Di cosa vogliamo parlare?
Non ho molto da dire a chi mi chiede di parlare davanti un bicchiere di vino in compagnia e sicuramente sbaglio. Mi espongo alla patologica deriva morale che non ha giustamente psicoterapia.
Rischieremo solo di discutere di altri uomini, che mangiano in altre tavole, sempre più velocemente e in solitudine, della disciplina ferrea autolesionista di diete e prestazioni fisiche performanti. La tavola è luogo dell’incontro con l’altro che oramai si evita per non perdere la perfezione del corpo decisa dalle nuove regole dell’apparenza sociale: entrano muscoli ed esce cuore. Siamo umanamente “vergognosi”, scegliamo la solitudine della bellezza esteriore e della perfezione fisica, ci avviamo spavaldi, incoscienti, incontro alla morte della nostra vita interiore.
Soffriamo come tanti Pinocchio. E spiego il perché.
Mi chiedo da sempre, amando profondamente questa favola, se Pinocchio in realtà diventando umano, in carne e ossa, acquisti veramente la libertà o la perda assieme alla forza del legno da cui Geppetto lo aveva modellato. La risposta è negativa, gli conveniva restare di legno e non conoscere l’amore fugace, veloce, di una fata Turchina che lo avrebbe abbandonato non appena trasformato.
Ecco noi siamo il fantasma di una vita umana che ha perso la forza della propria consistenza. Desideri inconfessabili, spinti nell’inconscio, ci consumano ogni giorno. Il trauma immaturo di ciò che non abbiamo ancora, non l’accontentarsi di ciò che si ha.
E la vita diventa un fottutissimo religioso rotolare “tra due nulla”, quello della nascita e quello della morte. Torna il giusto pensiero nichilista di un Nietzsche troppo spesso, erroneamente, eretto ispiratore del fascismo e del nazismo. I mediocri fanno proprio l’altrui genio.
Mi rendo sempre più conto che il mondo è popolato da poveri cristi e figli di puttana: entrambi come criceti intrappolati in una ruota che trasforma i primi nei secondi e viceversa.
Entrambi ostaggi della dittatura dell’algoritmo, del principio fallico della prestazione, del godimento frettoloso e sregolato, prima che arrivino altri.
Farmaci, farmaci per bonificare l’angoscia e l’ansia. L’uomo non è la misura di tutte le cose, tantomeno del mondo. E quella di poter essere padroni di qualcosa è solo una illusione. Tutto si consuma, termina, tuttavia la morte che tutti temiamo non è distruzione della vita ma solo uno dei tanti nomi di essa.
Se ne può fare qualsiasi uso: aiutare, chiedere, supplicare, consolare, piangere, ridere, accarezzare, picchiare, perdonare e vendicarsi. È solo una.
Non va sprecata alzando lo sguardo su di un cielo vuoto, il cui colore è rotto da missili o razzi sparati dal rancore geopolitico che avrebbe all’istante ucciso persino il dio più potente.
Non esiste più nessuna Alleanza col bene e il giusto: ebrei, mussulmani, induisti, buddisti. Speranze ridotte ad appartenenze temporanee, a sudditanze spirituali di convenienza.
È fatica inutile alzare sospirando gli occhi al cielo o puntando un dito, grattando come bambini le nuvole, illudersi di scorgere qualcosa o qualcuno. Qualsiasi cosa sia alla fine la sporchiamo, ci caghiamo sopra chili di ego.
Il tutto termina con un AMEN!?!?!?
✌