«In tutte le latrine pubbliche a sedile ci vorrebbe questo avviso: “Chi si siede qui lo fa a suo rischio e pericolo”. Sarebbe opportuno anche in casa»
(Guido Ceronetti)
Per una quindicina d’anni aveva pensato a quanto importante fosse il cammino.
Durante i successivi quindici, aveva capito che molto più importante era la meta.
Adesso, che quasi ne erano trascorsi altri quindici, si era accorto che l’unica cosa fondamentale per affrontare un cammino e raggiungere la meta era la compagnia.
Così si fermò, non riuscì più a muoversi. Rimase imbalsamato in un atteggiamento composto da solo stucco, lì, seduto in un posto che sembrava un salotto: parquet, poltroncine antiche e quadri. Non era un salotto, era il suo bagno.
Un bagno reale, per una vita vera. Non era scontato potersi fermare in un bagno così e probabilmente non lo era neppure in una vita come la sua.
E la compagnia? Una moltitudine di voci, gambe, piedi, braccia e mani passate, poi presenti, si presumeva future.
E lui? Quanto era stato di compagnia, lui, durante le quindicine di anni in cui aveva maturato presunte consapevolezze?
Scelse di non rispondere e si rifiutò di rendersi conto di alcunché poiché, iniziando la sua giornata, costruì un pesante bagaglio, che sapeva non sarebbe diventato più leggero con il passare delle ore.
La valigia di quel giorno era solo una domanda: perché, per essere felici, serve non accorgersene?
Così, andò.