“L’uomo è vittima di un ambiente che non tien conto della sua anima.”
(Charles Bukowski)
È venerdì, ho trascorso inaspettatamente la notte in preda ai brividi ed all’andirivieni dal bagno, sono un’insegnante titolare di 10 classi, è il 2020, vivo in zona rosso fluo, mi sembra il caso di avvisare il medico ed aspettare sue indicazioni.
Ecco che sono in malattia fino a lunedì, quando devo ricontattare il medico. Scelgo di dirgli che mio figlio si è svegliato piangendo per il mal di testa, la qual cosa non è una sua caratteristica. Ed intanto io sto come stavo.
Resto in attesa di nuove disposizioni ed anche quelle non tardano ad arrivare: uno screenshot su whatsapp “questo il suo appuntamento per il tampone, domattina. Lei deve restare a casa, inutile dirle che è vivamente raccomandato stia a casa anche il bambino”.
Tampone, non c’era da aspettarselo? E certo… ma diciamocelo chiaro, ci sono parole che cambiano aspetto quando ti entrano in casa. Senza considerare che io sono anche la pavidità fatta persona davanti a molte delle cose che poi faccio in ogni caso, senza storie. Ognuno è fatto a modo suo, no?
Bene, mio figlio resta a casa, è deciso. La sua maestra è avvisata, vedremo. Frattanto sono le 08:30 di martedì e dopo mezz’ora ho un appuntamento pit stopcon il dott. Cottonfioc Superilnaso.
Pensandoci è un bene averne paura. Preferisco concentrarmi sulle mie piccole ansie, piuttosto che sulle eventualità possibili. Del resto ho con me, su whatsapp, la mia migliore amica, l’anima che dall’alba mi tiene compagnia per evitare io faccia il botto e lo fa nel modo che meglio le riesce… mi prende per i fondelli.
Esco con anticipo, mi hanno consigliato di fare così per evitare lunghe code; non trovo nessuno, il cancello è inesorabilmente chiuso, le pattuglie dei carabinieri sono dappertutto ed io sento i brividi. Mi domando come debba essere fare quella trafila con sintomi peggiori dei miei, da soli in una fredda auto, nel vuoto cosmico, aspettando il cigolio di quell’ammasso di ferro che ti divide dal perforatore di narici.
Arrivano altre auto, ordinatamente si posizionano alle mie spalle: aumentano ad ogni istante, avevano ragione, si forma proprio la coda. Nell’attesa ricevo una notifica classroom, la maestra di mio figlio lo invita nella classe DID: è una santa. Ha già previsto tutto, di nuovo non lo lascerà andare tanto facilmente. Accetto l’invito ed aspetto di sentirla dopo, ho già un motivo per ringraziare.
Il cancello si apre, un ragazzo in tuta gialla, guanti e mascherina da lontano fa un cenno di assenso con la testa ed alza il pollice: deve essere il suo buongiorno, va tutto bene! Posso commuovermi per un gesto del genere? Non è importante avere il permesso, perché mi sono già commossa, mentre guardo i volti nello specchietto retrovisore e ci vedo tanta angoscia, solitudine e rassegnazione.
Arriva una donna, entra in quel container blu con le sbarre alle finestre, divisa verde, camice bianco, la osservo: dietro quelle sbarre si sta preparando. Infila una mascherina FFP3, buttando la chirurgica, mette gli occhiali di protezione, scarta una visiera nuova di zecca e la sistema sulla testa a copertura totale del volto, infila i guanti, la tuta usa e getta, esce e si avvicina ad un carrello carico di dott. Cottonfioc Superilnaso. Il ragazzo in giallo alza la voce da lontano e mi indica il percorso: eseguo.
Affiancatami alla donna Ghostbusters,ne incrocio lo sguardo dolce, docile ed affabile (e no, nemmeno la bardatura può celare certe sfumature):
- Buongiorno, il suo nome?
