
Giuseppe Costanza saltò in aria con Falcone, quel tragico 23 maggio 1992: scampato miracolosamente, oggi continua a far camminare le idee di Falcone
Lo scorso sabato, 29 aprile, ho incontrato l’autista di Giovanni Falcone, Giuseppe Costanza. Avevo 24 anni quando lui, quarantacinquenne dipendente civile del Ministero di Grazia e Giustizia, rimase coinvolto nella strage di Capaci, nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta (Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani). Costanza si salvò insieme agli altri tre uomini della scorta che viaggiavano nella terza Croma blindata (Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo) e oggi è un tranquillo pensionato che gira l’Italia per raccontare nelle scuole la sua esperienza di uomo di fiducia del giudice e di cittadino. Standogli vicino per alcune ore ho intuito perché Falcone si fidava di lui, poche parole e un forte senso di affidabilità, le doti necessarie a ricoprire per 8 anni un posto per noi tutti quasi “sacro”: sedere quotidianamente in macchina con l’uomo che ha cambiato tutte le possibili strategie di lotta alla Mafia.
Nell’Auditorium “Michele Palumbo”, del Liceo Nuzzi, guardavo i ragazzi ed erano tutti attenti, hanno posto domande interessanti e personali ma soprattutto erano in silenzio anche quelli seduti sulle scale e per terra. Ed erano tanti, almeno 250 per ogni incontro. Costanza ha parlato direttamente a loro raccontando gli aspetti cruciali della storia del giudice Falcone, che spingeva da solo i carrelli con i faldoni delle indagini quando non c’era personale sufficiente, e quelli più intimi dell’uomo Falcone, che si faceva tagliare dallo stesso Costanza (che in precedenza –un’altra vita – aveva svolto il lavoro di parrucchiere) barba e capelli perché non riusciva ad andare a farlo per i troppi impegni di lavoro.
Tutti quei ragazzi non erano ancora nati nel 1992 ma ascoltavano Giuseppe Costanza con lo stesso rispetto che provavo io, sì io non ero diversa da loro e loro da me, io avevo solo qualche informazione storica in più e mi sono emozionata come loro quando la voce del relatore si è rotta al ricordo del “suo” giudice, che lui non ha mai abbandonato sino all’ultimo istante e che non abbandona neppure ora perché le idee di Falcone sono le idee di Costanza e sono quelle che oggi, dopo 25 anni, circolano finalmente libere nelle aule delle scuole d’Italia.
Non credo sia stato solo un momento di scuola, è stato un momento di impegno civile condiviso da oltre 500 cuori e cervelli che da oggi hanno un’arma in più, perché con le sue parole Peppino (alla fine della mattina lo chiamavamo così) ha aggiunto una scaglia d’acciaio all’armatura morale di tutti noi, studenti e professori.
Come e perché il sig. Costanza sia stato isolato ed emarginato per quasi 24 anni è una bella domanda e possiamo intravedere una risposta nelle pagine del libro scritto da Riccardo Tessarini – Stato di abbandono (Minerva Edizioni, Bologna 2017) – che ripercorre la vicenda umana e professionale di Giuseppe Costanza. Si possono leggere tante altre cose nel libro, bello e intenso, ma io devo ringraziare, per averlo conosciuto di persona, proprio Giuseppe Costanza, la cui vita eccezionale, per nostra fortuna, non si è fermata quel maledetto 23 maggio 1992, sull’autostrada Palermo Trapani, allo svincolo per la località di Capaci sul far della sera.
Belle cose. Però quando si inizierà a far parlare queste persone nel mondo degli adulti? Anche nei luoghi di lavoro o, comunque, secondo strategie possibili. Io interpreto gli incontri con i ragazzi da una prospettiva ambivalente:
1. quella della formazione civica e sensibile (quindi prospettiva positiva).
2. quella della “delega” degli argomenti civici e sensibili ai più giovani con la scusa che sono il futuro. Mentre sono proprio gli adulti che essendo “sistema costituito” meriterebbero “incursioni” formative e sensibilizzanti affinché il mondo possa cominciare a cambiare per davvero. E affinché, queste persone possano essere considerate come meriterebbero dai loro stessi pari.