In questo volume di Paolo Farina l’uomo e Dio si cercano, in un rincorrersi virtuoso in cui l’uomo pone delle domande e Dio gli va instancabilmente incontro, cercando una relazione diretta e concreta con lui: Quaerens me sedisti lassus (cercando me, ti sei seduto stanco).
Nell’intenzione dell’autore, Dire l’uomo dire di Dio (EtEt Edizioni, Andria 2014)si propone di presentare una parola sull’uomo che sia, in realtà, una parola di Dio sull’uomo; una parola da e nell’uomo Gesù Cristo, per e con l’uomo del XXI secolo.
Perché e per chi questo libro? Un libro per tutti, scritto nel tentativo di dare una risposta all’imperativo categorico che il primo Papa, Pietro, ha voluto affidare a ciascuno dei cristiani e che nessuno di noi, a dispetto delle nostre miserie, dovrebbe mai dimenticare: «Dare ragione della speranza che è in noi» (cf. 1 Pt 3,15).
Dare ragione è in realtà il compito primo della teologia, nel suo essere scienza a servizio della fede, una scienza a servizio della speranza che è in noi.
Un manuale di teologia, dunque, ma del tutto originale, lontano dalla severità accademica, che dialoga con il lettore e lo raggiunge nel cuore della sua umanità. Una “teologia da laici”, non solo per specialisti, che nasce dall’esperienza di vita di chi scrive, che ripropone innanzitutto le sue domande di fede ed il cammino di ricerca compiuto durante l’attività di docenza, insieme agli studenti. Un tentativo, peraltro ben riuscito, di rendere la materia accessibile anche ai profani, a coloro che credono di dover “restare fuori”, per manifesto disinteresse o per pretesa indegnità personale. E che magari sono “più dentro” di quanti si ritengono “fedeli”.
Al centro della riflessione teologica sull’uomo, che si sviluppa nei nove capitoli del testo, c’è Cristo, secondo la lezione del Concilio Vaticano II, che il teologo Franco Giulio Brambilla definisce come “l’approdo contemporaneo” della riflessione antropologica.
Non si può trascurare il riferimento costante al vissuto ed alla riflessione credente di Simone Weil. Il nome di questa donna sembra, infatti, quasi costellare ogni parte di questo manuale, con la sua esperienza, singolarmente capace di evocare l’inquietudine che travaglia la contemporaneità e dono che illumina gli occhi della fede e quelli della ragione, nel loro indistinguibile richiamarsi.
In copertina, l’Icona dell’Amicizia (icona copta del VII sec.), che, secondo la suggestiva interpretazione di Frère Roger di Taizé, mostra il Cristo che posa il suo braccio sulla spalla di un amico sconosciuto. Quell’amico sconosciuto è ognuno di noi, è l’uomo che Gesù è venuto a cercare, per condividerne il cammino e sostenerne la fatica, non ponendosi di fronte o più in alto, ma accanto.