Tutte le fasi del processo di disinquinamento delle acque reflue.

Come da sempre tutti gli agglomerati urbani sono dei sistemi che necessitano di acqua potabile e generano acqua inquinata da composti provenienti dal metabolismo umano. Le acque reflue cittadine presentano un inquinamento dovuto alla presenza di materiale organico. Tale inquinamento viene misurato (trascurando azoto e fosforo) con un parametro noto come COD (acronimo di chemical oxygen demand espresso in mg / l) o BOD (acronimo di biochemical oxygen demand espresso in mg / l). Dalle definizioni date è lapalissiano che il disinquinamento passa attraverso l’ossigeno fornito all’acqua e assorbito dai batteri aerobi che utilizzano gli scarti del metabolismo umano come substrato su cui proliferare. L’attività batterica, nel demolire la materia organica presente nei liquami, produce il cosiddetto “fango”. La rimozione di tale “fango” si ottiene tramite concentrazione dello stesso ed estrazione dai sedimentatori primari e secondari.

Il “fango” di depurazione è una sospensione semiliquida al 95 – 99% di acqua. La produzione quotidiana di elevate quantità di tale fango (1-5 l / ab*d) pone il problema di un suo smaltimento finale igienicamente ed ecologicamente sicuro e contemporaneamente economico. Dai dati di letteratura si ha che la produzione specifica di fango, riferita a un abitante, è di 50 (g/d) di sostanza secca quindi una comunità di centomila (100.000) abitanti deve smaltire qualcosa come cinquanta (50) quintali di sostanza secca al giorno. La legge n°319 del 10/5/1976 consente lo smaltimento anche nel terreno agricolo. Sono del parere di perseguire questa strada per evitare di spostare l’inquinamento dall’acqua verso altri siti. Il “luogo” più naturale e congeniale dove possano essere smaltiti i fanghi, vista la loro capacità di trasformarsi in humus, è il terreno agricolo dove può diventare la base per mantenere e riprodurre nuova vita.

Altri siti previsti dalla L. 319 del 10/5/1976 sono: suolo non agricolo, sottosuolo e mare territoriale. Tali siti si intendono autorizzati solo se vengono rispettati una serie di vincoli che evitano inquinamenti secondari: percolazione di liquami nelle falde acquifere, odori molesti, diffusione di patogeni e modifiche dei terreni. I trattamenti che il “fango” deve subire prima dello smaltimento finale, dipendono dalle leggi locali e dal numero di abitanti serviti. In generale l’obiettivo principale da perseguire è la riduzione del contenuto di acqua contenuto nei fanghi, il che implica un aumento di concentrazione di sostanza secca. Normalmente le percentuali sono: 2.5% di sostanza secca e 97.5% di umidità. Lo schema di trattamento dei fanghi destinati al terreno agricolo per una comunità tra i cinquantamila e i centomila (50.000 – 100.000) abitanti è il seguente:

ISPESSIMENTO—DIGESTIONE ANAEROBICA—POST ISPESSIMENTO–CONDIZIONAMENTO CHIMICO—DISIDRATAZIONE MECCANICA—TERRENO AGRICOLO

L’ispessimento del “fango” si ottiene mediante una riduzione di volume che il fango prodotto subisce quando staziona dalle dodici alle ventiquattro (12 – 24) ore in apposite vasche dette ispessitori. Qui il fango aumenta la percentuale di sostanza secca per gravità perdendo la cosiddetta acqua interparticellare come si vedrà più avanti.

La digestione anaerobica è stata discussa in un precedente articolo a cui si rimanda.

La disidratazione meccanica è operata previo condizionamento chimico del fango, che consiste in un pretrattamento che rende il fango più facile da separare da parte delle macchine disidratanti (centrifuga, filtro a vuoto, pressa a nastro e filtro pressa). Il condizionamento avviene mediante dosaggio di reattivi come Ca(OH)2, FeCl3 • 6H2O, FeSO4 • 7H2O, Al2(SO4)3 • 18H2O, in quantità proporzionale al peso secco da separare.

La conformazione geologica, le analisi agronomiche e il tipo di coltura presenti sul terreno, combinate con le analisi del fango, daranno indicazioni circa la quantità di ammendante da spandere sul terreno agricolo.

Un’altra strada altrettanto buona si ottiene con il compostaggio del fango: si fermenta aerobicamente il fango miscelato con componenti organiche ricche di fibre, quali segatura di legno, foglie, rifiuti solidi urbani selezionati e triturati, in modo da ottenere il compost, un prodotto umificato analogo al concime animale o letame. Questa procedura è anche un trattamento di igienizzazione del fango.

L’igienizzazione del “fango” ha lo scopo di eliminare la maggior parte degli organismi patogeni in modo da rendere igienicamente innocuo il fango quando si deve smaltirlo in agricoltura, dove potrebbe essere un rischio di diffusione infettiva. Si può realizzare a monte o a valle dell’ossidazione biologica tramite la pastorizzazione: riscaldamento del fango a 70-80°C per trenta minuti, ovvero a valle dell’ossidazione mediante compostaggio.

La disidratazione del fango misto estratto da un sedimentatore primario avviene attraverso la rimozione di acqua, suddivisa sotto varie forme:

  • ACQUA INTERPARTICELLARE: è quella che si trova bloccata tra i “fiocchi” del fango. Costituisce il quantitativo maggiore ed è quella più facilmente separabile per ispessimento e per disidratazione.
  • ACQUA LEGATA: è quella che è parte del “fiocco” perché si muove con esso anche se è esterna al “fiocco”. Può essere suddivisa in acqua di “idratazione colloidale” e “acqua capillare”; si può separare mediante condizionamento chimico e successiva disidratazione meccanica.
  • ACQUA PARTICELLARE: è la frazione minore, fa parte della struttura delle particelle, si può rimuovere solo termicamente.

Quanto descritto è ciò che avviene in una normale gestione di impianti di depurazione con le finalità riportate.

LEGGENDA:

g = grammi,

mg = milligrammi,

l = litro,

/ = segno di divisione,

ab = abitante,

d = giorno.