Tutti in piedi, all’Ariston di Sanremo, per tributargli l’applauso commosso. È al maestro di vita Ezio Bosso, che fa della musica e della malattia il pentagramma su cui librarsi alla ricerca di senso.
«La musica è come la vita, si fa insieme». E sorride, gli occhi rapiti da una visione estatica.
«La musica c’insegna la cosa più importante: ad ascoltare e ascoltarsi l’un l’altro». È una lezione di vita: unica, profonda, impareggiabile.
La musica come l’amore, per Ezio Bosso, torinese, enfant prodige, 44 anni passati ad apprendere e a suonare il pianoforte. A dirigere corpi orchestrali.
Il capo gira vertiginosamente sulla propria sede, mentre parla. Rotea le mani a mulinello. Il corpo si eleva e s’inabissa. Precipita sullo strumento. Un tuffo nella cassa armonica: rimbombo grave! Ecco l’abbraccio e la stretta d’amore per quanto vibra tra le voci di dentro. Poi tocca la tastiera e sembra che la SLA sia vinta.
Il compositore e direttore d’orchestra che nel 2011 ha subito un intervento al cervello per arrestare la malattia neurodegenerativa che lo costringe tuttora su una sedia a rotelle, e progredisce nonostante tutto, all’Ariston di Sanremo entra in un’altra “stanza”, in un’altra dimensione: «Nella vita ce ne sono dodici, in tutto, di stanze. La prima è quella della nostra nascita. Riusciremo a ricordarla solo quando raggiungeremo l’ultima. Da lì si può ricominciare».
Infatti. Danza leggero, con i polpastrelli, sulla pozza d’acqua stagnante del proprio corpo prima convulso poi abbandonato, capace di eseguire le armonie di un volo, con l’esecuzione del brano Following a bird, appena dopo aver manifestato il gorgoglio delle emozioni terrene e il pensiero frizzante della mente e del cuore che si specchiano nel vero.
«La magia che abbiamo noi musicisti, è di dilatare il tempo». Infatti: volteggia, evapora, sconfina laicamente nell’eterno.
Poi torna con i piedi a terra: «Ogni giorno che c’è, c’è. E il passato va lasciato a qualcun altro».
Ma dov’è realmente il musicista filosofo Ezio Bosso? All’Ariston? Altrove? In quale oltre?
«Stanza è una parola importante nella vita», insiste. «Vuol dire tanto: poesia, canzone, libertà».
Tutti in piedi per tributargli l’applauso commosso. È al maestro di vita che fa della musica e della malattia il pentagramma su cui librarsi alla ricerca di senso.
Renato anche tu sei maestro di vita nel toccare il cuore, sai cogliere con la tua sensibilità ogni emozione che una persona manifesta e la sai con le tue parole comunicare agli altri. Grazie