Gioia è oggi mettere in luce la storia di un personaggio vissuto nel pieno ‘600, essendo nato nel 1628 e vissuto a lungo. Mi piace ricordarlo perché è una storia esemplare non solo per la sua epoca storica, ma anche per noi oggi. Mi interessa mettere in risalto la sua vittoria, il suo riscatto .
Dovrei dirvi di chi sto parlando! Ma ho voglia di rendere diverso l’atteggiamento del lettore, farò dopo il suo nome.
Nacque più di 400 anni fa, e ho idea che oggi l’atteggiamento verso di lui sarebbe analogo a quello da lui subito allora. Nato primogenito maschio in una famiglia con tanti fratelli come gli spettavano gli onori di primogenitura, ma fu messo da parte e nascosto perché la sua persona non rispettava i canoni richiesti.
Poi, fortunatamente, ebbe l’opportunità di redimersi e divenne esempio per molti. La sua infanzia fu diversa, nascosta, senza amore, sicuramente piena di dolore, ma poi ha vissuto con grande umanità senza rancore. Dotato di grande intelligenza, che lo aveva aiutato ad accettare la sua infermità, si definiva “uomo privilegiato in vita dalla nascita e dalla fortuna”.
Sto girando intorno alla figura di Emanuele Filiberto Savoia-Carignano, figlio del Principe Tommaso Savoia-Carignano e della Principessa Maria di Borbone-Soisson.
Personaggio affascinante con un brutto nomignolo: “il muto”, che non rende onore alla sua modernità e alla sua ossatura. La sua sordità, infatti, non gli ha impedito di vivere una vita lunga e attiva.
La madre, Maria di Borbone, lo nascondeva, lo considerava “un castigo di Dio”, un’offesa alla sua dignità di madre e di principessa di sangue reale. Considerato stupido, strano perché sordo e quindi muto, lo diseredò e si appropriò anche degli arredi e delle suppellettili dei palazzi di famiglia che gli spettavano per diritto successorio. Tentò di levargli tutto ciò che gli spettava per diritto ereditario ed i titoli nobiliari che gli spettavano per legge salica.
Per ragioni istituzionali, la principessa madre con tutti i figli andò a Madrid, dove un prete, don Manuel Ramirez de Carrion, ispirato da saggezza, si occupava di ragazzi sordi: amandoli e osservandoli, capì che attraverso dei segni convenzionali e la lettura labiale anche questi ragazzi potevano comunicare e imparare. Fu questo un primo esempio storico di riabilitazione.
Emanuele Filiberto fu tra i suoi allievi e la sua caparbietà gli permise di iniziare una vita molto intensa. Imparò, quindi, anche a saper scrivere e leggere, a comprendere e a farsi comprendere.
Attraverso la cultura conquistò la stima della sua famiglia Savoia Carignano che, a differenza della famiglia materna, lo aveva sempre protetto e ritenuto dotato di notevoli capacità personali essendo, tra l’altro, tra i primi nella linea di successione al trono ducale del Piemonte.
Continuò la sua preparazione nelle discipline letterarie e storiche sotto la guida del sacerdote Emanuele Tesauro, precettore molto importante e colto, che lo seguì fino alla sua morte. Imparò a capire e farsi capire in quattro lingue così ebbe alti incarichi politici e amministrativi, come la temporanea luogotenenza generale del Piemonte sotto il duca Carlo Emanuele II.
Fu un uomo di grandi valori umani e la casa Savoia Carignano voleva lui come successore al trono. Doveva quindi necessariamente sposarsi per provvedere al mantenimento della dinastia.
Il suo temperamento e la sua disabilità furono messe a dura prova, districarsi tra tutte le principesse proposte al fine di stringere legami con la Francia lo turbava. Lui, abituato a dover affrontare la vita in maniera alternativa, cercò una moglie italiana e quasi di nascosto sposò la bella Caterina d‘Este. Fu per questo mandato in esilio alle porte di Bologna. Soffrì molto, ma dopo poco fu riammesso in Piemonte. Fu riammesso grazie al perdono dei Francesi che videro in lui una persona malata.
Vero è che la sua vita è stata colpita dalla infermità, e vero è che non sempre fu amato per la sua modernità di pensiero, di uomo colto e altero, ma ci lascia una storia affascinate ed esemplare. Guardare la vita di Emanuele Filiberto con gli occhi di oggi, dove la disabilità è considerata un ingombro sociale e dove spesso viene messa da parte, ci rende uomini del ‘600, ma le storie di successo e riscatto sono fortunatamente molte di più anche se le battaglie sono, mi sembra, similari.
Se nel ‘600 ci fu un personaggio che ruppe i canoni delle abitudini nei confronti della disabilità dovremmo a maggior ragione oggi, con più mezzi, considerare chi ha problemi con maggior rispetto e soprattutto con un atteggiamento diverso, meno “disabile”.