Un libro su una protesta manifestata “a suon di mestoli battuti sulle pentole e a colpi di libri sollevati sopra le teste”.
“Leggevo i tuoi biglietti. A volte fantasticavo che fosse proprio il melograno a consegnarli direttamente nelle mie mani. Mi piaceva credere che avesse trattenuto qualcosa di te, un frammento del tuo odore, un pezzo della tua immagine”.
È quanto si legge in quarta di copertina del romanzo intitolato “Il Melograno” scritto dalla “poetessa per passione e insegnate di professione” (come lei stessa si definisce) Luciana De Palma, la quale ieri sera proprio nella città della Disfida, presso la libreria Cialuna, ha presentato la sua primissima opera narrativa (la prossima tappa sarà a Bisceglie, laddove De Palma presenterà il suo libro durante la kermesse “Libri nel borgo antico” prevista per settembre).
L’incontro con l’autrice (nativa di Corato e residente da tre anni a Barletta) moderato dal giornalista Cenzio Di Zanni, ha suscitato non poche riflessioni su quanto accaduto nel maggio 2013 ad Istanbul in Turchia, quando un gruppo di ambientalisti organizzò una manifestazione di protesta contro la decisione presa dall’amministrazione della città turca, di smantellare il Parco Gezi per costruirvi un centro commerciale; una protesta, quella di Gezi e di Piazza Taksim, che si manifestò “a suon di mestoli battuti sulle pentole e a colpi di libri sollevati sopra le teste” ma che fin da primi giorni fu arginata con sproporzionata violenza da parte della polizia locale assumendo pertanto connotati marcatamente politici contro il governo sempre più autoritario dell’allora primo ministro turco Erdogan.
“Il melograno”: cento settantaquattro pagine di scorrevole prosa con la tipicità di non essere suddivisa in capitoli, con flashback e incursioni poetiche, grazie alle quali è possibile leggere e interpretare le storie di due fratelli turchi Nazif e Lemi che, con due profili piscologici differenti e un percorso di vita altrettanto diverso, affrontano e reagiscono alle sommosse di tre anni orsono con atteggiamenti e percezioni completamente opposte.
“Nazif, il maggiore, è un insegnate di liceo che, dopo un’adolescenza turbolenta, decide di dedicarsi esclusivamente al suo lavoro, disinteressandosi a tutto ciò che accade attorno a lui. Un’indifferenza e una sottomissione profonda che caratterizzano anche il suo ruolo all’interno della famiglia, ormai completamente dominato dalla moglie Semra e dal giovane e insolente figlio, Erim. Al contrario Lemi, poeta e lavoratore saltuario, vive con passione ed euforia l’esistenza in ogni sua sfaccettatura, riuscendo a scorgere la bellezza ed il tormento della società di cui fa parte. Il confronto tra i loro diversi ed opposti modi di essere si farà acuto soprattutto dopo gli scontri, durante i quali Lemi diventerà protagonista grazie alle sue poesie sovversive. Cercando di sfuggire alla polizia, inizierà una corrispondenza segreta con il fratello, attraverso bigliettini di carta infilati all’interno di una fessura dell’albero di melograno nel giardino di Nazif. Quest’ultimo, trascinato dall’entusiasmo di Lemi, riuscirà così ad abbandonare la sua rassegnazione, trovando in se stesso la forza per agire”, si legge nel risvolto di copertina del romanzo.
La genesi di questo romanzo, del resto non privo di colpi di scena, è rintracciabile in una immedesimazione empatica dell’autrice in quel che accadde nel 2013 ad Instabul; una Luciana De Palma che guardando i telegiornali di quei giorni si chiese: “Ma io cosa avrei fatto se fossi stata in quella piazza?“
La stessa De Palma ha aggiunto: “In realtà non sono mai stata ad Instabul e conto di andarci non appena mi sarà possibile, ma per la stesura di questo romanzo mi sono documentata tantissimo, al punto che i due personaggi sono frutto della mia fantasia ma allo stesso tempo verosimili; con loro ho cercato di sdoppiare le due diverse possibilità di risposta o azione a quel tipo di protesta. Il melograno quindi rappresenta piuttosto il trait d’union fra i due fratelli e come può essere facilmente frainteso, il titolo del libro non si ispira al significato simbolico cristiano e di fertilità che il frutto del melograno rappresenta”.
“L’agorà è il luogo principe dell’incontro e quindi anche della democrazia e la repressione di piazza Taksim, credo faccia venir meno tutto questo”, ha poi precisato l’autrice.
La serata si è avviata alla conclusione, chiedendo alla De Palma se si sente più Nazif o Lemi e l’autrice ha palesemente espresso simpatia per entrambi i protagonisti; due personalità ben distinte che riescono a esplicitare “l’interdipendenza dell’azione e del pensiero: l’evoluzione dell’una per arricchire l’altro, lo sviluppo dell’uno per rendere grandiosamente importante l’altra”, come si legge nella prefazione.
Tuttavia, potremmo chiederci tutti a quale dei due protagonisti ci sentiamo più affini e allo stesso tempo, pensando al nostro “caso” Italia dove il malessere sociale dilaga, la poetessa e scrittrice coratina propone di smuovere le coscienze sollevando sommosse quanto più pacifiche, prendendo spunto da “quell’audace quanto vivace fermento sociale turco ”, così come l’ha definito la stessa l’autrice nel suo romanzo.