Giustizia ecologica, potere e giustizia, la giustizia degli scarti, la questione delle carceri e la necessità di leggere la Costituzione prima di volerla cambiare: parla a tutto campo il prof. Giovanni Maria Flick.
Su invito del Forum di Formazione all’Impegno Sociale e Politico della Diocesi di Andria e dell’associazione “Cercasi un Fine”, con l’intervento di mons. Luigi Mansi, nella sede del museo diocesano di Andria, si è tenuta lo scorso 8 aprile una conferenza dell’avv. Flick, tuttora professore emerito di Diritto Penale all’Università LUISS di Roma. Oggetto del suo intervento: riflettere su come misericordia e giustizia, apparentemente distinte, siano tra loro profondamente legate.
Professore, come coniugare il binomio misericordia e giustizia?
Guardi, si tratta di un binomio non solo possibile, ma necessario. A patto di collocare ogni cosa al suo giusto posto: occorre prima giustizia, intendo quella umana, e poi misericordia. In questo senso, non solo l’insegnamento della Chiesa, ma anche l’esperienza ci dice che non si dà giustizia senza misericordia e che la misericordia per potersi manifestare ha bisogno che prima si faccia giustizia. Ora, è evidente che mettere insieme questi due termini è tutt’altro che facile: sono lì a ricordarcelo i conflitti che sorgono ogni giorno o la serie di diverse interpretazioni e significati che si danno alla giustizia. A questo proposito, la Laudato si’, l’ultima enciclica di papa Francesco, parla di una giustizia declinata in forma nuova: la giustizia ecologica, la giustizia del bene comune, del dare a ciascuno il suo non in una logica come quella del passato, ma nella logica del diritto di tutti a fruire delle risorse di tutti; occorre per questo partire dalla giustizia dei più poveri, dei cosiddetti “diversi”, dalla giustizia di quelli che vengono definiti “scarti”.
La giustizia dei più poveri fa pensare alla questione del debito estero dei Paesi in via di sviluppo
Il debito estero è strumento di controllo dei paesi poveri nelle mani dei paesi ricchi; ben altra misura si tiene con il debito ecologico dei paesi ricchi che consumano il 90% delle risorse del pianeta, pure essendo solo il 10% della popolazione. Oggi ci illudiamo ancora di distinguere tra migranti politici, migranti economici e migranti ecologici: penso a quanti emigrano perché non hanno più cibo né acqua. È chiaro, dunque, che prima di parlare di misericordia occorre affrontare sul piano umano queste ingiustizie.
Scusi l’insistenza, ma che significa intendere la giustizia sul piano umano?
La giustizia è rappresentata con tre simboli bellissimi ma profondamente ambigui: una bilancia (che potrebbe essere truccata), una spada (che rischia di non essere usata solo per assicurare il potere da attacchi indebiti) e una benda. Quest’ultimo simbolo ricorda che la giustizia è cieca perché non guarda in faccia a nessuno: è un segno di uguaglianza, ma proprio per questo rischia di essere ingiusta, perché non vede le persone. I latini dicevano: summum ius summa iniuria.
E quando la giustizia va a braccetto col potere?
In effetti, la giustizia ha bisogno del potere, ma anche il potere ha bisogno di giustizia, perché se la legge è uguale per tutti non deve essere che non tutti siano uguali per la legge.
Guardando alla nostra storia più o meno recente, ci vuole più misericordia o più giustizia?
Guardi, ho fatto il Ministro della Giustizia nel primo governo Prodi in un tempo ormai lontanissimo: direi, ante Cristum natum. Bene, i problemi che ho provato a risolvere sono uguali o quasi, anzi peggiorano: pensi al tema di giustizia e sicurezza e alla mancata collaborazione tra intelligence europee sugli attentati di Parigi e Bruxelles o alle indagini sulla tortura per Regeni. Lei mi chiede se ci voglia più misericordia o giustizia. Io mi interrogo: si può torturare il sospetto terrorista per sapere dove ha messo le bombe? Che significa “a ciascuno il suo”? Ricordiamo che queste parole erano scritte anche all’ingresso di Buchenwald…
Il legislatore, in questo momento, lavora per la giustizia?
Possiamo dire che, sul piano umano, il legislatore sta lavorando, ma che il suo lavoro è molto difficile. Molto c’è da fare. Penso, ad esempio, a tutti i problemi non solo per assicurare una giustizia più rapida per tutti, visto che una giustizia ritardata è come una giustizia negata, ma penso anche all’enorme problema delle carceri, delle condizioni di umanità della pena. Intendiamoci: non si tratta di domande ed esigenze di misericordia, ma di domande ed esigenze di giustizia. Poi, ripeto, al di là e al di sopra della giustizia, deve poter intervenire quella che dal punto di vista umano chiamiamo solidarietà, fraternità – la chiama così la nostra Costituzione – mentre dal punto di vista del nostro credo, la chiamiamo misericordia.
A proposito, proprio in questi giorni il Governo lavora alle modifiche della Costituzione, fatto salvo il referendum del prossimo autunno: cosa pensa a tal riguardo?
Il tema è troppo complicato per approfondirlo in questa sede. Nondimeno, posso dirle che, a mio avviso, la Costituzione italiana non è un dogma e può essere cambiata. Solo che, per riscrivere la Costituzione, occorre prima rileggerla, perché molte delle domande a cui si pensa di poter rispondere riscrivendo la Costituzione, in realtà, trovano già risposta in una interpretazione della Costituzione.
Torniamo al punto di partenza. Parlava di giustizia ecologica: e la tecnologia?
Sul rapporto tra un’ecologia che stiamo distruggendo e una tecnologia sempre più imperante ci sarebbe molto da dire. Certo è che la predica di san Francesco era piena di poesia e aveva per uditorio dei passerotti cinguettanti e rispettosi. Quella di papa Francesco, nella Laudato si’, mi pare avere per destinatari degli uccelli rapaci che non si sa se l’ascoltino.