«Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde»

(Alessandro Baricco)

Mentre era presa da diversi calcoli statistici, qualcuno la interruppe portandole un caffè sulla scrivania e le disse qualcosa che suonava più o meno così: “si muore di non vivere, non di altro”.

Restò seduta, alzò lo sguardo, non ringraziò per il caffè ma iniziò a berlo, si accorse che era amaro, com’era giusto e non ebbe altro da aggiungere, perché qualcuno non poteva sapere quanto forte fosse, dall’eternità e per l’eternità, radicato in lei questo pensiero. Che era convinzione. Modus operandi.

E ne aveva fatti di danni quel modus: tutti danni che lei avrebbe ripetuto senza pensarci un attimo, perché ogni istante vissuto grazie a lui, era sempre valso molto più della sua pena.

Terminò il suo caffè, notò anche che non le era stato offerto in uno dei soliti e detestabili bicchierini di plastica, ma messo in tazzina, nonostante l’ufficio.

Quel qualcuno doveva essere una persona che nascondeva una qualche saggezza. Era una donna, aveva una lunga esistenza alle spalle e una dote su tutte, riusciva sempre a dimostrare che anche i più grandi dilemmi del pensiero, più o meno legati alla follia mondana, così come la maggior parte delle persone si risolvevano in un unico modo: un’equazione di primo grado.

La guardò, le rese addirittura la tazzina vuota senza mai alzarsi dalla sua postazione, quasi ad essere maleducata.

Si muore di non vivere, ripeté ed aggiunse:

«Nessuna saggezza, solo il ricordo limpido di un’esperienza lunga quanto la mia vita. Lo vedi?» domandò, indicando in modo esemplificativo il mare di carte intorno a sé: «come sulla scrivania io sono sempre nella merda, ma mi piace, perché la verità sta sempre da quella parte» (citava Derek Raymond senza sottolinearlo).

La donna allora prese la tazzina sorridendo e voltandosi per lasciarla al suo lavoro aggiunse:

«È bella la tua collanina. L’albero della vita lo portano in molti oggi, ma tu lo porti a modo tuo. Mi piace».

«A modo mio», rispose. Sembrava il Piccolo Principe che ripeteva sempre tutto per non dimenticarlo. E ridendo concluse: «che culo!».

LEGGI GLI ALTRI ARTICOLI DI OLTREVERSO


FontePhotocredits: pixabay.com
Articolo precedenteIl gioco di Santa Oca di Laura Pariani
Articolo successivoL’arte dell’interpretazione nella scienza giuridica storica
Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.