Un “calzino” rivoltato?

Dannatamente si concretizzano le maledizioni.  Si avverano con una tale precisione che non serve crearsi ansia ad aspettarle.

Il male cagionato è spesso pagato con medaglie di ghiaccio che si sciolgono al primo sole, oppure con altro male decuplicato, assai più acerbo di quello arrecato.

Questa forma di maledizione il più delle volte viene ignorata da chi, a battenti, frenetici impulsi, attutisce, senza recepirli, quelli emessi dal batacchio, sul bronzo della “fatalità”. È la disgrazia contro cui va sempre a cozzare il “treno” dell’imprudenza, dell’avventatezza e del modo sconsiderato di porsi, di agire senza ponderare il da farsi.

Oggi, il “treno” in questione è tutto in discesa e con i dispositivi frenanti fuori uso: solo un robusto, isolato binario morto ne potrebbe attutire l’impatto della sua maldestra, frenetica corsa.

Evgenij Prigozhin, uomo sanguigno, collerico e imprevedibile ha messo sul conto di Vladimir Putin la sua “mal parata” ricevuta in Ucraina e ha deciso di andare direttamente a Mosca per la quietanza?

Tutto quel che emerge dagli eventi in corso rimane oltremodo nella caligine di loquele spropositate, dalle quali ogni congettura presa in esame si dissolve prima di prendere forma e sostanza.

La facoltà rimasta di pensare a possibili sviluppi positivi, rimane impantanata nel solo fotografare le “personalità” in gioco: di nessun valore raccomandabile.

E se tutto ciò risultasse, poi, una gaffe oppure un tranello per chiudere la partita in favore della Russia e a spese dell’Ucraina? Non sarebbe idea da scartare visto i precedenti: prima con Napoleone e poi con Hitler. Sì, perché lo scenario che si sta presentando a Zelensky potrebbe invogliarlo a fare passi azzardati verso territori russi per cadere tra le unghie del carnefice.

Non farebbe nemmeno una grinza pensare allo zampino degli USA in tutta questa faccenda. Potrebbe aver avvicinato il capo della Wagner e gli avrebbe promesso di aiutarlo a salire sul trono che fu degli Zar e, allo stesso tempo pagare gli stipendi ai suoi rimanenti scarcerati galeotti.

E se la decisione presa da Prigozhin fosse stata dettata, non da arrivismo politico ma dalla scelta di giocarsi l’ultima carta da vivo e da libero, visto che per ciò che ha intrapreso rischia fino a vent’anni di galera?

Il fatto che il gruppo Wagner sia arrivato a Rostov e abbia preso, senza sparare un colpo e senza provocare incidenti, la Centrale dello Stato Maggiore per la guerra in Ucraina, farebbe pensare a una intesa esistente tra l’armata rossa e il, così definito, cuoco di Putin. Se così fosse, sarebbe il piatto di gulasch preparatogli,  dal sapore acuto, pungente… cucinato non dal suo cuoco, ma dalla maggior parte dei russi che non vogliono più la massa di lenoni oligarchi che han fatto della Russia un inferno esistenziale.

E se fosse una vera farsa? Recitata tragicamente per intorbidire un pantano di bugiardi in malaffare, dove l’unica fase di chiaro è rappresentata da una ghigliottina sospesa sul nostro mondo, malato da egoismi? La storia di un “calzino rivoltato”…?

Vincenzo Monti, In morte di Ugo Bassville canto II a riguardo del regicidio di Luigi XVI scriveva:-…E si dolse che, misto a quel del padre/quello pur anche non scorreva, ahi rabbia! del regal figlio e dell’augusta madre…

È il popolo spettatore che aspetta la fine di ogni tragedia e, a secondo lo stato d’animo si sceglie un finale consono alle sue aspettative. Ad essere sensati è meglio non programmarsi altra fine se non quella di veder rinsaviti gli “attori” di simili tragedie e affidarsi nelle mani di Dio.

Giovanni Pascoli, ne “I due fanciulli” scrive:- Pace, fratelli! E fate che le braccia/ ch’ora o poi tenderete ai più vicini,/ non sappiano la lotta e la minaccia, ma veda voi dormir nei lini placidi e bianchi…

“In pace i figli seppelliscono i padri, mentre in guerra sono i padri a seppellire i figli” (Erodoto)


FonteGovernment of the Russian Federation, CC BY 3.0 , via Wikimedia Commons
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Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.