
Nella seconda serata della Settimana Biblica della Diocesi di Andria, la Professoressa Rosanna Virgili, Docente di Sacra Scrittura presso l’Istituto Teologico Marchigiano, interviene sul tema: “Il discepolo che egli amava: la gioventù come compito e come promessa”.
Professoressa Virgili, nel Vangelo di Giovanni si parla di un discepolo anonimo definito soltanto con un aggettivo: “amato”. Dunque Gesù aveva un prediletto tra i suoi apostoli e discepoli?
È diverso dire amato da prediletto. Gesù chiama tutti i suoi discepoli amici e per loro lui effonde un amore assoluto. Tanto è vero che il capitolo 13 del Vangelo di Giovanni inizia proprio con questa introduzione da parte dell’autore: «Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Pertanto non possiamo assolutamente dire che Gesù non amasse gli altri discepoli! Il discepolo amato è tuttavia un personaggio particolare, non perché la misura dell’amore di Gesù fosse maggiore nei suoi confronti, ma per il tipo di rapporto che Gesù ebbe con lui. Si tratta di una relazione unica, che ha degli aspetti molto profondi e appare esclusivamente nel Vangelo di Giovanni. Quindi c’è un messaggio dentro questo personaggio, che va scavato ed esplorato con curiosità e con passione.
Cosa ha di diverso questo misterioso discepolo?
Una caratteristica che lo distingue è innanzitutto la mitezza, perché lui appare solo al capitolo 13. Il Vangelo di Giovanni è composto di ventuno capitoli: i primi dodici sono il cosiddetto “Vangelo dei segni”, dal tredicesimo in poi è raccontata l’ultima settimana della vita di Gesù e specialmente la cena con i suoi discepoli ed il lungo discorso di addio. Quindi, questo discepolo è assente per tutta la prima parte del Vangelo ed arriva quando arriva anche “l’ora” di Gesù. Lo vediamo – pensate – per la prima volta, chino sul petto di Gesù (il greco direbbe addirittura “sul seno” di Gesù), come un bambino, come un figlio, come una persona amata. Infatti viene chiamato proprio “l’amato”. Ci sono molte altre caratteristiche, ma mi piace ricordare qui la sua corsa: è lui che la mattina di Pasqua, dopo aver saputo da Maria di Magdala che la tomba è vuota, corre. Corre e arriva prima di Pietro! Poi si arresta: il suo carattere mite, docile, lo fa fermare davanti all’autorità di Pietro, pur essendo sicuramente più veloce di lui. È primo nel riconoscere anche il Signore Risorto: quando Gesù cammina sulle acque e dopo aver concluso con gli altri una pesca fallimentare, è il discepolo amato che dice: “È il Signore!”. Lo riconosce dalla voce, come Maria di Magdala.
La gioventù compito e promessa: dunque non un tempo della vita incompiuto, ma da vivere in pienezza?
Ogni persona, da ragazzo, porta in sé una promessa. Innanzitutto questa promessa è nel dono, perché la vita è un dono. Un ragazzo, lo sperimenta attraverso i genitori, il padre, la madre, la famiglia, poi gli amici, poi la scuola e tutti quelli che contribuiscono ogni giorno a farlo crescere. Questo dono serve proprio a dare un’identità ad un giovane e l’identità nel tempo dell’adolescenza deve poi essere scoperta e formata. Ogni ragazzo trova in sé una promessa, cioè un progetto di futuro. Una promessa è un tempo che noi riceviamo, perché è qualcosa che si realizzerà. Allora io auguro a tutti i ragazzi di guardare la propria vita in questo spazio di tempo in cui cose bellissime accadranno e quelli che sono sogni diventeranno una realtà vera che li vedrà attori del presente e del futuro!
Da madre di figli giovani, cosa spera per loro e per i giovani come loro?
Spero che prendano gusto a vivere e che imparino ad amare. Spero che conoscano la bontà e che imparino anche a saper perdere, che non affrontino la vita con la pretesa di essere vincenti, di conoscerla già, piuttosto imparino ad arrendersi al mistero della vita. La vita ci dà anche quando ci chiede! Spero per loro che possano incontrare l’altro, inteso come persona che non conoscono ma che porta loro la vera ricchezza, l’altro come il diverso, il lontano, che farà scoprire la loro stessa vocazione. Spero che incontrino l’Altro, che è Dio. Auguro a tutti i giovani di poter conoscere la bontà dell’amore, che si sperimenta specialmente con la fame, con la sete, con l’idea che non si può bastare a sé stessi.