Intervista a Laura Tota curatrice della mostra Learning to Fly
La dodicesima edizione di Paratissima, evento artistico che si posiziona a metà tra una classica esposizione fieristica ed un grande happening culturale, si svolge dal 2 al 6 novembre presso Torino Esposizioni ed è oggi una delle iniziative di punta del programma Contemporary Art Torino-Piemonte. L’obiettivo di Paratissima è sostenere la creatività in tutte le sue forme, presentando l’arte e la creatività come valori sociali e collettivi, destinati non solo agli esperti del settore, ma a tutti coloro che ne sono attratti e provano interesse e curiosità per quest’ambito.
L’incipit di questo articolo, spudoratamente copiato da sito internet di Paratissima, serve al coraggioso cronista per rompere il ghiaccio e iniziare a scrivere di quello che non sa e per di più non può vedere a causa della consistente distanza chilometrica che lo separa dall’evento in questione. Inoltre, il nostro si autodefinisce coraggioso un po’ per soddisfare il proprio ego e dare un’immagine di sé, ai suoi venticinque lettori, inutile e non richiesta, oltre che del tutto fasulla, e un po’ perché egli ha deciso di avventurarsi nello spigoloso ambito dell’arte contemporanea e, in particolare, della fotografia.
Egli rammenta bene gli esiti nefasti degli ultimi corsi di fotografia a cui ha partecipato e la vergogna suscitata in maestri e compagni di corso. Tuttavia, al netto dei disatri fotografici personali, egli fa ricorso al più classico degli assi nella manica (se c’è un asso è sempre nella manica) per portare a termine l’articolo (che tra una cosa e l’altra è già lungo circa una cartella): l’intervista.
Laura Tota è a Torino dallo scorso marzo e all’interno di Paratissima ha frequentato il N.I.C.E. (New Indipendent Curator Experience). È la curatrice di Learning to Fly, mostra fotografica per artisti emergenti inserita nel programma di Paratissima.
Per evitare di continuare a scrivere fregnacce e per avere un’opinione competente sui temi in oggetto il nostro decide di telefonarle, con un tempismo invidiabile, disturbando la giovane curatrice durante l’allestimento della mostra ai nastri di partenza (se ci sono dei nastri sono sempre di partenza).
Ecco il risultato, prezioso per la lucida capacità dell’intervistata di rispondere alle banali domande dell’impreparato cronista:
Ciao Laura, partiamo con una domanda diretta, qual è il tuo ruolo all’interno di Paratissima?
Ho frequentato il N.I.C.E., che è un corso diretto alla formazione di curatori indipendenti nell’ambito dell’arte contemporanea e alla fine di questo percorso ciascuno dei corsisti (quest’anno eravamo in diciassette) porta a compimento un progetto di mostra di arte contemporanea, dall’ideazione all’allestimento.
Per rispondere alla domanda: Sto facendo due cose all’interno di Paratissima. La prima è la cura della mostra Learning to Fly, che fa parte del percorso N.I.C.E.. Inoltre, poiché nel mio curriculum avevo già un’esperienza maturata nell’ambito della fotografia grazie alla collaborazione con il Fiof, che è il fondo internazionale per la fotografia, mi è stato chiesto di affiancare la direzione artistica della sezione fotografia di Paratissima che si chiama No Photo.
Qual è il tuo percorso nella fotografia?
Innanzitutto sono un’appassionata di fotografia dal punto di vista dello scatto fotografico. Quindi, prima di tutto la passione per la fotografia, ci tengo a ribadirlo. Poi, col tempo, ho imparato a sviluppare un occhio critico nell’analisi delle fotografie. In questo sono stata molto facilitata dalla collaborazione che ho stretto con il Fiof, grazie al quale ho avuto la possibilità di conoscere fotografi di livello internazionale. Da queste esperienze è nata la voglia di intraprendere la strada della curatela anche perché ho iniziato a capire che al di là della fotografia intesa come scatto mi affascinava molto la parte di analisi della foto stessa e la cura dei progetti fotografici, tant’è che sono diversi i fotografi con cui collaborerò per la realizzazione di alcuni progetti fotografici.
Quali sono gli elementi essenziali di uno scatto fotografico per così dire “perfetto”?
LO scatto fotografico perfetto non esiste, tant’è che molte delle fotografie più belle che abbia mai visto sono nate da degli errori fotografici o da una sorta di imprevisto fotografico, che può essere anche un’occasione che il fotografo ha avuto modo di catturare. In ogni caso, per me, lo scatto fotografico perfetto è quello che suscita un’emozione in chi lo guarda. Ecco se lo dovessi definire lo scatto fotografico perfetto è quello in cui l’occhio di chi scatta si allinea con l’occhio di chi legge.
Parliamo di Learning to Fly?
Allora, in un panorama fotografico molto inflazionato, con un’amplissima diffusione dello strumento fotografico, ciò che è davvero importante, oltre alla tecnica fotografica, è il progetto e il concetto che c’è dietro alle fotografie. È necessario, dunque, un progetto fotografico che comunichi qualcosa in chi lo osserva. È un po’ quello che succede in tutta l’arte contemporanea in cui il messaggio che c’è dietro l’opera diventa più importante della tecnica con cui viene realizzata. Da qui l’importanza del curatore che serve a dare una ratio agli scatti che il fotografo fa.
Learning to Fly nasce dall’esigenza di indagare l’impossibilità dell’uomo di poter volare. Ho indagato tutte le aree tematiche legate al volo, quindi tutte le modalità con cui l’uomo ogni giorno cerca di contrastare la forza di gravità: il sogno, il nuoto, le tecniche di levitazione e i salti che sono la forma più primitiva di leggerezza. Ho selezionato personalmente i fotografi che si sono occupati in qualche modo del tema scelto e con mia grossa soddisfazione hanno accettato tutti di esporre.
Quali sono stati i fotografi che sono stati determinanti nella tua formazione?
Julia Fullerton-Batten. È lei che mi ha ispirato nel tema del volo perché ha fatto una serie di scatti in cui fotografa delle ragazze sospese in aria perché per lei l’adolescenza è una fase di transizione tra l’età infantile e l’età adulta da cui la necessità di alleggerirsi e di elevarsi per consentire il passaggio tra le due età. L’ho fista per la prima volta al Fotografiska di Stoccolma e da allora me ne sono innamorata anche perché sonostante sia anche una fotografa per così dire fashion riesce a preservare la componente emotiva nei suoi scatti.
Poi ci sono i grandi classici e per me, tra quelli, Elliott Erwitt è il top
Progetti per il futuro?
Continuare le collaborazioni che ho in corso come quelle con Paratissima e il Fiof e magari un giorno arrivare ad organizzare un festival di fotografia tutto mio dove poter invitare Julia ed Elliot.