- Buongiorno a lei: Myriam Massarelli.
Mi cerca in mezzo agli adesivi con i codici a barre, mi trova e come in ogni occasione speciale, ancora dandomi le spalle, si sofferma sul mio secondo nome:
- Myriam Arsedea? Ma che meraviglia…
- Sì, Myriam Arsedea: la meraviglia del mio nome sta nel fatto che stempera qualsiasi situazione tesa… grazie. Le sorrido, e mi sa che se ne accorge dal tono di voce. Sì, si può.
- È la prima volta? Mi chiede ancora.
- Sì, rispondo e poi penso: non solo non vorrei essere qui, spero anche sia l’ultima volta perché lei non immagina nemmeno quanto me la stia facendo sotto, ho paurissima, ma lei non merita anche il supplizio di saperlo. Taccio.
Ma immagino tacere sia servito a poco; gli occhi, gli occhi urlano. Con quello sguardo docile mi fissa per un istante lungo una vita, ha il dr. Superilnasoin mano e non è affatto minacciosa come temevo.
Sorride, lo vedo, sorride proprio:
- Le darà un minimo di fastidio. Ora lei si giri e si metta per bene dritta verso di me, tenga la bocca coperta e scopra solo le narici per bene. Una nota: senza scappare verso dietro perché io altrimenti la seguo nell’abitacolo e così conciata non sarebbe una bella esperienza. Rido e la rassicuro:
- Non scappo, va bene. Ma lo sperimentiamo in ambo le narici?
- Assolutamente sì, non sarebbe edificante fare le cose a metà, le pare? Abbiamo due narici, scaviamole. Ancora ride. E ridendo posso solo dire:
- Incontestabile. Procediamo.
Va bene, Deo gratias. Lo ha capito che sono terrorizzata ed anche lei senza farmelo pesare sta facendo la cosa giusta: mi prende in giro.
È davvero un attimo, un fastidio minimo, finisce così, ma la signora Ghostbustersnon molla:
- Il mostro è sconfitto! La chiameranno dall’ASL, ma dovrà pazientare, siamo lievemente fuori controllo, immagino lo sappia. Tenga i contatti con il suo medico e non smetta di ridere. Promesso?
E si può non promettere, davanti ad una richiesta del genere?
- A lei ed alla schiera di angeli come lei. Davvero.
Ha chinato la testa, ha chinato la testa, signori! Quanto mi sono sentita piccola…
E non ho fatto in tempo a capirlo che ho ricevuto un vocaldalla maestra di mio figlio. La DID per lui, che probabilmente perderà qualche giorno in più, e per altri bambini assenti sarà attiva da domani. Mi chiede di ufficializzare la scelta di tenerlo in quarantena fiduciaria, così da giustificare la tempestività del provvedimento.
È chiaro, avevo visto giusto: ha previsto, non lo lascerà andare tanto facilmente. Ed io a scuola ci lavoro: una tale velocità non è scontata. Ed il suo contrario non è colpevole. Il backstageè un’altra cosa rispetto a quanto appare fuori.
Le rispondo con un invito:
- Vai a scegliere un’aureola della tua taglia. Io andrò a comprartela. Prometto!
Anche questo scambio si chiude ridendo.
Signori, ho dimenticato le ansie, ho dimenticato per un attimo le possibili evoluzioni, ho fatto un po’ di carburante emotivo ed anche i brividi si sono fatti per un momento da parte.
Sapete cosa c’è? Esistono un milione di modi per abbracciare anche uno sconosciuto: vi prego di sforzarvi di credermi e di provare a vederli.
Nessuno si salva da solo.Ed evidentemente nemmeno i muri imposti dall’esistenza oggettiva di un virus pandemico possono impedire all’uomo, quando lo vuole, di trovare nuovi modi per stringere il suo prossimo.
Dal bel mezzo delle più grosse solitudini, in poi.