Quante volte ci siamo dovuti arrendere di fronte alla possibilità di portare a termine una nostra idea, un nostro progetto, un desiderio?

E quante volte ci siamo chiesti se questo fallimento fosse dipeso da nostre incapacità o piuttosto da oggettive difficoltà che il sistema intorno a noi ha reso a prima vista insormontabili?

È necessario scindere le nostre incapacità da quelle che le strutture che ci circondano presentano.

In Italia questa dicotomia, di fronte alle rinnovate sfide, è sempre problematica: infatti è facile cadere nel classico confronto con altri Paesi, ma è certo che se le istituzioni, non solo politiche, avessero un grado di professionalità maggiore, molte delle difficoltà che ci circondano non sarebbero più tali.

In questo momento, per esempio, le banche hanno enormi difficoltà a finanziare progetti, sia pur di qualità eccellente.

Ma ovviamente è in momento di crisi come l’attuale che istituzioni simili dovrebbero portare a termine il loro scopo sociale con maggiore consapevolezza e lungimiranza.

È normale obiettare che essendo aziende private devono tendere al profitto ad ogni costo, ma il sogno di ognuno è quello di fare impresa senza il rischio d’impresa…

D’altra parte, quello delle banche è solo uno dei numerosissimi esempi che si potrebbero fare: molte categorie professionali (commercialisti, legali, ecc.) scontano decenni di pressapochismo che negli anni scorsi poteva risultare bastevole alle semplici esigenze che le aziende locali si trovavano ad affrontare.

Le aziende stesse sono colpevoli di non avere saputo approfittare di tempi favorevoli per formare una rete di conoscenze necessarie per attrezzare quadri intermedi idonei a fronteggiare ogni e qualunque avversità; inoltre, è mancata una spinta propositiva da parte di organizzazioni di settore, sempre assenti ad eccezioni di quando arrivava il paniere pubblico da spartire.

La mutata scena internazionale, con la quale oggi chiunque è chiamato a misurarsi, impone nuovi canoni, flessibilità fino a ieri sconosciute a professionisti, istituzioni, aziende, consulenti affinché si possano vincere sfide totalmente nuove.

Questo è il clima di qualità cui oggi tutti dobbiamo tendere perché si possa emergere in uno scenario complessivamente mutato verso l’alto.

Le collaborazioni a livello di quadro intermedio nelle aziende locali, fino a ieri tradizionalmente riservate ai figli del titolare, al cugino del commercialista e chi più ne ha più ne metta, devono essere necessariamente sostituite da figure capaci e preparate pena l’esclusione da quei mercati oggi premianti e in grado di far crescere solo le aziende più attente .

Anche in questo caso esiste un rovescio della medaglia, rappresentato dalla possibilità che queste figure possano, una volta diventate totalmente padroni della loro materia, impossessarsene a tal punto da divenire concorrenti sul mercato o essere nel mirino di qualche concorrente con proposte più allettanti e vantaggiose.

Fermo restando che l’ingresso di nuovi competitor in qualunque mercato non dovrebbe essere mai visto come una sciagura bensì come apertura di nuove opportunità, un’azienda che ha impostato un rapporto “sano” e di qualità con i propri collaboratori non dovrebbero temere una eventualità simile; dovesse capitare, questo è il prezzo da pagare per tenere un’azienda su livelli qualitativi molto alti.

Infine, giusto per sparare un attimo sulla croce rossa, ci muoviamo in un quadro dove gli amministratori locali e non, escluse rarissime eccezioni, sono dei veri e propri scansafatiche, dediti con tutte le proprie forze esclusivamente ad un arricchimento personale ed alla salvaguardia di quei privilegi che li contraddistinguono senza assolutamente alcun riguardo verso il mandato elettorale loro assegnato, o peggio, pensandoci e rimanendo inerti per incapacità a progettare un futuro a cui sono stati indegnamente chiamati.

D’altra parte, se è in atto una fuga dei cervelli, quelli che rimangono in loco avranno un motivo per farlo…