Ha debuttato lo scorso 28 maggio con il suo album di inediti “Blue Paintings”, un mix di composizioni artistiche, un meltinpot audiovisivo che coniuga le melodie del jazz all’esperienza pittorico-cromatica di Vassily Kandinsky.

Angela Tursi racconta ad Odysseo, attraverso l’utilizzo di una figura retorica profondamente sensoriale, le emozioni della sua prima volta musicale:

Ciao Angela. Tu sei attiva da anni, con profitto, nell’ambito della musica classica e del jazz. L’imminente uscita del tuo primo album di inediti “Blue Paintings” segna la collaborazione con l’etichetta discografica  “Angapp Music”. Sarebbe corretto definire la tua impronta “indipendente”?

Assolutamente corretto. Il mio album “Blue Paintings”  prende spunto da un progetto di ricerca da me sviluppato riguardo la relazione che intercorre tra la musica e i colori e di come spesso fra queste si venga a creare  un effetto che sembrerebbe quasi magico, ma in realtà assolutamente scientifico, chiamato  “sinestesia”. Nello specifico ho studiato le teorie del colore esposte dal pittore russo Kandinsky  nel testo “Lo spirituale nell’arte”. Focalizzandomi sul colore blu, ho cercato di creare dei pezzi o meglio dei “quadri musicali” che rappresentassero questo colore. Ho cercato sopratutto di rendere quelle caratteristiche di  “meditativo e spirituale” che sono descritte nel testo di Kandinsky in relazione a questo colore. Quindi, ritornando alla domanda, si il mio progetto risulta “indipendente” e diverso dai soliti canoni commerciali. Chi meglio di un’etichetta indipendente  come “Angapp Music” avrebbe potuto realizzarlo?!

La poliedricità della tua formazione musicale ti ha reso eccellente pianista ed appassionata cantante. In quale ambito senti di poter esprimere più emozioni?

Per me non esiste un “ambito” . Purtroppo siamo in un periodo storico dove tutto è classificato in una “specifica categoria” e questo penso sia un limite. Preferisco affermare di sentirmi completa quando riesco ad emozionarmi e ad emozionare il pubblico, che stia suonando un pezzo in piano solo, un pezzo strumentale oppure che mentre sta cantando. L’importante è creare bellezza! Non importa il come.

Pur essendo ancora molto giovane hai avuto occasione di tesaurizzare gli insegnamenti di maestri del calibro di: Dennis Montgomery III, Donna McElroy, Anne Peckham,  Bob Stoloff, Angelo Schiavi, Stefani Patanè,  Gianni Lenoci, Vinny Golia, Francesco Massaro, Marco Colonna, Alison Blunt, Jacob Lekkerkerker, Susanna Stivali, Leandro Martin e Marco Fumo. Quanto può essere difficile, per una strumentista come te, filtrare le influenze esterne mantenendo un registro stilistico asciutto e, soprattutto, originale?

Ho scelto di studiare con persone che avevano formazioni diverse. La diversità, per me è sempre stata una ricchezza e una fonte da cui poter attingere materiale. Infatti i miei pezzi rappresentano un po’ una sintesi dei vari percorsi di studio.

A chi dedichi “Blue Paintings”?

Dedico Blue Paintings alla mia famiglia e al mio compagno che mi hanno sempre sostenuto e hanno sempre creduto in me, ai miei colleghi (al sax soprano Alessandro Corvaglia; all’arpa Susanna Curci) ma anche a due docenti che sono stati fondamentali nel mio iter : Gianvincenzo Cresta e Gianni Lenoci. Entrambi compositori e veri Maestri.

Progetti futuri?

Sicuramente vorrei continuare ad approfondire questa ricerca tra i colori e la musica a me molto cara e continuare a comporre. Attualmente vivo a Londra e mi piacerebbe portare la mia musica qui. Incrociate le dita per me. Vi lascio con una  frase di Kandinsky:

“Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita”.