Una enciclica che sfida ogni fondamentalismo, tutti gli integralismi, ogni sogno di supremazia

Il 3 ottobre ad Assisi, sulla tomba del Santo che colse la fraternità in ogni creatura e la trasformò in un canto senza tempo, Francesco, dopo la Lumen fidei (2013) e la Laudato si’ (2015) ha firmato una terza enciclica che sfida tutti i fondamentalismi, tutti gli integralismi e tutti i sogni di supremazia. “Fratelli tutti” è un testo sulla “fraternità e l’amicizia sociale”, scaturite da quella pandemia che sta mostrando drammaticamente la vulnerabilità di tutti. “La pandemia, sostiene monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, ci ha messo alle strette; abbiamo fatto l’esperienza di quanto siamo fragili e di quanto siamo fratelli nel dolore”.

La data del 3 ottobre, scelta per la sua andata ad Assisi in forma privata, e non il giorno successivo, festa liturgica del Santo di cui Bergoglio ha scelto di portare il nome, è stata voluta dal Pontefice per evitare di aggiungere confusione alla confusione, assembramento all’assembramento: “Gli ammalati sono già molti; non creiamo occasioni prossime per il contagio”.

La “traiettoria” in cui si inserisce l’enciclica “Fratelli tutti” è stata già tracciata dal “Documento di Abu Dhabi” sulla fratellanza umana e dalla Laudato si’, che pure nel titolo echeggia l’incipit del Cantico delle Creature. In questa nuova enciclica fin dal titolo c’è la spinta a riconoscersi fratelli già su questa terra e nella nostra casa comune, attraverso la valorizzazione delle differenze e la riscoperta del vivere insieme, non in maniera individualistica, per costruire un mondo migliore.

Ma è sull’asse della fratellanza, declinata in tutta la sua multiforme dinamicità, e contro la cultura dello scarto,che si snoda tutto il pontificato di Francesco. Molti ricorderanno che la sera dell’elezione, il 13 marzo 2013, si presenta al mondo con la parola “fratelli”. Fratelli sono gli invisibili che, nella sua prima uscita da Pontefice (l’8 luglio 2013), abbraccia a Lampedusa: gli immigrati. Anche Shimon Peres e Abu Mazen che si stringono la mano insieme col Papa nel 2014 sono un esempio di quella fraternità che ha come obiettivo la pace. Nel nome della fratellanza si realizza anche l’incontro, impensabile fino a pochi anni prima, del Vescovo di Roma con il Patriarca di Mosca, evento benedetto dal Patriarca di Costantinopoli, il fratello Bartolomeo I. A Cuba, Francesco e Kirill firmano un documento comune che, nel suo incipit, sottolinea: “Con gioia ci siamo ritrovati come fratelli nella fede cristiana. Fratellanza è pure la parola chiave che ci permette di decodificare uno degli atti più forti e sorprendenti del Pontificato: il gesto di inginocchiarsi a baciare i piedi dei leader del Sud Sudan in Vaticano.

La dimensione della fratellanza diventa quindi il DNA di questo Pontefice che ha scelto il nome del Poverello d’Assisi, un uomo che per sé ha voluto come unico titolo quello di “frate”, frater, fratello appunto. Ma è anche fraterno il modo in cui definisce il suo rapporto con il Papa emerito, Benedetto XVI.

Questa è stata la quarta visita di Bergoglio ad Assisi. Si ricorderà quel 4 ottobre 2013, giorno successivo a una delle più grandi sciagure dell’immigrazione nel Mediterraneo, quando morirono 380-400 Somali ed Eritrei a pochi metri da Lampedusa e il Papa, quando venne informato delle dimensioni della tragedia, si lasciò andare a un grido che gli sgorgò dall’anima: «Vergogna! Vergogna! Vergogna!»

Del tema dell’enciclica il Papa ha parlato più volte in questi ultimi mesi, sottolineando come la fraternità passi attraverso l’economia: “Basta con l’adorazione della finanza e del profitto, l’economia deve essere al servizio dell’uomo”. E licenzia i vecchi economisti: a novembre terrà a battesimo i cervelli del XXI secolo. In una delle recenti udienze generali Francesco aveva ripetuto più volte che viviamo in una economia malata, frutto di una crescita economica iniqua che grida al cielo!… La pandemia ha infatti aggravato le disuguaglianze. È stato ancora durante un’udienza in cui con veemenza  ha ribadito: “Sarebbe triste se nel vaccino per il Covid-19 si desse la priorità ai più ricchi… Da soli non c’è storia. La crisi pandemica, tutt’altro che superata, ce lo sta dimostrando: senza un’antropologia diversa non può esserci una diversa ecologia. Non ci si salva da soli né il Creato può continuare ad essere violentato facendone pagare gli effetti ai più poveri e ai meno responsabili della sua devastazione”.

Francesco, in qualche modo, manda a dire al Vecchio Regime dell’economia che l’unica via d’uscita possibile è una “riconversione ecologica della nostra economia, senza cedere all’accelerazione del tempo, dei processi umani e tecnologici, ma tornando a relazioni vissute e non consumate… È tempo di economia reale, concreta, che si fondi sulla persona umana”.


Articolo precedenteUn altro giorno è passato
Articolo successivoIl resto, lo farà il vento…
Elia Ercolino, nato a Peschici (FG) 15/02/1954. Formazione classica con specializzazione in teologia biblica. Ha tenuto corsi di esegesi e teologia   vetero e neotestamentaria. Giornalista pubblicista dal 1994 e professionista dal 2004. Impegnato nell’emittenza televisiva locale dal 1992. Direttore di Tele Dehon dal 1994 con auto dimissioni nel 2012. Direttore responsabile e fondatore della testata giornalistica “Tele Dehon Notizie” dal 1995 al 2012. Impegnato da sempre nel mondo del volontariato sociale.