Contro ogni scivolamento nella “scienza fai da te”

In questi ultimi anni si assiste in Italia da più parti al bisogno di conoscere e di ‘raccontare la scienza’ più in profondità di quanto sia avvenuto anche nel passato più recente sotto la spinta da un lato di fenomeni globali che investono la nostra vita sul pianeta e dall’altro della presa di coscienza più o meno evidente della loro complessità; e dato che molti eventi che ci coinvolgono richiedono per una loro più adeguata risoluzione il supporto di decisioni prese in base alle conoscenze scientifiche disponibili, sta emergendo la necessità sia a pure a fatica di essere a più livelli, da quello istituzionale a quello individuale, ‘armati di scienza’, come recita il titolo di un recente libro di Elena Cattaneo. Sono così sorte diverse iniziative dal ‘Gruppo 2003 per la ricerca scientifica’, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca e finalizzato alla ‘rinascita della ricerca scientifica in Italia’,  a vari progetti come ‘Le voci della scienza’ portato avanti da alcune testate giornalistiche come Scienzainrete,  dall’Università di Milano con ‘La scienza racconta’ e dalla Scuola Internazionale di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste col ‘Convegno Nazionale di Comunicazione della Scienza’; nello stesso tempo in area cattolica presso diverse Facoltà Pontificie, anche grazie al diretto e non comune impegno sul terreno epistemologico di Giovanni Paolo II grazie alla presa in carico degli esiti del ‘Caso Galileo’ (Giovanni Paolo II: una via della complessità in discesa, Odysseo 20 settembre 2020), sono nati diversi progetti come il DISF.org (Documentazione Interdisciplinare Scienza e Fede e l’annesso DISF Educational) fondato da Giuseppe Tanzella-Nitti, Nuovo SEFIR (Scienza e Fede nell’Interpretazione del Reale),  il Master biennale in Scienza e Fede.

Tali iniziative hanno  l’obiettivo di educare a comprendere nel loro più giusto senso le pluriarticolate dinamiche poste in atto dalle conoscenze scientifiche e di fornire  strumenti  idonei per una loro  corretta comunicazione,  aspetto che si sta rivelando oltremodo strategico in questi ultimi tempi e che specialmente in Italia per varie ragioni storiche ha avuto un ruolo marginale, fatto non tenuto in debito conto; e questo è dovuto per lo più al predominio  nel corso del Novecento di filosofie di matrice neo-idealistica, ancora presenti sia pure sotto altre forme in diversi strati del panorama culturale italiano, dove non a caso si considera la scienza un sapere di serie B, anzi un non sapere e quindi non cultura, non provvisto di una sua specifica storia tale da far parte del bagaglio culturale di ognuno di noi. A tutto ciò si aggiunge il non trascurabile e sempre più invadente fenomeno, non facilmente controllabile, dell’avvento attraverso vari social di idee di fake news con tutto il loro portato ideologico che riescono facilmente ad imporsi se non si è provvisti di una adeguata educazione alla retta comprensione della storia del pensiero scientifico.

Per ovviare a tale stato di cose e per avere delle strategie più in grado di capire prima il senso razionale della scienza e il suo essere portatore di un pensiero forte per i molteplici lasciti veritativi, già  fatto messo in risalto da Giovanni Paolo II nell’Enciclica  Fides et Ratio, pur con tutti i suoi intrinseci limiti come di ogni avventura umana nel presentarsi come una continua navigazione nelle acque sempre incerte della conoscenza, per  poi  meglio trasmetterla, ci viene in aiuto una pubblicazione del Nuovo SEFIR e a cura di Marco Bernardoni, dal significativo titolo Le parole della scienza. Memoria e previsione, dato e informazione, tempo (Bologna, EDB Ed. Dehoniane, e-book 2021). Ma per meglio comprenderne la genesi è utile tenere presente delle  precedenti pubblicazioni apparse nella collana ‘Parole della scienza’, curate dallo stesso Bernardoni con Sergio Rondinara, come Teorie e  modelli (2015), Continuo e discreto (2016) e Forma e materia(2017),  e facenti parte  del progetto del primo SEFIR; ma c’è un altro volume non meno significativo, curato da G. Cicchese, dal titolo Macchine e futuro del 2015 dedicato all’impatto delle nuove tecnologie sulla vita umana, dove  è da segnalare il contributo di Sergio Rondinara (“Tecnica, futuro, interiorità”) incentrato non tanto sulla scienza in sé quanto sulla sua “deriva tecnologica”  col rovesciare però la prospettiva avanzata da Heidegger relativa al fatto che essa “scienza non pensa” in “la tecnologia pensa e agisce per noi”.

