Intervista a Giuseppe Savino, fondatore di Vàzapp’, primo hub rurale in Puglia

Giuseppe, parlaci di te, presentati.

Ho trentotto anni e sono figlio di agricoltori.

Vivo in campagna da quando avevo tredici anni in una piccola casa.  Durante gli anni della scuola  media mi fu fatta una proposta da un sacerdote: quella di entrare in seminario.

E così feci: in Inverno mi trasferii in seminario e in Estate lavoravo duramente nei campi.

Mi ripromettevo, in futuro però, di fare qualcosa per l’agricoltura, che a mio avviso era troppo faticosa e poco dignitosa, e gli anni a venire non mi hanno certo smentito.

Ho frequentato il Liceo classico e studiavo giurisprudenza all’Università, ma non ho mai terminato il piano di studi.

Questo mi ha portato poi a focalizzarmi sull’agricoltura, il mestiere di mio padre, col desiderio però di renderlo migliore, nel senso più profondo del termine.

Non sapevo “come”.

Il come lo dovevamo ancora costruire.

Che cosa è successo poi nella mia vita?

I punti di evoluzione della mia vita sono sempre stati incontri con persone e molto spesso con sacerdoti, tra cui un prete conosciuto a Verona che mi propose un’esperienza a Londra presso le Chiese Pentecostali: chiese che evangelizzano a partire dalle relazioni umane, tu per tu, e con la convivialità.

Per loro la chiesa è fatta di persone e hanno capito che, dove ci sono relazioni, c’è comunicazione, testimonianza ed evangelizzazione e quindi conversione.

Vivere questa esperienza mi ha fatto capire che la bellezza è proprio nell’esperienza che si ha degli altri.

Tornato a casa, ho iniziato un percorso con i Frati di Assisi, del Servizio Orientamento Giovani, dove ho conosciuto il mio padre spirituale, Padre Francesco Piloni, che mi ha accompagnato per sei anni e con cui c’è stato uno scambio reciproco d’idee e contaminazioni belle, insomma una profonda crescita, anche a partire dalla mia esperienza a Londra, che ad esempio ha permesso loro di conoscere alcune dinamiche nuove e giovanili, come interfacciarsi col mondo social.

Sono partito per creare e inventarmi qualcosa riguardo l’agricoltura, ma sono cresciuto nelle relazioni. 

Questo mi ha portato col tempo a indirizzare la volontà e il desiderio di fondare Vàzapp’ con l’aiuto fondamentale di don Michele de Paolis, sacerdote di novantatré anni.

E a proposito di Vàzapp’?

È un percorso che ci ha visti vivere in primis, grazie all’esperienza che io ho portato da Londra, di una chiesa in uscita che incontrava i giovani là dove i giovani vivevano, in un momento a loro favorevole: la sera, attraverso un format che creammo “mangia prega e ama”, guidato da don Michele de Paolis in un luogo molto frequentato da giovani, un pub, dove vivevamo una serata musicale, di riflessione e di relazione.

Che cosa facevamo?

In questo pub riuscivamo a incontrare almeno un centinaio di giovani, e tessevamo relazioni.

Fondamentalmente, perché si esce? Solo per divertirsi, distrarsi e svagarsi?

Usciamo perché vogliamo incontrare persone e fare qualcosa di bello, che ci riempie.

Se questo non avviene, la serata è mediocre e torniamo a casa più annoiati di prima.

Nel pub potevi conoscere gente, ascoltare un messaggio diverso e tornare a casa arricchito di nuove esperienze, e soprattutto con la consapevolezza che la serata fosse stata generativa.

Non eri uscito solo per stare con il cocktail in mano, ma era successo qualcosa.

Dopo questa esperienza di circa sei incontri, don Michele si chiese e ci provocò con queste parole:

“a questi giovani non possiamo parlare solo del senso della vita, voi dovete creare un qualcosa che permetta a questi giovani attraverso lo stare insieme, attraverso le relazioni di introdurre percorsi generativi di cambiamento anche a livello lavorativo, perché il Vangelo è terra e su questa terra dovete costruire il vostro futuro, perché il Vangelo è concreto e non può essere soltanto cibo spirituale.”

Ecco com’è nato il percorso di Vàzapp’.

Un percorso che mira a incontrare i giovani e poi ad ascoltare il contesto lavorativo più prossimo a noi, cioè l’agricoltura, per capire i reali bisogni e incrementarne le relazioni.

I giovani che fanno parte di questa community non sono tutti agricoltori.  Anzi, il lavoro principale è ascoltare i contesti, le persone, rielaborarli, per poi cercare di far crescere in modo generativo tutto ciò che gira intorno al mondo agricolo.

