Un giorno gli uomini saranno capaci di spingere il loro sguardo lontanissimo…

Socrate: Timeo, Timeo…Ma perché continui a tormentarti? Perché guardi sempre le preoccupazioni dell’animo tuo e non spingi il tuo sguardo oltre, verso altri lidi?

Timeo: Socrate, amico mio e maestro. Non fosti tu a cercare forse la verità dentro noi? Ecco, da quando ho compreso che nessun uomo può migliorarsi, da quando vedo gli uomini lottare per un pezzo di terra, mi chiedo il perché di tanto sangue, di tanta sofferenza.

Socrate: Amico, comprendo il tuo scoramento e la tua straordinaria resilienza (non so cosa significhi. Ma dicono sia un termine che va di moda e io lo uso) a cercare il vero. Ma sai, come dissi una volta con Simmia e Cebete, mi ero fatto prendere dapprima dagli studi sulla natura. Li abbandonai, non mi davano soddisfazione. Ma ci sono cose ultimamente che mi stanno facendo cambiare idea. Una metanoia, un cambiamento di mente. Forse sto pensando che la verità possa nascere anche guardando la natura e stupendosi.

Timeo: E di cosa ti vuoi stupire? Ho saputo che a settentrione delle terre degli Sciti è scoppiato un conflitto. Due uomini si fronteggiano ma non si incontrano mai. Ma si ammazzano uomini, donne e bambini senza ritegno alcuno. Sapere dai mercanti le cose accadute mi fa rabbrividire. E penso che tutto il mondo stia ormai sull’orlo della fine.

Socrate: Ma tu non riesci proprio ad andare oltre il momento vero? Sempre a piangerti addosso stai! Sempre preso dal qui e ora. Suvvia, ascolta questa frase di un amico mio che ho trovato l’altro giorno. Era qui, in questo luogo. Anche lui preso da quella melanconia che hanno gli uomini di genio. Quella tristezza che sembra presagire che esistano altre verità maggiori. Si chiamava Giacomo il Piceno. Piccolotto e incurvato ma con uno sguardo furbo e attento. Alla mia domanda su cosa avesse da insegnarmi quel giorno, perché lui sappilo è un vero sapiente, mi rispose guardando il cielo: E quando miro in cielo arder le stelle dico fra me pensando: a che tante facelle? Sai che guardando in alto per la prima volta quella sera vidi una stella più brillante di altre? Non mi capacitavo del motivo per cui non l’avessi mai vista, incontrata prima, nemmeno quando durante la guerra che combattei, allorché stetti fuori all’aperto nella neve. Mia sola compagnia era il cielo mentre i miei piedi conoscevano il freddo abbraccio dei ghiacci. Ecco, ho guardato anche io, dopo anni, il cielo. E sai? Il buon demone che ho dentro mi ha esortato a cercare risposte anche fuori di me perché potessi sentire meglio chi sono.

Timeo: Ma non è che è uno dei migliori che volevi a guidare le città, o Socrate? Ma sì, non è che hai incontrato quel tale, Dionisodoro, che affermava di sapere quante fossero le stelle e i granelli di sabbia? Tu ancora sei qui con noi, non puoi vedere le cose come sono davvero, come appaiono ai Beati dopo che la nostra anima lascia questa prigione terrena del corpo. Tu vuoi sempre correre verso le cose come sono in realtà. Ma se non esistessero per nulla quelle luci?

Socrate: Lo sai che quella domanda su cosa siano quelle stelle e donde siano nate mi meraviglia? Io che faccio sempre domande a tutti, di fronte a questo spettacolo delle notti di Ecatombeone (agosto per te che non rammenti mai questi nomi altisonanti della nostra tradizione) vedo quella scia bianca, di gocce lattee come quelle che cadono dalle mammelle delle donne che nutrono la prole. E mi chiedo come ci sia luce lì dove ci sia il buio. Se lì non esistono terre, se lì esiste uno spazio enorme credo, a che serve tutto questo spazio se non ci sono uomini come noi a contemplarlo? Immagina di trovarti su una Terra a distanza grandissima da noi. E pensa un uomo che da lì guarda verso noi. Che vedrebbe? Vedrebbe noi?

