
Cinque, irripetibili, anni. L’excursus del Festival della Disperazione si adatta ai mala tempora currunt, ai cambiamenti climatici, alla pandemia che non ha scoraggiato né il Circolo dei Lettori di Andria, né Gigi Brandonisio a cui abbiamo chiesto di illustrarci il programma della kermesse
Ciao Gigi. Rieccoci qui, come negli ultimi cinque anni: quanto è cresciuto, in questo lustro, il Festival della Disperazione?
Il Festival della Disperazione è nato cinque anni fa come una scommessa. Ha avuto subito un riscontro positivo di pubblico e di critica il che ci ha permesso, anno dopo anno, di provare ad alzare l’asticella. Pur non avendo ancora trovato la propria stabilità il Festival è cresciuto proporzionalmente sia nella partecipazione del pubblico che nella sua dimensione temporale. È ancora alla ricerca della sua forma definitiva ma edizione dopo edizione ha trovato sempre più la sua identità che oggi lo rende uno dei Festival più riconoscibili nel panorama nazionale. Considerando che in cinque anni ben due edizioni sono state organizzate in costanza di pandemia, direi che si può parlare di un ottimo risultato.
Perché, differentemente dalle passate edizioni, avete optato per la cornice estiva?
È stata una scelta dettata dall’evolversi della pandemia e delle relative regole nazionali in tema di incontri e spettacoli dal vivo. Sono ormai due anni che siamo costretti a rivedere i piani e ad organizzare il Festival in maniera rocambolesca pur di non perderne la continuità. Lo scorso anno è slittato a settembre mentre quest’anno, con tempi e condizioni ben diverse, abbiamo optato per la finestra estiva. In realtà, pur dovendo fare i conti con l’incertezza propria dei tempi correnti, non tutto il male viene per nuocere: questi slittamenti forzati hanno consentito di sperimentare ben tre periodi diversi in cinque anni. Questi esperimenti consentiranno ad un Festival relativamente giovane come il Festival della Disperazione di trovare la propria collocazione definitiva scegliendo sulla base dell’analisi dei dati relativi a ciascun periodo.
Le catastrofi ambientali si ripercuotono, a tuo parere, sull’incertezza psicologica del nostro mondo interiore?
Non sono in grado di rispondere a questa domanda. Quello che posso dire è che in questa edizione del Festival abbiamo scelto di dedicare un focus importante al trema del cambiamento climatico ritenendolo un tema centrale di dibattito e riflessione. È di tutta evidenza che i cambiamenti climatici, principalmente dovuti ai comportamenti umani, stiano mettendo a repentaglio la sopravvivenza non tanto del pianeta quanto del genere umano stesso. Su questo tema interverranno ospiti autorevoli come la giornalista Stella Levantesi o Sara Segantin che è tra le fondatrici del Fridays For Future in Italia. Sempre sullo stesso tema interverrà il professor Antonello Provenzale, Direttore dell’Istituto di geoscienze e georisorse del CNR e gli astrofisici Filippo Bonaventura e Matteo Miluzio. Ulteriore tassello sul tema è la collaborazione con l’associazione 3place, da anni impegnata nella salvaguardia dell’ambiente, che curerà una mostra sul tema dei rifiufi.
Cosa si intende per “compromesso al ribasso”?
Abbiamo voluto giocare con le difficoltà croniche che abbiamo riscontrato nell’organizzare questo tipo di evento a cui si sono aggiunte le difficoltà legate alla pandemia. Ogni scelta che abbiamo dovuto fare ci è sembrata un compromesso, quasi sempre al ribasso, in perfetta linea con tutte le scelte che quotidianamente bisogna affrontare nella vita. La mancanza di spazi alternativi, l’impossibilità di sconfiggere abitudini consolidate, la cronica mancanza di risorse sono alcuni esempi di presupposti che ci hanno obbligati a fare delle scelte. In fin dei conti il programma del Festival, e forse anche il Festival stesso sono il frutto di un compromesso al ribasso. Per fortuna anche così ci sembra stupefacente e bellissimo. Con uno sforzo di immaginazione si potrebbe provare a sognare un’edizione ideale e senza ostacoli, ma, forse, a quel punto non sarebbe più un vero Festival della Disperazione.
Quali sono gli incontri imperdibili?
Tutti ovviamente. È un programma molto variegato che incrocia temi e talenti unici. Abbiamo cercato di dare valore al Festival con un programma di altissimo valore, con ospiti di caratura quanto meno nazionale. Chiediamo al pubblico di lasciarsi incuriosire, di sperimentare, di non seguire l’istinto di fiondarsi sul “nome noto” ma di lasciarsi rapire dalle possibilità narrative degli incontri all’apparenza più laterali. Ci sono incontri come quelli con Nicola Lagioia , Vito Mancuso e Matteo Cavezzali che non possono essere mancati assolutamente ma visto che ne ho la possibilità provo a svelare le chicche che a mio parere renderanno memorabile questa edizione del Festival. Innanzitutto “Mystery Train. Un viaggio nell’immaginario americano”, una Lezione di Storia prodotta dagli Editori Laterza che darà luogo ad un viaggio stupefacente nel continente americano, tra racconto parole e musica, seguendo le rotte e lo sbuffare dei treni. Ancora, “Piccoli Funerali”, un rito, un momento intimo e personale e al tempo stesso catartico, che trova forza nella musica lieve e potente come una folata di vento. Infine un consiglio spassionato: non perdete per nessun motivo l’incontro con Francesco Bonami e Costantino della Gherardesca, due autentici mattatori in fatto di Arte. Un incontro unico e irripetibile che abbiamo l’onore di ospitare in esclusiva e in anteprima assoluta al Festival della Disperazione. Per dirla in altre parole è uno di quegli appuntamenti in cui si potrà dire “Io c’ero”.
Cosa ti aspetti da questa quinta edizione?
Niente ovviamente, meglio non avere aspettative. So solo che sarà l’ennesima mirabolante avventura e che sarebbe bello viverla tutti insieme.