“Un solo uomo che pratica la bontà nelle solitudini vale tutti i templi di questo mondo.”
(Jack Kerouac)

Guardavo il mare: blu intenso, rotondo, commovente. La mente lascia i suoi dettami, nessun calcolo, solo un naturale fluire della coscienza e ricordi a caso.

Ho pensato alla bontà, frettolosamente archiviata, come già spiegata; come se il cuore avesse la possibilità di pensare ad altro. Purtroppo la bontà è stata confusa con la stupidaggine, la debolezza, la mancanza di carattere, segni di qualcuno a cui va bene tutto e non conosce discriminazione tra giusto e sbagliato.

Stranamente e senza soluzione di continuità, gli ultimi anni hanno visto proliferare corsi sullautostima, nemmeno tutti di qualità. Ma bontà e amor proprio possono convivere? A tal proposito penso che la bontà, addirittura, sia un valore-humus necessario per costruire un individuo migliore.

Il punto è che autostima non è sinonimo di amor proprio, mentre egoismo e bontà danimo sono incompatibili.

Una sana autostima non si impone, né si insegna  con formule ed assiomi psicologici; ancor meno funzionano rituali magico esoterici, perché la maturazione dell’autostima ha bisogno di tempo, come i frutti, per sanare i graffi dell’anima e riconoscere le emozioni.

Gli uomini buoni e consapevoli esistono e sono gli uomini di fascino, luce, carattere, carisma. Sono uomini di sguardi e parole, quelli che passano e trapassano, quelli che restano.

La bontà, è lei il punto a cui mi ha portata lo sguardo fisso sul mare: Jean Jack Rousseau diceva che luomo è buono per natura ed è  la società a corromperlo. O il suo successivo attaccamento alle convenzioni sociali, direi io: quello che troppo facilmente fa confondere… sono buono, il bene comune è da sempre il mio interesse primario, eppure i miei slanci nutrono il mio ego, prima di nutrire il prossimo.

Ed è subito squilibrio.

Ecco perché penso nessuno di noi possa permettersi di dimenticare la nostra parte innata e sepolta da valanghe di interessi, preconcetti, esperienze, delusioni.

Questo momento storico, che non è necessariamente quello del mondo, ma parte da quello di ciascuno, sta svelando che i modelli sociali e spirituali tentano di imitare (male) una primordiale integrità già inscritta biologicamente ed ontologicamente in ognuno di noi.

Quindi smettiamo di mettere in dubbio se sia o meno conveniente essere buoni; cerchiamo di essere onesti e riconoscere tutte le volte in cui confondiamo l’essere buoni anche e prima per il nostro ego, con l’esserlo gratuitamente ed esaltiamo (perché possiamo farlo), ciò che di meglio può darci questo nostro meraviglioso status di esseri umani.


FontePhotocredits: pixabay.com
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.