Il tutto è vis à vis, di persona, insieme e addirittura a casa dei contadini… cosi nascono le contadinner.

Che cosa è una contadinner?

È un percorso di ascolto dal basso del mondo agricolo pensato per la prima volta in assoluto per gli agricoltori.

Si cerca di andare, in qualche modo, loro incontro e sappiamo benissimo quanto ciò è difficile, poiché durante la giornata i contadini e gli agricoltori sono nei campi e non hanno tempo di fare riunioni e incontri.

Durante la serata, invece loro sono a casa e cosi nasce l’idea delle contadinner, stare insieme a casa, ma non da soli: invitando i confinanti!

Ecco che ognuno di loro porta qualcosa da mangiare, noi li aiutiamo nell’organizzazione della cena, ma soprattutto a conoscersi e scopriamo che il mondo agricolo ha una grande difficoltà, quella delle relazioni, perché nella realtà tra confinanti non ci si conosce.

Il fatto che non si conoscono che cosa ci dice?

Ci dice e ci permette, come fa Vàzapp’, di dire che a volte è inutile finanziare anche con progetti cospicui l’aggregazione, perché se non ci sono terreni fertili di relazione, quell’aggregazione o fondi monetari diventerebbero un pretesto per mettersi insieme ma solo fondandosi su un interesse privato.

Verrebbe meno la parte della relazione, che è il nostro sogno.

Faccio un esempio, se si dovessero dare dei soldi a delle persone, un accordo lo trovano, ma manca il sistema di fiducia, la base relazionale, questo significa che una volta che finiranno quei soldi il fallimento sarà alto e a livello umano e finirebbe tutto.

Invece, solo vivendo bene insieme si è capaci di generare, qualsiasi cosa, anche i sogni.

Ecco che il finanziamento, la rete d’imprese, progetti vari hanno un senso solo se vi è un sistema di fiducia reciproca alla base.

E questa è una riflessione non solo di alto livello intellettuale, ma che è necessario portare anche ai livelli più alti, istituzionali.

C’è bisogno di qualcosa di nuovo, che non è ancora totalmente chiaro e visibile, ma che noi stiamo scoprendo e ascoltando dal basso.

Vàzapp’ così è diventata, ed è l’unica realtà in Europa in grado di fare un percorso nuovo in agricoltura, dal basso, che parte dalle case degli agricoltori, ascoltando i loro reali bisogni e crea relazioni.

Dopo le contadinner poi monitoriamo i percorsi, “studiamo le relazioni” e scopriamo che si trasformano e ci trasformano con scambi, cultura, racconti personali, ma non solo!

Con i docenti universitari a distanza di mesi, abbiamo scoperto che queste relazioni sono diventate anche progetti commerciali e lavorativi.

Possiamo dire che una cena fatta secondo i criteri delle contadinner, di porre al centro l’uomo e la sua storia, può portare al cambiamento delle relazioni e azzardiamo a dire, dell’economia locale!

Perché se due aziende che non si conoscevano fanno semplicemente uno scambio, ad esempio di mezzi agricoli, ne deriva una facilitazione a livello economico sulle loro famiglie e sugli agricoltori che, continuando l’esempio, non devono più indebitarsi per acquistare un trattore, ma è tutto in condivisione reciproca.

Potremmo parlare di strategie sociologiche che stiamo facendo con Vàzapp’ e ciò è interessante e unico.

Avete portato Vàzapp’ in Francia a Parigi. È diventato avanguardia anche a livello internazionale?

La Francia rappresenta l’evoluzione del nostro percorso.

Ci hanno chiesto di esportare lo strumento che abbiamo creato: le contadinner, e con le sue dinamiche abbiamo incontrato centinaia e centinaia di giovani da tutta Europa e non solo.

Erano presenti anche canadesi e australiani a scoprire questa esperienza di relazioni dal basso e tra vicini, perché se le relazioni sono buone per gli agricoltori e i contadini con il vicinato, possono essere anche buone e utili per persone di altri paesi, più lontano, che fanno qualcosa di simile e che abbiamo bisogno di incontrare a loro volta.

Grazie  alla principale fiera di Francia, il SIMA di Parigi e con il supporto della realtà internazionale di Michelin, riusciamo a incontrare tantissimi di questi giovani.

Li ascoltiamo e abbiamo avuto tra loro anche figure importanti che prendono delle decisioni a livello europeo e internazionale.