Timeo: Questo non lo so, Socrate. Se per noi le stelle appaiono luci fioche, a volte traballanti, forse dipende da qualche strana apertura nelle stanze delle fornaci preparate da qualche dio? Non potrei immaginare che la natura nasca da sé, che la materia sia capace di autocrearsi. Ora, immaginarmi in una terra come questa, lassù, sarebbe come guardare Atene da Epidauro. Se il piccolo è proporzionale al grande e le stelle appaiono così piccole, immagina una terra che giri accanto a una di quelle stelle. Noi forse saremo una di quelle stelle per loro. Magari vedono da qualche terra lì lontano i fuochi che incendiano ora le terre scite quaggiù e magari qualcuno di loro può chiedersi le stesse cose. Ma poi…Un dio avrà fatto queste distanze o tutto avviene per atomi che si incontrano e si attraggono come magneti?

Socrate: Anche io penso questo ma non credo per nulla che la materia possa far nascere l’organico, quasi come da una mela il verme. Anche se immagino al contempo strano che esistano forze che un dio abbia inserito nelle cose e con queste abbia costruito così il mondo. Ma la tua domanda è straordinaria Timeo. Prima di quella cosmologica, la domanda che hai posto è fondamentale. Come sembriamo a un uomo lassù, perso nei meandri del cielo?

Timeo: Già.

Socrate: Chissà come ci penserebbero…Credo che…

Petros Anghella: Scusate, buoni uomini, se vi disturbo. Sono appena giunto qui e non conosco nessuno. Sapreste indicarmi dove trovare Socrate detto il sileno? Sto cercando da ore, ma non riesco a capire dove sia. A casa sua mi ha accolto una donna intenta in tante faccende che mi ha detto che era con degli sfaticati in giro per la città. Mi hanno parlato tanto di lui e vorrei conoscerlo…

Socrate: E cosa avrà fatto mai di così grande quest’uomo da ottenere questa tua ricerca?

Petros Anghella: Mi ha donato la capacità di cercare e non fermarmi mai. E come vedi cerco anche lui.

Timeo: Puoi proprio ben gridare “eureka”, perché lo hai trovato. Eccolo qui. È quest’uomo così barbuto.

Socrate: A volte vorrei nascondermi, a volte vorrei far finta di non essere io per sentire che dicono di me. Ma tant’è…La maschera è caduta, la commedia è finita prima ancora di andare in scena. Ascolta, parlavamo di stelle e della loro distanza da noi. Che ne pensi? Riusciremo mai a conoscerle da vicino? Sono fori di aulo da cui emerge un fuoco acceso da qualcuno oppure sono sfere infuocate che si tengono lì, con fili invisibili, appesi a ganci come in una scenografia teatrale?

Petros Anghella: E io che dopo anni e anni di lavoro volevo solo riposarmi, pure qui dovrei raccontare. Io sono un racconta storie o meglio un esponente di una cerchia di persone che credono che il sapere sia da donare. Un po’ come fai tu Socrate. E va bene… Ma dopo mi insegni a cercare la verità, anzi a partorirla in me. Ci ho sempre provato e questa sete di verità mi ha indicato la strada per anni…La cercavo fuori. Ecco qui quello che penso. Forse dobbiamo pensare che l’uomo ha la possibilità di penetrare il Mistero dell’Universo molto meglio di qualunque dio. Ogni dio dell’Olimpo, si sa, ha già la verità a sua disposizione e nemmeno la cerca. A meno di essere parte dello stesso meccanismo che ha originato le cose oppure figlio di un Dio più grande. Ecco perché si limitano a guerreggiare, perché credono di avere la verità in tasca. Eppure la verità è che il vero emerge solo se lo si cerca, anche nella natura. Partiamo dall’osservare e troveremo l’ordine che la regge

Socrate: Sai che ci stavo riflettendo?