Per evitare  forme di alienazione tecnologica e che le macchine pur necessarie ‘pensino per noi’ e per ricostruire ab imis un ‘umanesimo tecnologico’ come avvertiva già Romano Guardini  negli anni ’50-’60, è necessario innanzitutto una profonda analisi delle teorie scientifiche, del portato storico-concettuale delle loro nozioni fondamentali e delle stesse parole, come fanno i contributori appartenenti ad ambiti diversi di Le parole della scienza; vengono presi in esame alcune di esse che   giocano un ruolo strategico nelle scienze attuali, dove prendono significati diversi, come dato, informazione, memoria, previsione, tempo. Esse sono dotate di specifici statuti epistemici che se da un lato arricchiscono di nuovi e forti contenuti veritativi la storia del pensiero umano una volta colti, dall’altro lato se lasciati andare nel loro flusso continuo, alla loro “comunicazione così rapida, leggera”  si cade, per usare un neologismo di Papa Francesco, quasi  in quel processo di “rapidazione” che le porta a diventare “liquide, senza consistenza”  e a perderne la linfa vitale;  ecco perché attraverso la riflessione critica ci si deve educare ad ogni livello  a cogliere questa “liquidità” e a “trasformarla” in una risorsa cognitiva ed insieme esistenziale per  far fonte ai continui cambiamenti in atto e “abituarsi al dialogo a questa velocità”. Ritorna così la forte idea, apprezzata a suo tempo e forse di più  da alcuni non credenti come Boris Pasternak avanzata da Pierre Teilhard de Chardin, che una teoria, un concetto, una parola in uso nel ricco e a volte contraddittorio vocabolario messo in atto dalle scienze se ‘ben compresi’, grazie all’aiuto della  concomitante riflessione filosofica, nutrono di valori veritativi la nostra ragione e per chi crede ‘la stessa vita religiosa’ anche se questo comporta, come è successo con Galileo, dei capovolgimenti ermeneutici di non poco conto.

Per questo risultano ancora attuali l’impegno e i punti di vista  dell’astronomo e gesuita Angelo Secchi (1818-1879), analizzati  da Giuseppe Tanzella-Nitti nel suo contributo in Le parole della scienza, che nel celebrarne il bicentenario della nascita, rilegge alla luce dei dibattiti odierni in campo filosofico-scientifico e teologico l’opera fondamentale del 1864 L’unità delle forze fisiche, dove emerge con forza una visione unitaria della scienza fisica dove radiazione, elettricità come anche la struttura atomica della materia e dello stesso cosmo è ridotta al movimento, come è sviluppato  in Le stelle. Saggio di astronomia siderale del 1877.  Tale sforzo unitario, per l’epoca ancora poco praticato, attirò l’attenzione di F. Engels nella sua Dialettica della natura, dove Secchi, come evidenzia Tanzella-Nitti, viene citato  ben undici volte solo dopo Darwin, Newton ed Helmholtz  per non aver fatto ricorso ad una causa esterna per spiegare questa unità di fondo delle leggi della natura; ma fu anche il motivo del suo attrito cogli ambienti ecclesiastici  dove anche per gli studi chimici e sulla teoria atomica della materia il suo sforzo, indirizzato ad una fisica dove struttura e forze della materia erano messi insieme senza ricorrere al quadro metafisico del rapporto tra Causa prima e cause secondarie, veniva considerato fuori dai binari dell’impostazione neo-tomista tale da voler chiudere l’Osservatorio del Collegio Romano sino all’accusa di essere un libero pensatore e autonomo dalla Chiesa.

