La sicurezza alimentare e il suo legame con l’approvvigionamento energetico, il cambiamento climatico, lo sfruttamento delle risorse idriche, i flussi migratori.
Negli ultimi decenni anni il concetto di sicurezza ha subìto un’interessante evoluzione. Esso ha smesso infatti di essere confinato esclusivamente alla sfera militare e ha assunto una connotazione più “umana”. In particolare, il cibo come fattore di sicurezza è emerso come tema di sempre maggiore attenzione non solo per gli accademici ma anche per i governanti.
Il cibo è sempre stato al centro della storia dell’uomo, ma con il tempo ha smesso di essere fonte di preoccupazione per molti. Il benessere ha generato un cambiamento nella gerarchia dei bisogni e ciò ha prodotto una crescente indifferenza nei confronti delle tecniche di produzione dei prodotti presenti sulle nostre tavole. Al cibo fresco, sano e di qualità si è sostituito il “junk food”. Un cibo economico il cui basso prezzo sugli scaffali nasconde tuttavia un dazio durissimo da pagare in termini umani e ambientali. In un mondo sempre più globalizzato in cui il consumatore può sempre avere a disposizione i prodotti che desidera la sicurezza alimentare di alcuni privilegiati è stata infatti ottenuta a scapito dell’insicurezza di molti.
A venti anni dalla definizione fornita dalla Food and Agriculture Organization (FAO) il concetto di “food security” (sicurezza alimentare) è a sua volta cambiato. Ci si è infatti finalmente resi conto che essa è strettamente legata ad altre dimensioni della vita umana come l’approvvigionamento energetico, il cambiamento climatico, lo sfruttamento delle risorse idriche e persino i flussi migratori. Un enorme dibattito è per esempio emerso in Europa in merito allo sfruttamento dei cosiddetti bio-combustibili e dei potenziali effetti che il loro sfruttamento può avere sul prezzo delle derrate alimentari a livello globale, il cosiddetto “indirect land use change”, lo sfruttamento delle risorse idriche del sottosuolo e le emissioni di gas serra.
Le cosiddette “rivolte del pane” nei Paesi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale hanno poi mostrato il legame sempre più forte esistente fra sicurezza alimentare e instabilità politica. Molti Paesi di questa regione destinano gran parte delle risorse nazionali per l’importazione di prodotti alimentari e sono quindi assai vulnerabili all’improvviso aumento del prezzo delle materie prime su scala globale (come avvenuto nel 2011). In molti casi la sicurezza alimentare è diventata poi il mezzo attraverso cui altre forme di risentimento (povertà, disoccupazione e marginalizzazione sociale) si sono espresse. Questo è emerso con drammatica evidenza in Siria, dove l’insicurezza alimentare dovuta anche a politiche scriteriate di stampo neoliberista ha contribuito ad un progressivo degrado ambientale, alla scarsità di derrate alimentari e ad un aumento del livello di malcontento sociale che è poi sfociato in forti proteste anti-governative. Il cibo si è quindi legato sempre di più ai conflitti civili e studi della FAO hanno dimostrato che i Paesi con gravi forme di insicurezza alimentare hanno maggiori probabilità di ricadere in un circolo vizioso di povertà e conflitti civili.
La sicurezza alimentare costituisce un tema di primaria importanza non solo per i Paesi che ne soffrono in maniera cronica, ma anche per l’Unione Europea (UE) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) che ha incluso la “food security” tra i cosiddetti “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” per il 2030. I flussi migratori degli ultimi anni dimostrano poi che non si può restare più indifferenti di fronte a queste dinamiche. Non è infatti un caso che la maggior parte delle richieste di asilo in UE nel 2015 siano arrivate da siriani o da cittadini di Paesi con livelli di sicurezza alimentare molto bassi. Un’insicurezza che rischia tra l’altro di aggravarsi ancora di più a causa del cambiamento climatico che già spinge ogni anno un numero elevatissimo di persone ad abbandonare le proprie terre.
La politica europea di sicurezza alimentare ha raggiunto un livello di maturità molto elevato negli ultimi anni, combinando le cosiddette “due anime” della sicurezza alimentare: lo sviluppo sostenibile e l’assistenza umanitaria. L’UE è il maggiore donatore di aiuti a livello globale e deve convincere tutti gli Stati membri e altri attori internazionali della necessità di ripensare i modelli di produzione agricoltura con l’obiettivo di produrre cibo che sia sano, nutriente e prodotto in un modo sostenibile per tutti gli ecosistemi. Garantire la “sicurezza alimentare” a chi non ce l’ha può essere una soluzione efficace per prevenire futuri conflitti, ridurre i flussi migratori e preservare gli ecosistemi attraverso modelli di sviluppo più equi e sostenibili.