“Fede è ciò che riempie e muove l’uomo nel fondo, proprio laddove egli, superando se stesso, si congiunge con gli abissi dell’essere”.

(Karl Jaspers)

Si è già avuta occasione per sottolineare che l’estate è il tempo propizio per riflettere sulla vita e sul senso di essa. Pare dunque opportuno prendere in considerazione una questione cruciale per l’esistenza stessa: la fede.

E qui entriamo in un campo delicato, pieno di sfumature che da sempre e sempre ha fatto discutere.

Come affermava il filosofo tedesco esistenzialista Karl Jaspers, la fede è questione vitale perché collegata alla vita, o ancor meglio alle sue radici, così da muoverlo dal profondo.

Ma la fede è al tempo stesso “superamento” della vita stessa per ricongiungersi con l’essere stesso, senza perdere la propria identità.

Anche se Jaspers si professava ateo, scrive sulla fede (e non solo) parole forti e affascinanti.

Mi si perdoni l’autocitazione: nel mio Divinità nella Storia, Dio nella Vita, si prova ad argomentare proprio la seguente tesi, cercare il Cristianesimo nell’ateismo, cioè lasciar parlare gli atei veri, liberi dai lacci della banalità e dell’ovvietà.

Ma torniamo al nostro tema.

Partendo dalle parole di K. Jaspers arriviamo alla tesi del Cristianesimo che vede la fede non come qualcosa che è fuori dalla vita, ma strettamente collegata ad essa.

La fede non è – come spesso accade anche nei cristiani – un parlare sopra le teste della gente, ma un partire dai loro piedi per arrivare al cuore.

Gesù Cristo stesso parlava partendo dai piedi e dalle cose quotidiane (pane, semi, vigna ecc.).

Molto spesso il senso comune afferma che la fede è un dono, senza però conoscerne il vero significato.

La fede prima di essere dono nel Cristianesimo è la risposta dell’uomo a Dio che si rivela in una persona, Gesù Cristo, in tensione escatologica.

Vi è, dunque, un duplice movimento: uno discensionale, il momento della Rivelazione, cioè del Dio che si rivela all’uomo, e uno ascensionale, il momento della fede, cioè la risposta dell’uomo a Dio.

Rispetto alle altre religioni, il Cristianesimo è l’unica che vede Dio come colui che prende l’iniziativa, condivide gli affanni e i dolori dell’uomo e si rivela non in precetti, ma in una persona.

Lo stesso Jaspers, nella sua Introduzione alla Filosofia, affermava che l’uomo dinanzi alle situazioni-limite (malattie, affanni…) e al naufragio finale (la morte) cerca un senso per cui vivere.

Ovviamente ciascuno ha un’esperienza diversa di fede: alcuni incontrano Dio in punta di morte, altri durante la malattia, altri lo hanno da sempre, ma non lo riconoscono nella loro vita o fanno finta di non conoscerlo, altri ancora fanno come se non esistesse, perché non interferisca nei loro affari e (in)successi.

Inoltre, vi è un altro punto da ricordare: la fede non è distacco dalla ragione. Per secoli si è parlato di fede e ragione/scienza come due campi antitetici, ma così non è. Fede e ragione sono sì due piani distinti, non sovrapponibili, ma complementari.

La fede alla fine ha a che fare con l’amore; è questione d’amore. Nasce dall’amore, si alimenta da esso e vive in esso. Infatti, una fede senza amore è religiosità incolore e insapore.

Ancora Jaspers scriveva: “L’ultima questione è di sapere se dal fondo delle tenebre un essere può brillare”.


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Nicola Montereale è nato a Trani (BA) il 1 Febbraio 1994 ed è residente ad Andria. Nel 2013 ha conseguito la maturità classica presso Liceo Classico “Carlo Troia” di Andria e nel 2018 il Baccalaureato in Sacra Teologia presso l’Istituto Teologico “Regina Apuliae” di Molfetta. Attualmente è cultore della materia teologica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) e docente IRC presso il Liceo Scientifico e Classico “A.F. Formiggini” di Sassuolo (Mo). Ha scritto diversi articoli e contributi, tra questi la sua pubblicazione: Divinità nella storia, Dio nella vita. Attraversiamo insieme il deserto…là dove la parola muore, Vertigo Edizioni, Roma 2014. Inoltre, è autore di un saggio di ricerca, pubblicato nel 2013 e intitolato “Divinità nella Storia, Dio nella Vita”.

2 COMMENTI

  1. Una prima osservazione banale: perchè l’estate è una stagione propizia alla riflessione e non invece le altre stagioni? E non ad esempio l’autunno con le foglie che cadono o la primavera con la vita che riprende o l’inverno con il gelo che immobilizza piante e animali? Boh!?
    Una seconda osservazione, più seria: la fede di Jaspers è qualcosa di molto diverso dalla fede del cristianesimo. Più che le improbabili analogie sarebbe più interessante indagarne le profonde differenze…. proprio per andare oltre ” il senso comune” che “afferma che la fede è un dono, senza però conoscerne il vero significato.”

    • E’ il tempo propizio perché ci si ferma un pò di più rispetto alle altre stagioni; per esempio, non si lavora o non si studia (almeno ad agosto), mentre durante le altre stagioni il tempo è sempre più contato per i vari impegni. Almeno per me è così..
      Per quanto riguarda le differenze spero più in là di scrivere anche su queste; purtroppo non è possibile racchiudere tutto in articolo.
      Grazie della sua osservazione. Nicola Montereale

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