regolatore, che avevano fatto i fori nel muro in caso di perdite della caldaia, che erano stati sempre attenti a non scheggiare i mobili, anche a questi, i terremoti, arrivano e gli distruggono tutto.
Nei casi peggiori distruggono anche le loro famiglie e li lasciano soli a vedersela con dolori troppo grandi, situazioni troppo difficili, che pensavano di non dover mai affrontare. Così molti non ce la fanno e hanno tutto il diritto di non farcela. Restano anche loro fermi a quel momento, incatenati alle lancette, non si muovono più.
Gli orologi che si fermano al momento dei terremoti di fronte alla loro fissità ci inducono a pensare che il creato non è stato creato per noi, o almeno non solo, altrimenti di certe sorti che ci toccano saremmo stati in grado di comprendere almeno il motivo. L’uomo, di fronte ai progressi della tecnologia, si convince di poter dominare la natura. Poi arriva il terremoto e rende chiaro che si tratta di un’ingenua presunzione. Dominiamo non la natura, ma solo alcuni suoi aspetti residuali.
Un comico americano diceva che il mondo è resistito a intere ere glaciali, se l’è sempre cavata, ad essere in pericolo al massimo è la specie umana, non la natura. Dobbiamo prenderci cura di noi stessi, se ci riusciamo, non del mondo.
I terremoti si generano da forze che partono dalle viscere della terra, da placche teutoniche che si sfregano, continenti che si muovono: di cosa vuoi prenderti cura? Quello che ci tocca e donare 2 euro da rete fissa, ringraziare i soccorritori, stare vicini ai sopravvissuti, ai parenti delle vittime.
Gli orologi che si fermano al momento dei terremoti ci ricordano che siamo talmente piccoli che solo questo siamo condannati a fare.
Di più non ci è permesso.