Petros Anghella: Un giorno gli uomini saranno capaci di spingere il loro sguardo lontanissimo, nel tempo e nello spazio. Uno spazio, l’universo, che è immenso. Fra noi e la Luna immagina che possa passare uno spazio di uno stadio attico e tra questa e altre terre la distanza di chissà quante parasanghe. Ebbene, spingi il tuo sguardo ancora oltre il Sole e pensa a come vedresti quelle stelle che ora vedi. Le vedresti ancora puntini luminosi, lontani anni e anni di cammino. Ora, dovessi arrivare a Taranto senza usare il mare, quanto tempo ci metteresti?

Socrate: Tantissimo. Non so nemmeno se ci riuscirei a farlo prima delle prossime gare di teatro.

Petros Anghella: E tu ora credi sia possibile giungere alla fine dell’universo subito? Solo la tua mente può attraversare lo spazio, il tempo e l’enorme distanza fra noi e l’inizio dell’universo. Cammina e cammina arriveresti all’inizio del Tutto e spingendo il tuo sguardo verso dove siamo ora questo luogo non ci sarebbe più. Svanito o cambiato completamente. Il tuo inizio coinciderebbe con un cammino di ritorno ancora più lungo dell’andata. Sostanzialmente dovresti fare quasi infinite parasanghe per tornare ad Atene.

Socrate: Quindi quello che sembra una forma muterebbe in altro? Allora la natura è in continuo mutamento. Quindi nulla è vero?

Petros Anghella: No, no…Tutt’altro. Il tempo e lo spazio si legano fra loro. Ma non devi concentrarti su questo. Devi capire come anche nel piccolo, oltre che nel grande, esistono dimensioni molto più complesse di quanto credi. Vedi, caro Socrate, quando cominci a pensare ai fondamenti delle cose più piccole scoprirai che le stesse forze sovrintendono anche quelle più grandi, necessariamente. Tutto sarà coordinato, tutto sarà definito, sempre. Non puoi evitarlo, tutto si lega. E’ la noesis vera, la conoscenza totale. E noi possiamo raggiungerla, solo che capiamo che tutto ha un ordine, alla fine spiegabilissimo sempre

Socrate: Allora, amico mio. Mi vorresti dire che io possiedo dentro me tutta la conoscenza che deve solo essere partorita da uno sguardo migliore sulle cose. Fin qui posso seguirti. Ma facciamo il caso che succeda qualcosa di inaspettato, proprio mentre credi di avere tutto sotto controllo. Ecco, vedi questo bosco? Bene, ora ci prendiamo la frescura da questo caldo opprimente. Mentre conosciamo vita e morte di ogni singolo albero, ogni più piccolo formicaio, ogni alveare, ogni tela di ragno e studiamo ogni cosa accuratamente ecco…Un incendio, non previsto, parte inavvertitamente per non so quale motivo e subito tutto svanirebbe. L’incendio non era previsto dalla nostra ragione ma c’è stato. Non è che ogni volta che l’uomo vuole controllare completamente la realtà questa alla fine ci sfugge, corre lontana da noi quasi come un corridore alle Olimpiadi? E non è forse vero che anche se conoscessi ogni singola legge della Natura alla fine non riuscirei a smontarne nemmeno una con la mia mente? Magari potrei replicarla in piccolo, ma non toglierla e modificarla del tutto. È vero? Quindi il sorprendente è in questa natura o no? È paragonabile ai sapori dei frutti, che sembrano tutti ottimi ma che a volte nascondono l’acerbo dentro?