Ma giustamente Tanzella-Nitti colloca il pensiero e le riflessioni filosofico-scientifiche di Secchi nell’alveo della Teologia naturale del ‘700, dove da più parti e soprattutto in area inglese venne a svilupparsi un’area di ricerca chiamata ‘fisico-teologia’ con una particolare presa in carico dei risultati newtoniani; ma nelle pagine e nella strategia di Padre Sechi non si annidano  le “tentazioni del concordismo” presenti  nella fisico-teologia e cioè tese a trovare nelle verità della scienza la conferma delle verità della fede, del resto poi non a caso considerate vere e proprie ‘insidie epistemologiche’ dallo stesso Giovanni Paolo II. Ma quella che da Tanzella-Nitti viene considerata quasi una “filosofia spontanea” portò Secchi all’idea che pur riportando al moto unitario della materia tutta la struttura del cosmo, ciò non significa che la materia sia sufficiente a comprendere l’universo e che va legata all’intenzionalità di un Creatore anche per capire la fenomenologia dei viventi e del pensiero umano proprio in un periodo dove il confronto creazione/evoluzione era ancora agli inizi.

Ma oltre all’idea di “non rivolgersi alla Scrittura e alla teologia per chiarire il senso e la portata della scienza”, ciò che rende il punto di vista di Secchi ancora più attuale per Tanzella-Nitti, come del resto quello di un altro gesuita Antonio Stoppani espresso  in un’opera del 1884 Il dogma e le scienze positive, è quello  di “combattere la scienza con la scienza”, le false credenze e le pseudoscienze  con i contenuti veritativi in essa impliciti ben chiariti che si può tradurre oggi in ‘educare alla scienza con la scienza’ stessa; ma questo comporta in primis di prendere atto che il lavoro scientifico, come lo stesso Secchi e la maggior parte degli scienziati ci insegnano,  porta all’umiltà conoscitiva e cioè pur sapendo molto, si conosce ancora molto poco donde l’incertezza di fondo che il sano pensiero scientifico ci trasmette, fatto che non viene spiegato adeguatamente su cui poi si incunea il flusso di fake news.  Per gli scienziati credenti poi, come Secchi, il lavoro scientifico viene associato alla contemplazione e alla preghiera, come ad esempio avviene nell’ Inno alla Materia da parte di Teilhard de Chardin, non scisso dal senso aristotelico della meraviglia da cui esso parte e dallo stupore nei confronti del reale nel senso di Pavel Florenskij.

In piena era positivistica, ma senza cadere in forme di scientismo in cui caddero diversi uomini di scienza non credenti, anche negli ambienti cattolici da parte di alcune figure, che ritenevano strategico il rapporto tra scienza e fede, si arrivò all’idea di rendere la scienza un sapere a disposizione di tutti e di considerare la conoscenza scientifica un diritto; non a caso   a Torino, ad esempio, il Beato Faà di Bruno  riteneva necessario, come sottolinea Giuseppe Tanzella-Nitti, avviare un percorso teso ad una retta divulgazione scientifica ed impiegare le stesse chiese come osservatori astronomici e posti per dibattere i problemi più cogenti che sorgevano dentro le scienze e non a caso cercò di coinvolgere Angelo Secchi in conferenze da tenere nella Chiesa di Santa Maria del Suffragio. Per questo, lavori come Le parole della scienza e altre iniziative portate avanti in questi ultimi tempi ed imperniate su strategie tese alla divulgazione scientifica da non considerare più una cenerentola, ma un vero e proprio percorso culturale ad ampio raggio, sono necessari per educarci a pensare con le scienze e attraverso di esse, a combattere le stesse derive a cui spesso vengono sottoposte; e ritornano sempre attuali le indicazioni di Karl Jaspers che assegnava, sulla scia kantiana, alla riflessione filosofica il ruolo non secondario di fare in modo che le scienze non scivolino in posizioni totalitarie in quanto soggette come ogni cosa umana, a manipolazioni di vario genere e sempre in agguato. E per combatterle adeguatamente, l’unico ‘rimedio razionale’, a dirla con Hélène Metzger, è quello di combatterle con la presa di coscienza del carattere veritativo di ogni scienza e delle sue ‘parole’ pur se adagiate su un plafond storico; e questa è la posta in gioco dell’educazione e divulgazione scientifiche che spesso non viene chiarita col lasciare libero spazio ad una ‘rapidazione’ quasi consumistica.


FontePhoto by Ramón Salinero on Unsplash
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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.