QUest'anno non si terrà la nuova edizione del Murgia wave

La strada per arrivare al Murgia Wave era tutta in salita. Dopo un po’ di chilometri si giungeva al cospetto del Castel del Monte, si faceva un inchino e si continuava verso sinistra, per qualche centinaio di metri finalmente in discesa.

Poi subito sulla sinistra s’intravedeva il palco, alla fine di un grande prato inclinato a mo’ di platea. Quindi immaginatevi piena primavera, il prato, una giornata intera di musica, la Murgia tutt’intorno, gente nuova, gli amici di sempre, casa a qualche chilometro e il Castello a godersi lo spettacolo dall’alto. Veniva da pensare che qualcuno avesse trovato la quadratura del cerchio.

Ci sono state in tutto 2 edizioni del Murgia Wave, il 1° maggio 2014 e il 25 aprile 2015. Quasi 10 ore di musica, dal pomeriggio alla notte, dal vivo e dj set. Hanno suonato Piotta, Mellow Mood, Nobraino, Alla Bua: l’edizione 2016 non ci sarà. Ne danno il triste annuncio gli organizzatori. Gigi Brandonisio, uno di loro, ci ha spiegato che non ci sono mai state le condizioni per farlo, eppure l’hanno fatto. Quest’anno ancora non c’erano, eppure non l’hanno fatto più. Lo abbiamo intervistato.

palco giorno

Innanzitutto da chi è nata l’idea del Festival?

Non te lo so dire. Io mi sono aggregato. Mi sono aggiunto alle altre 5 persone che hanno costituito il nucleo di lavoro iniziale. Volevamo fare un concerto al Castello, ma all’inizio non si pensava di dargli le dimensioni di un festival, ci si è arrivati dopo. L’idea di farlo lì è stata data poi dal fatto che non ci sono tanti posti dove fare un evento del genere. Quell’area, oltre a essere esteticamente bella, presentava condizioni minime che ci consentivano di operare in relativa tranquillità. Sottolineo relativa, perché poi è stato tutt’altro che facile.

nobraino

Scusa la franchezza, ma come avete pensato di finanziarlo da subito?

Il problema era che non partivamo con un finanziamento a monte. Tutto il Festival, per come l’avevamo pensato, costava diverse decine di migliaia di euro. Ovviamente abbiamo pensato di chiedere un contributo pubblico, ma le casse comunali erano vuote. Ad altri tipi di finanziamenti, penso a quelli regionali, europei, ministeriali, non avevamo i requisiti per accedere. Generalmente fondi di quel tipo si ottengono grazie al lavoro dell’amministrazione locale, non possono essere privati a fare richieste simili. Abbiamo dovuto arrangiarci. Con i contributi dei patrocini concessi abbiamo coperto meno di 1/5 della spesa totale, quindi il tutto è stato finanziato dallo sbigliettamento e da qualche sponsor. Ci sarebbe piaciuto farlo gratis per il pubblico, ma non è stato possibile.

pubblico balla

Quanto ci si mette ad organizzare un festival così?

6 mesi di lavoro. Volevamo fare una cosa che rientrasse in un circuito nazionale, quindi c’è stato da lavorare. Hanno suonato band locali, ma anche artisti giunti d’altrove. Soprattutto il primo anno abbiamo approfittato di gruppi che nel pomeriggio suonavano a Taranto e la sera da noi. Apro una parentesi: a Tarato hanno suonato gratis, noi abbiamo pagato un cachet. Ma è giusto così, Taranto è una vetrina, noi no. Il secondo anno abbiamo provato ad alzare un po’ il livello, fedeli all’idea di partenza. Le scelte erano di qualità, non proprio pop. Penso ad esempio ai Mellow Mood che nel Sud non hanno un grosso riscontro, ma sono artisti affermati a livello internazionale.

notte pubblico

Un po’ di numeri?

In media ci sono state 1.500 persone a edizione. Il primo anno l’effetto novità ha fatto la sua parte, c’era una presenza di andriesi molto forte. Il secondo anno avevamo l’obiettivo di riconfermarci e lo abbiamo fatto, ma grazie alla gente arrivata da altre parti della regione, alcuni anche dall’Abruzzo. Da Andria, la città che ospita il Festival, è arrivata qualche centinaia di persone in meno.

Quindi non ci sono stati problemi di partecipazione, entrambe le edizioni si può dire che siano riuscite.

Sì, certo, ma la vita o la morte del Festival era completamente legata alla partecipazione del pubblico. Ti assicuro che la cosa mette molta ansia. Immagina di lavorare 6 mesi sapendo che non guadagnerai niente, al massimo andrai a pari con le spese. In più aggiungici l’angoscia che quel giorno piova e che dunque tu ci vada a rimettere. Il fattore pioggia può far sorridere ma non è affatto secondario. Per la seconda edizione, abbiamo chiesto di poter usare il Palazzetto dello Sport in caso di maltempo, ma ci hanno risposto no. In seguito l’uso è stato autorizzato per un campionato di scacchi. Volevamo cautelarci, del resto ci sta che un Festival vada male. Non è affatto un’eventualità remota e nel nostro caso sarebbe stata una catastrofe. Io non sono uno che pretende soldi dall’ente pubblico, capisco che le priorità sono tante e i fondi pochi. Chiedo solo magari una maggiore attenzione nella ripartizione di disponibilità e sovvenzioni, che si tenga conto dei risultati portati a casa.

Quindi quest’anno avete deciso di no.

Ma perché passata l’incoscienza e l’euforia iniziale, ci siamo resi conto che i rischi erano tanti, non portavano a niente, e la cosa così non poteva stare in piedi. Certo ci sono stati anche errori nostri, per carità. L’errore più grosso secondo me è stato non essere riusciti a far sentire il Murgia Wave come una cosa che appartenesse alla città. Quest’anno non si fa e se non fosse per qualcuno dimostratosi dispiaciuto, per il resto la cosa è passata inosservata, sia da parte dei cittadini, che delle istituzioni. Ora sto seguendo con molta curiosità il caso del Cellamare Festival, nato come un gioco, a quanto pare si farà. È un festival che ha un sacco di sostenitori, anche in città da noi, cosa che per il Murgia Wave non è avvenuto. È voluto dal basso e spero che superata la fase iniziale possa trovare una dimensione stabile.

Potrebbe tornare a farsi il Murgia Wave?

Se lo chiedi a me ti dico che mi piacerebbe che si facesse ancora. Però non credo che le condizioni cambieranno, quindi ci si dovrebbe mettere a lavorare di nuovo alle condizioni che ci hanno consigliato di dire basta. Spero ci sia qualcuno più bravo che possa prendere in mano l’idea e farla camminare, magari anche meglio di come lo abbiamo fatto noi. Rimango convinto che un festival qui, di quella portata, destinato solo a crescere, era una cosa sensata da fare. Ma quando tutto è basato sulla buona volontà di poche persone, dopo un po’ arriva il momento di saturazione. Non ci sono altre ragioni sul perché non si faccia più.

Tutte le foto sono di Matteo Leonetti