Petros Anghella: Chi guarda alla Natura avrà sempre sorprese. La scienza, il sapere vero, naturalmente, non pretende di essere portatrice di Verità con la «V» maiuscola, ma solo di conoscenza. Prima che ci fossero gli uomini la Natura aveva un altro corso. Ora che ci siamo noi, e nel tempo sono convinto la modificheremo anche irreparabilmente, la Natura si modificherà per adattarsi. Non si fa forse così quando al posto di un bosco crei terreno per accogliere il seminativo? Ecco, penso comunque che tutto, prima di definirlo, sia da vivere profondamente. Posso affermare, con quasi assoluta certezza, che il problema non sia tanto cercare le leggi della Natura, che pure credo siano fisse e valgano dovunque, anche sotto le Piramidi. Considero che prima di tutto sia da osservare l’importanza dell’educarsi alla curiosità, a cercare l’imprevisto nell’ordine, a vedere se esistano modifiche in quello che riteniamo concretamente sempre stabile. D’altronde, se educhi bene vedrai anche crescere bene. Pensa a questa politica odierna. Puoi avere la democrazia eppure avrai schiavi, puoi avere tiranni e avere persone rette. Dipende da come educhi la città. Diciamo che la noesis sarà sempre vittima di credenze, di pistis. Ma se guardiamo dentro alle potenzialità umane lì troveremo la vera sorpresa, lì troveremo come l’uomo sia molto di più di quello che crede. E forse varrà più del conoscere ogni singola legge naturale. A questo dobbiamo educare ed educarci

Socrate: Vedi Timeo? E io che credevo che questo sarebbe stato un pomeriggio assolato d’estate. Infatti eravamo qui a gettare acqua dalle nostre fronti, sembrava che tutto dovesse andare in una direzione di stanchezza della mente nei nostri soliti discorsi e quest’uomo, giunto qui chissà da dove, ha acceso un dubbio dentro me. Una cosa non prevista e inattesa come questa mi renderà più gradevole queste ore, prima di tornare a casa a sentire i rimproveri di Santippe. Sembra proprio che la realtà, a volte, giochi con la mia mente. Ordinata alla fine nasconde sempre un disordine. E in questo mi piace giocare. Non è che forse dovremmo educarci all’imprevisto? Andiamo buon uomo, andiamo a guardare gli imprevisti che accadono nelle stradine vicine al Porto. Stasera verrai con me a un simposio dove si parlerà di Amore. Ti vorrei far conoscere un noto medico locale, Erissimaco. Mi sa che potreste divertirci, fra un bicchiere e un altro…


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Antonio Cecere (1980), docente di Filosofia e Storia presso il Liceo Tito Livio di Martina Franca. Laurea in Filosofia presso l’Università degli studi di Bari nel 2004, con relatore il prof. Francesco Fistetti e una tesi in Storia della filosofia contemporanea su Karol Wojtyla. Appassionato di Bioetica, ha conseguito il Master in Bioetica e Consulenza filosofica a Bari e il Master in Bioetica per le sperimentazioni cliniche e i Comitati etici presso il Politecnico delle Marche oltre a vari perfezionamenti di ambito pedagogico e didattico. Impegnato nella Cisl Scuola, è in Azione Cattolica per cui attualmente coordina il Mlac di Taranto come incaricato. Socio Uciim, insegna filosofia anche agli adulti presso l’Università popolare Agorà di Martina Franca. Fra le sue passioni lo studio della storia, il calcio e la musica rock. In passato, oltre che clown terapeuta presso l'asssociazione Mister Sorriso di Taranto, è stato anche conduttore di programmi radiofonici. Presso il Liceo Tito Livio, da qualche anno, coordina il Progetto Percorsi di Bioetica per avvicinare, attraverso modalità didattiche innovative e con la collaborazione di esperti esterni, gli allievi alla cittadinanza bioetica. Ideatore di vari caffè filosofici nella provincia di Taranto e in Valle d'Itria.