Il museo dello Stadio Rajko Mitić è un salto nel tempo, in un calcio nostalgico e lontano

A metà strada tra le vie che portano al centro e le zone residenziali del quartiere di Vožvodac, preceduto dalla penombra di alti alberi, si trova lo Stadio Rajko Mitić, noto ai più come Marakana, la casa della Crvena Zvezda Fudbalski Klub, da noi chiamata semplicemente Stella Rossa, il club più prestigioso, non solo della Serbia, probabilmente degli interi Balcani, che nel corso degli anni ha acquisito supporters in ogni regione della Penisola, nutrendosi di accesissime rivalità con la Dinano di Zagabria e con gli acerrimi nemici del Partizan, dirimpettai di quartiere, di cui lo stadio si trova forse a duecento metri di distanza in linea d’aria, l’altro club che vanta una performance eccellente nel massimo torneo continentale, essendo stata battuta in finale dal mitico Real Madrid nel 1966. La partita tra Crnobeli (i bianconeri) e Crvenobeli (biancorossi), il večiti derbi (il derby eterno) è la partita più attesa del programma della modesta Superliga serba, ma che offre talentuosi e giovani calciatori, pronti per essere venduti all’estero nelle leghe più importanti. La Crvena Zvezda fu fondata nel 1945, succedendo alla vecchia SK Jugoslavija. Come spesso accade in questa città, la squadra vide le sue origini all’interno di una kafana e la sua nascita ricorda quella dell’Inter, fondata da alcuni dissidenti del Milan. Infatti la squadra belgradese fu fondata da alcuni soci della BSK, altro club locale, in contrasto per alcune scelte politiche. Dalle ceneri della SK Jugoslavija è nata l’attuale società che ha ereditato colori sociali e lo stadio. Lo Stadio della Stella Rossa fu costruito nei primi anni’60 e può vantarsi di aver ospitato momenti unici della storia del calcio europeo, come la finale di Coppa Campioni del 1973 tra Ajax e Juventus e la fase finale dell’Europeo 1976, vinto dalla Cecoslovacchia, che ai più anziani riporterà alla memoria lo storico cucchiaio di Panenka, nella lotteria dei rigori che regalò la coppa ai cecoslovacchi contro la Germania delle stelle. Inoltre è stata la sede del match di andata della finale di Coppa UEFA tra i padroni di casa e il forte Borussia Mönchengladbach.

Ogni giorno lo stadio è aperto e dà la possibilità ai visitatori di ammirare gli innumerevoli trofei vinti dalla compagine belgradese nel corso dei suoi 78 anni di vita, coronati dalla storiche vittorie del 1991 della Coppa Campioni contro l’Olympique Marsiglia e la Coppa Intercontinentale contro i cileni del Colo Colo. Il costo irrisorio del biglietto consente di immergersi nel mondo della squadra locale. È un tripudio di foto, gagliardetti e articoli di giornali che mostrano la dimensione, non solo nazionale, ma internazionale della prestigiosa squadra. Tra i vari cimeli, si trova il gagliardetto che ricorda l’interminabile disputa tra il Milan di Sacchi e la Stella Rossa di Stojković e Savićević, un’odissea, che vide dapprima la sospensione per nebbia della partita del 9 novembre e la ripetizione il giorno successivo, con l’affermazione del Milan soltanto ai rigori. Un articolo ricorda la strage aerea che colpì il Manchester United, avvenuta a Monaco di Baviera, proprio dopo il quarto di finale di Coppa Campioni contro gli slavi. Quella tragedia da sempre unisce i due club. Infine, il manifesto della finale di Bari sottolinea il momento più alto della storia, non solo della Crvena Zvezda, ma dell’intera Jugoslavia, culminata con la vittoria ai rigori contro il Marsiglia del presidente Tapie, con il rigore decisivo firmato dal macedone Pančev. Quella vittoria segnò simbolicamente la fine della pace, che già era stata compromessa e che proprio su un terreno di calcio, il Maksimir di Zagabria aveva conosciuto uno dei primordi della deflagrazione. Una scaletta porta il visitatore a imbattersi visivamente con quella squadra, immortalata in una foto successiva alla finale. Vi si riconoscono Prosinečki (croato), Savićević (montenegrino), Šabanadžović (bosniaco) e tra i serbi più noti Mihajlović, l’ultimo esempio della fraternità tra le varie etnie. Con tale sfondo, è possibile farsi una foto con una riproduzione plastificata della coppa, giusto per non sentirsi da meno. Il tour termina con sosta nella zona vip dove si ha un’ampia visuale dello stadio e oltre, dal quale si ammira in lontananza il Tempio di San Sava.

Il calcio serbo oggi fa fatica ad emergere, un po’ come tutte i campionati minori, che vengono sommersi dai soldi dei potenti e dalle politiche UEFA apparentemente aperte, che non lasciano nemmanco le briciole promesse. Se pensiamo che la Conference League, concepita per favorire le leghe minori, sia stata vinta da Roma e West Ham, non proprio squadre di terzo o quarto livello, è evidente che il divario con quel calcio è troppo grande. Così resta la memoria per ciò che è stato, il ricordo decennale celebrato con la consapevolezza che quel tempo non tornerà più, che non ci saranno le belle storie come quelle scritte dalla Steaua Bucarest, dalla Stella Rossa, dal Göteborg o dal non tanto decaduto Anderlecht, giusto per citare i più noti, che potevano competere al pari dei colossi europei e anche vincere. Oggi vince chi ha più soldi e le 14 Champions League del Real Madrid fanno impressione solo per il numero, non certo per la qualità. Lo so, sono un nostalgico, impolverato come i trofei dei biancorossi di Belgrado, ma molti concorderanno con me che non esiste più un calcio europeo di livello a tutte le latitudini e che forse la passione di una volta si è tramutata in una noiosa inerzia qdi un calcio che è schiavo dei diritti tv e di palinsesti assurdi. Parlare della vittoria dell’Inter contro il City come di una sorta di miracolo, dimostra che qualcosa non va, che il gap è grande già tra giganti. Allora continuo a nutrirmi di ricordi relegati alle domeniche di Tutto il Calcio Minuto Per Minuto e ai subitanei interventi dei vari Ciotti e Ameri, alle maratone dei mercoledì di coppe e alle squadre avversarie che hanno segnato la mia infanzia di milanista a cui sono rimasto legato, proprio come la FK Crvena Zvezda, comunemente chiamata Stella Rossa.