Dove si va a finire se l’intelligenza umana nei primi anni di vita viene messa a contatto con l’IA, in competizione con l’IA, al servizio dell’IA ?

Qualcuno forse ricorda il gioco delle cinque pietre. Forse qualcuno lo pratica ancora. Il gioco più essenziale del mondo: bastava trovare cinque pietre non troppo grandi, non troppo aguzze, adeguate alla grandezza delle mani dei bambini. Si giocava normalmente per strada. Alla fine le cinque pietre venivano nascoste da qualche parte per riusarle il giorno dopo. È un  gioco che non costa niente, ma permette di sviluppare la destrezza, “la manualità”. Bisogna saper contare almeno da uno a cinque, bisogna ricordarsi bene la sequenza delle fasi di gioco. Il regolamento è un po’ complicato da spiegare, ci vorrebbe una pagina intera di testo, ma un bambino di cinque/sei anni impara molto velocemente e impara molte cose con strumenti semplicissimi e poco costosi: cinque pietre e le due mani.

L’intelligenza artificiale, IA, sta già imperversando e lo farà ancora di più nei prossimi anni, così la pedagogia e la pratica scolastica rivolte ai bambini e ai preadolescenti sono davanti ad una sfida cruciale: dove si va a finire se l’intelligenza umana nei primi anni di vita viene messa a contatto con l’IA, in competizione con l’IA, al servizio dell’IA ?

Ovviamente il discorso è diverso se parliamo di educazione degli adulti o di addestramento tecnico-professionale, ma per la formazione nei primi anni di vita l’introduzione nelle aule di robot e di quanto l’IA ci riserva è sconsigliabile perché l’IA fornisce strumenti molto sofisticati che richiedono minime competenze agli utilizzatori.

È  il contrario del gioco delle cinque pietre: lì molte abilità animano strumenti molto semplici; nell’IA strumenti molto sofisticati richiedono competenze primitive. Basta guardare le scimmie in laboratorio che usano i computer: clic, clic, clic.

Se in una classe in relazione con l’IA una mattina dovesse mancare la connessione a internet o ci fosse un problema alla rete elettrica probabilmente vedremmo bambini smarriti e inetti.

Il problema è che alcune scuole fanno già a gara per dimostrare di essere all’avanguardia perché si interessano precocemente di IA. Addirittura ci sono scuole dell’infanzia che vanno già in questa direzione, come del resto molti genitori. Il conformismo dilagante certo non aiuta, perché le scuole “manageriali” devono fare a gara a chi sta più “avanti”, in che direzione poi non si sa. Unica eccezione positiva forse è l’uso che dell’IA si fa nella didattica ripetitiva necessaria per i casi di difficoltà di apprendimento.

Che fare? Per rispondere riferirò una piccola esperienza. Qualche anno fa visitai il Liceo “Parini” di Milano, anno di fondazione 1774. Nei corridoi, epigrafi che ricordano gloriosi studenti. Fa piacere ricordarne qualcuno: Alessandro Manzoni, Carlo Cattaneo, Pio Ràina, Francesco D’Ovidio, Luigi Rostagni, Antonio Banfi, Mario Untersteiner, Luigi Castiglioni, Cesare Musatti, Carlo Tenca, Francesco Vallardi, Luciano Manara, Carlo Emilio Gadda, Dino Buzzati, Cesare Cases,  Franca Valeri, Walter Tobagi.

Visitate alcune aule, mi accorsi che non c’erano le tanto celebrate lavagne interattive. C’erano le lavagne nere e i gessi bianchi. “Come mai?” La risposta fu: ”I genitori dicono che a casa di tecnologie ce n’è già abbastanza. A scuola bisogna fare altro”.

Le scuole, singolarmente, devono stabilire la distanza critica nei confronti dell’IA, così come avrebbero dovuto fare con l’informatica. Ci vuole coraggio e autonomia di giudizio!

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Sono nato a Barletta nel 1956; ho insegnato Lettere per 23 anni e sono stato dirigente scolastico dal 2007 al 2023. Mi sono dedicato allo studio di vari aspetti della storia locale e sono membro della Società di storia patria per la Puglia; ho censito, trascritto e tradotto le epigrafi di Barletta. Per i tipi della Rotas ho pubblicato il romanzo-saggio “Ricognizioni al giro di boa”. Da molti anni mi interesso di religioni (specialmente il Buddhismo Mahayana) e di dialogo interreligioso. Ho avuto la fortuna di avere tre figli e ora di essere anche nonno! Da settembre 2023 sono in pensione: si dice tecnicamente "in quiescenza" ma è un po' difficile fermarsi. Gioco a tennis, mi piace molto viaggiare e credo molto nel lifelong learning. Sono stato cooptato in Odysseo da Paolo Farina :) e gli sono grato per avermi offerto uno spazio per parlare di scuola (e non solo) fuori dall’ambito formale/ istituzionale.