Cerchiamo di far passare questo messaggio: guardate che i bisogni dei giovani non sono tutti quelli che voi avete elencato. In tutto ciò che ruota attorno al mondo agricolo, manca l’ascolto e la relazione. E qui subentriamo noi.

È stata una bellissima esperienza, testare che il format da noi creato con Vàzapp’ funziona con tutti e ovunque e siamo pronti a esportarlo totalmente.

Abbiamo già tante richieste, e ogni volta torniamo a casa con una consapevolezza: possiamo partire da una piccola casa di campagna per andare ovunque, l’importante è avere salde le radici.

 A proposito della risonanza a livello internazionale. Raccontaci qualcosa dell’incontro avvenuto con l’ex Ministro dell’Agricoltura Martina e della contadinner a Roma.

Con l’ex Ministro Martina vi è stato un incontro capace di generare…

Un’idea può generare un incontro con la massima istituzione?

Sì, l’importante è avere un’idea.

Il messaggio che voglio dare ai giovani che stanno leggendo è: nulla è impossibile se hai un’idea e soprattutto se l’idea è buona! Ossia che fa bene a chi hai di fronte, all’universo circostante ed è generativa, al bando gli individualismi!

L’idea che ci ha permesso di incontrare il ministro Martina è stata quella della petizione sul pomodoro da industria che era deprezzato, e abbiamo chiesto agli italiani di supportarci firmando la petizione.

Firme raccolte: 40.000.

Tutto parte dalla terra, e ad essa si ritorna, da una piccola casa, dove i giovani mettono insieme un talento per farlo uscire dai confini e non piangendosi addosso sul non poter fare ciò che si sogna o che questo è impossibile.

Si può fare nel momento in cui decidi che si deve fare.

L’incontro con il Ministro che incontra noi, i giovani al Ministero, riservandoci davvero l’accoglienza che di solito si riserva agli altri ministri e ai massimi vertici dello Stato e del settore agricoltura italiana, il fatto che per due ore hanno ascoltato quello che la realtà di Vàzapp’ aveva da dire, è stato entusiasmante e arricchente.

Da qui è nato poi un percorso che ci ha visto collaborare a livello istituzionale.

Infatti, Vàzapp’ è entrata con i suoi format nei G7 del Ministero, G7 ambiente e agricoltura, quindi davvero a supporto del Ministero: abbiamo fatto una contadinner anche alla “LUISS Guido Carli” di Roma, una contadinner al G7 di Bergamo, e di certo non ci fermeremo qui.

In ultimo il Ministro, venne a casa nostra per vedere che cosa succede in questa stanza, quando ci incontriamo, e lì abbiamo composto insieme la CARTA ITALIANA DELL’AGRICOLTURA basata sulla filiera COLTA.

Abbiamo capito quello che voleva don Michele: “Fate in modo che il potere esca dalle stanze e venga là dove le cose, succedono… in campagna”!

È proprio vero, è stato bellissimo fare un giro in campagna con il Ministro dell’Agricoltura.

Giuseppe cosa vorresti augurare a noi giovani?

In questo memento storico i genitori sognano per noi il posto fisso, perché molti di loro hanno la mentalità della sistemazione: sistemato il figlio, noi si può invecchiare tranquilli.

Eppure stiamo capendo, tardi, ma lo stiamo capendo, che la mentalità della sistemazione non produce vita felice, ma solo vita tranquilla, sistemata appunto.

La domanda che noi, figli, dobbiamo tornare a farci è: i tuoi genitori invecchiano tranquilli, sapendoti sistemato, ma tu sistemato, sei davvero felice?

Vorrei lasciarvi alcune parole del testamento spirituale del nostro caro don Michele, per ringraziarvi dell’ascolto e dell’attenzione:

“Allontanatevi dai mascalzoni dell’intelligenza,

vi condurranno su strade senza fiori e che terminano nel nulla.

Siate ricchi della felicità degli altri.

Rimanete voi stessi.

Amate non a orari fissi,

ma per tutta la vita.

Non dimenticatelo: il Domani, siete voi.”


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Sono Antonio Abruzzese e sono un giovane appassionato. Cucina, tradizione, filosofia, e ricerca sono i vocaboli che mi identificano. Sono un ragazzo genuino che ama la tradizione, e il sapere popolare. Un amante della bellezza e del gusto. Mi piacciono le cose e le persone che hanno un proprio carisma, un proprio sapore..non amo ciò che è insipido, inodore e incolore. Anzi sono affascinato dalla cromaticità, dal profumo degli alimenti, e dalla bellezza che ogni cosa porta in sé.. Di professione cuoco, ma di fatto un grande buongustaio!