“Eterik” è un progetto sperimentale guidato dal batterista e percussionista Marcello Spallucci. In questo primo lavoro, “The Helix Code”, pubblicato per l’etichetta indipendente Dyaphana Records, si intrecciano svariate influenze musicali, che spaziano da etniche e ancestrali suggestioni world, a ruvide sonorità elettroniche. Quello che emerge è una sintesi espressiva operata nel solco della sua personale sensibilità. Batteria, tamburi a cornice, campane tibetane, e idiofoni inconsueti si fondono con linee ipnotiche di Synth e Bass Station. Sei brani, in cui influssi stilistici variegati si incontrano per creare scenari sonori catartici e di potente impatto emotivo. Un flusso espressivo in cui strutture ritmiche e compositive ben articolate coesistono con un’innata componente improvvisativa. A spiegarcelo è lo stesso Marcello:

Ciao, Marcello. In cosa consiste il progetto sperimentale “Eterik”?

Eterik è un progetto sperimentale in cui ho provato a operare una sintesi espressiva, nel solco della mia personale sensibilità, del lavoro di ricerca portato avanti negli ultimi anni. Il mio intento era far convergere influssi stilistici variegati per creare scenari sonori catartici e di potente impatto emotivo. La mia idea era quella di un flusso espressivo in cui strutture ritmiche e compositive ben articolate potessero coesistere con una forte componente improvvisativa.

Quali sono le influenze musicali presenti nel tuo primo lavoro, “The Helix Code”?

Le influenze di questo primo EP sono diverse. Spazio da suggestioni etniche e ancestrali di matrice world, come ad esempio emerge nei brani “Breeze” e “Blue Tempest”, a strutture ritmiche di estrazione jungle e drum’n’bass, come accade nel brano “Messier 77”. Batteria, tamburi a cornice, campane tibetane, e idiofoni inconsueti si fondono con ruvide linee elettroniche di Synth e Bass Station. In questo senso sono molto soddisfatto del lavoro svolto in studio da Claudio Colaluce per le riprese ed il mix, e da Tommy Bianchi per il master, che hanno bilanciato queste sonorità con grande competenza.

Perchè, nella tua vita, hai scelto proprio batteria e percussioni come strumenti di espressione artistica?

Il mio primo approccio con le percussioni è stato con il djembe’, per un’innata propensione ritmica. L’approdo alla batteria è stato consequenziale, e in un certo senso naturale, all’età di 13 anni. Penso che ad attrarmi sia stata la grande libertà espressiva che associavo a questo strumento, complesso, con un’importante storia evolutiva alle spalle, ma per molti aspetti “immediato”, e che ovviamente si inseriva nell’immaginario dei miei ascolti rock di quella fase. L’interesse per lo studio della musica è poi divenuto sempre più intenso e predominante, in particolar modo dopo l’incontro con il jazz, anche per merito dei miei validissimi insegnanti, che hanno sempre rinnovato e alimentato questo entusiasmo.

Progetti futuri?

Oltre ai concerti già in agenda, comunicati regolarmente sulle mie pagine social, sono in cantiere nuove composizioni per il progetto Eterik, che spero di proporre al più presto dal vivo. Inoltre sono all’opera per la registrazione di un lavoro in quartetto!


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.