TEMPO SCADUTO

Il cambiamento climatico sembra essere giunto alla sua fase irreversibile e gli impegni (timidi) dei vari Paesi non hanno portato a un’inversione di tendenza.

Nella tradizione ebraico cristiana l’uomo è la creatura per eccellenza del Paradiso Terrestre. La perfezione non è un’autocelebrazione edonistica della somiglianza al Creatore, ma diviene un impegno a essere custode di tutta la Natura. È interessante questo tipo di lettura, soprattutto alla luce degli sconvolgimenti climatici che oramai sono sotto gli occhi di tutti e che hanno sul nostro ambiente ripercussioni altamente dannose. Facciamo degli esempi a dir poco indicativi e recenti: nei giorni scorsi la colonnina di mercurio a Londra e dintorni ha raggiunto i 31 gradi, con punte che nei prossimi giorni potrebbero toccare i 40 gradi. Qualcuno potrebbe far notare che tali temperature sono normali in estate. Forse nel Sud Europa, ma in Gran Bretagna sono alquanto eccezionali, tanto da produrre nel Paese d’Oltremanica il panico generalizzato. Per affrontare la grave calamità è stato convocato il “COBRA”, il comitato per le situazioni di emergenza.

Il prossimo 28 luglio sarà “celebrata” l’Earth Overshooting day, il giorno in cui la terra avrà consumato tutte le risorse che dovrebbero essere a disposizione per 365 giorni. Invece lo scorso 15 maggio si è ricordato il Country Overshooting Day, ovvero il giorno di superamento se tutta l’umanità consumasse come gli italiani.

Tutti abbiamo appreso della notizia dello scioglimento del ghiacciaio della Marmolada, effetto immediato dell’aumento della temperatura che sta mettendo a rischio i nostri ghiacciai, che ha provocato diverse vittime. I nostri ghiacciai sono in agonia, a causa dell’aumento della temperatura e degli inverni siccitosi, proprio come l’ultimo, che non ha dato il giusto apporto di neve. Ed è proprio la siccità che sta tormentando il Nord Italia con i corsi d’acqua in seria sofferenza. Emblematico è quello che è avvenuto al Po che è stato letteralmente invaso dalle acque salmastre dell’Adriatico, per oltre trenta chilometri. Mai accaduto prima. E si potrebbe andare avanti, con una lista di fenomeni innaturali, oserei dire, che scaturiscono dalla perdita di visione e di controllo del “custode del Creato”.

Eppure, l’emergenza ecologica non si è imposta nell’ultimo decennio, come reazione alla recrudescenza dei  catastrofici eventi naturali. Negli anni’80 a preoccupare gli Stati ci aveva pensato il buco dell’ozono, i quali reagirono in fretta per ridurre lo strappo, a partire dalla Conferenza di Montreal del 1987. L’impegno dei vari Paesi ha portato a un recupero dello strato di ozono.

Ci furono le varie Conferenze sull’ambiente, quella di Rio del 1992 e di Kyoto del 1997, a mettere in risalto l’importanza di un intervento da parte della comunità mondiale, in particolare la Conferenza ONU di Kyoto ha stabilito un limite dell’emissione dei gas serra. Il Protocollo conseguente è entrato in vigore solo nel 2005. Ben otto anni dopo. Tempo sprecato. Per capire quanto gli interessi economici contino più del bene del mondo, basti considerare la non ratifica degli USA che producono più del 30% di emissioni gas serra. Cina e India, pur avendo firmato e ratificato l’accordo, hanno deciso di non aderire agli obblighi perché non responsabili in origine delle emissioni. Oggi contribuiscono al disastro con quote allarmanti.

Successivamente l’Accordo sul Clima di Parigi ha fissato per gli Stati l’obiettivo di ridurre  le emissioni, a prescindere dal fatto se lo Stato sia industrializzato o in via di sviluppo. È entrato in vigore il 4 novembre 2016 con la ratifica del 55% degli Stati firmatari.

Alla COP26 di Glasgow i Paesi hanno ripreso la discussione a partire dai punti già espressi nelle precedenti Conferenze. Oltre alle emissioni, l’obiettivo dei Paesi è quello di ridurre l’aumento della temperatura da 2 a 1,5 gradi. In questa occasione si è evidenziato l’ostracismo da parte dell’India nel dover rinunciare al mercato del carbone.

“Nonostante i buoni progressi, occorre fare di più” si legge sul sito Consilium della UE. La sensazione è che la tutela dell’ambiente resti un argomento pour parler, facile preda di speculazioni politiche evanescenti e di profeti che gridano nel deserto di una ridondante indifferenza, dietro i quali si nascondono personaggi oscuri con fini finanziari, distanti dalla reale soluzione della situazione.

Anche da noi il problema viene continuamente sottovalutato o relegato all’evidenza delle disgrazie. Qualche anno fa mi è capitato di sbirciare tra i siti di alcune scuole del Nord Europa che includono una sezione dedicata ai “Climate Changing”, dimostrando una particolare attenzione al tema. In Italia la discussione dovrebbe divenire strutturale, soprattutto a partire dalle scuole. E di questa omissione, che poteva essere solo una sensazione, ne ha dato conferma L’UNESCO, che nell’autunno scorso aveva riferito che solo il 53% dei programmi affronta il problema, con il solo 40% degli insegnanti in grado di poter affrontare una tematica così cruciale per il nostro Paese e per il mondo. Il cambiamento climatico significherebbe lo scioglimento dei ghiacciai alpini, l’innalzamento dell’acqua a Venezia, che sarebbe sommersa dal mare entro il 2050, e l’avanzamento della desertificazione  a partire dal Sud. Non bisogna andare lontano dai nostri confini per capire che il tempo è scaduto e che l’umanità rischierà di subire pesanti conseguenze. Il custode si è tramutato in un torturatore egoista e imperturbabile, a cui non verrà concessa l’occasione di poter abitare un’altra terra e che probabilmente, nella migliore delle ipotesi, dovrà mettere in atto una maggiore predisposizione all’adattamento, lo stesso atteggiamento alla tragedia che oramai gli Stati hanno assunto in questo ultimo periodo storico.