Ci sono matrimoni che finiscono bene, altri che durano tutta la vita. Quella che, apparentemente, poteva sembrare una battuta, dal primo dicembre del 1970 è la più reale ed inevitabile consuetudine dello Stato Italiano. Nonostante la ferma opposizione della Democrazia Cristiana, la legge sul divorzio ha riscontrato, nel corso degli anni, una sempre più vasta approvazione da parte di numerosi partiti, scevri da ideologie o faziosità politiche. Neppure il Referendum del 1974 riuscì nell’intento di abrogare una ‘’scappatoia’’ che la popolazione sentiva di dover ottenere nel principio di una libertà combattuta e suffragata.

Ad oggi solo due Paesi al Mondo, le Filippine e Città del Vaticano, non possiedono nei loro ordinamenti una procedura civile per il divorzio. Ma, riflettendoci, l’applicazione della legge 898/70 varia da regione a regione, a seconda dell’interpretazione dei coniugi, di un giudice ma, soprattutto, dell’ars oratoria di un Azzeccagarbugli qualunque.

Ma se l’arringa difensiva in questione è quella dell’avvocato Pietro Tordi, allora c’è da alzarsi in piedi ed applaudire.

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A farlo, in effetti, fu il pubblico del Santa Monica Civic Auditorium dove, nel 1963, Frank Sinatra consegnò l’Oscar a Ennio de Concini, Alfredo Giannetti e Pietro Germi per la miglior sceneggiatura originale del capolavoro “Divorzio all’italiana”. Originale, eccome, se si pensa ad una trama fino a quel momento considerata tabù .

L’assillante intolleranza alla monogamia spinge il Barone Fefè al delitto d’onore ai danni della fedifraga moglie Rosalia, al fine di sposare la bella e giovane Angela in una Sicilia ricoperta dall’afosa cappa di omertà che definisce i suoi abitanti, tratteggiandoli ed incorniciandoli nell’affresco di un’Italia dall’abito immacolato e lo spirito scabroso.

L’interpretazione, appunto. Quella di un tribunale sommario ma anche quella di un immenso Marcello Mastroianni, traditore incallito ed amante abitudinario. La Dolce Vita raccontata sul grande schermo e vissuta in prima persona nel privato, in una solitudine costellate di brevi compagnie ed intense relazioni. Emotivamente felliniano e pragmaticamente casereccio come il suo amico Sordi il quale mai volle sposarsi per non avere “un’estranea in casa”.

Probabilmente, ancora una volta, ha ragione il genio di Troisi. Forse, davvero, un uomo ed una donna sono le persone meno adatte a sposarsi e, magari, davanti ad una tazza di caffè, diremo al barista: “Uagliò, pensavo fosse amore, invece era un calesse”.

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