sottoscritto da Silvio Garattini e Antonio Musarò

Com’era del resto prevedibile in questa campagna elettorale,  come in altre precedenti, continua ad essere  quasi allegramente assente un dibattito sul ruolo della scienza sui destini culturali ed economici del nostro paese anche se ormai è evidente a tutti che essa produce conoscenze coll’innescare processi innovativi; e dovrebbe essere invece il risultato della presa d’atto a livello strategico,  e quindi quasi scontato ed ovvio, del fatto che sta diventando sempre più necessario investire sui prodotti delle intelligenze al lavoro, non avendo a disposizione materie prime su cui contare  ed essendo il nostro un paese basato sull’economia della trasformazione che richiede in modo sistemico un continuo e costante impegno di risorse orientate in tal senso, come hanno capito paesi come Israele e la Corea del Sud che risultano essere primi. Ma si sa, i tempi dell’investimento nella ricerca di base non sono quelli richiesti dalle forze politiche di turno che nel migliore dei casi guardano oltre che quasi esclusivamente all’oggi, anche al domani col mostrare un certo e limitato ma strumentale interesse per le ricadute tecnologiche da essa ricavate come se  fossero una manna qualsiasi caduta dal cielo; queste poi non dovrebbero essere lasciate a se stesse per non cadere in circuiti autoreferenziali  quando per il notevole impatto sulle menti  e sulla vita quotidiana, invece,  hanno bisogno a loro volta di ben precisi orientamenti  e di essere indirizzate e incanalate  da una salda coscienza democratica in un percorso che non crei ulteriori disuguaglianze e forme inedite di colonialismo, come sta succedendo per certi ambiti dell’Intelligenza Artificiale, anche perché manca un adeguato senso della loro portata etico-sociale a livello pubblico e civile.

In questa  quasi totale assenza di riferimenti programmatici per una vera e propria politica della scienza,  del resto vecchia e storica piaga e vulnus strutturale del nostro sistema democratico,  sono da registrare diversi appelli all’intera classe politica perché si impegni a  dare un più adeguato spazio al tema degli investimenti in ambito scientifico e di metterlo all’ordine del giorno data anche la rilevanza assunta in seguito alla pandemia; tale evento  ha messo a nudo in modo netto la nostra dipendenza dall’estero dato il numero esiguo di ricercatori e di laboratori impegnati nel campo bio-medico, settore in cui si giocheranno i destini dell’umanità intera da costituire una delle tante ‘sfide del XXI secolo’, a dirla con N. Yuvai Hariri, insieme con le sfide della transizione ecologico-economica e del digitale (Per una visione agapica dell’Antropocene, 3 marzo 2022). Dopo diverse petizioni come quella di Ugo Amaldi e di Giorgio Parisi che sono servite al dimissionario governo a prestare maggiore attenzione all’interno del PNRR ad una più organica politica della ricerca, si è distinto  in tal senso il Patto Trasversale per la Scienza, lettera sottoscritta il 28 agosto,  a nome anche di altri, da due ricercatori impegnati da tempo nell’ambito delle complesse discipline bio-mediche e farmacologiche come Silvio Garattini e Antonio Musarò.

Antonio Musarò è da diverso tempo collaboratore  di Odysseo ed è molto impegnato nell’ organizzazione di diversi eventi tesi ad una più retta divulgazione scientifica per una maggiore presa di coscienza civile e sociale della crucialità di una seria politica per la scienza per un paese come il nostro;  la cultura italiana nel suo complesso sconta il fatto di avere avuto  poche figure come Leonardo Da Vinci, Galileo e Spallanzani  che non si sono limitate a produrre conoscenze, ma hanno messo in atto anche  quella ‘filosofica militia’, come la chiamava Federico Cesi nel fondare nel 1603 l’Accademia dei Lincei, con lo scopo di spazzare via secolari pregiudizi, pseudo-conoscenze e delineare dei modelli di razionalità anche per situarsi meglio negli affari umani. Tale vero e proprio engagement  era ritenuto indispensabile  per comprendere, oltre al senso veritativo delle leggi del ‘gran theatro della natura’,  i diversi valori impliciti  e ritenuti, come poi  nella cultura illuministica francese e nel napoletano Antonio Genovesi a fine Settecento, fondanti l’abito di una nazione e di un popolo nel creare le condizioni socio-epistemiche di base per un reale progresso civile ed economico. A ciò si è aggiunto il fatto non secondario che erano lontani da queste tematiche molti intellettuali italiani soprattutto del primo ed in parte del secondo Novecento, sia di destra che di sinistra, che impregnati di filosofia neo-idealistica  hanno dominato  la scena col considerare la scienza non cultura e non vera e propria conoscenza tout court, e non degna di far parte del bagaglio culturale di ognuno di noi e di un popolo, processo che è una delle cause non secondaria dello scarso peso elettorale dei ricercatori e del basso livello di alfabetizzazione scientifica;  questa è una delle ragioni del fatto che non si è dato il giusto peso ad una seria divulgazione scientifica, come in altri paesi europei dove anche i maggiori scienziati, a partire dal Settecento con lo sviluppo di diverse Accademie sostenute dai governi nazionali, erano impegnati in  tal senso, con la conseguente  eliminazione dai dibattiti pubblici del ruolo sociale della scienza nel nostro paese.

Ma anche in Italia, sia pure tra mille difficoltà e con molto ritardo, sta maturando da qualche decennio  una maggiore sensibilità verso queste cruciali tematiche e chiaramente sono impegnate in tal senso per lo più, ma non solo, figure di scienziati impegnati nel campo delle discipline bio-mediche data la centralità da esse assunte in questi ultimi tempi; ed Il Patto Trasversale per la Scienza è stato inviato a fine agosto alle varie forze politiche per chiedere quali ‘piani’ hanno in mente per dotare finalmente l’Italia, anche in base ai fondi del PNRR , di una credibile e soprattutto strutturale politica per la ricerca scientifica che non sia più episodica o emergenziale. La lettera preme anche per avere indicazioni certe su quali ‘strategie’  si intendano mettere in atto per colmare il gap con altri paesi europei ad iniziare dal necessario aumento del numero dei ricercatori nei vari ambiti scientifici sino alla costituzione di una ‘Agenzia Centrale della Ricerca Scientifica’ col compito di governare in modo autonomo e trasparente i processi decisionali nella divisione dei fondi.

Ma come era del resto immaginabile, tale lettera non ha ricevuto ancora una risposta, come d’altronde è successo  sino ad ora per la più recente lettera del 13 settembre inviata ai partiti dallo stesso  Gruppo 2003, nato  proprio con l’aver messo al centro l’emergenza ‘scienza’, dove si chiede di ‘fare di più’ e di proporre delle ‘politiche più lungimiranti’ per rendere meno marginale il  suo ruolo  nel nostro paese dotandolo di finanziamenti da fare in modo permanente e congruenti col PNRR; ed in questo contesto è da tenere presente lo stesso gruppo Scienzainparlamento,  costituitosi  sulla scia di altri paesi con lo scopo di istituire un ‘Ufficio di Scienza e di Tecnica’ presso il Parlamento e  per aiutare “i nostri rappresentanti politici a formulare proposte di legge informate e prendere decisioni pubbliche e consapevoli”, iniziativa condivisa da alcuni esponenti del governo in carica  e da parte di pochi altri candidati.  Grazie all’impegno di giovani ricercatori,  di scienziati e giornalisti sta quindi prendendo piede un movimento che parte dal “presupposto che la conoscenza scientifica debba essere al servizio di tutti attraverso un dialogo costante e costruttivo con politica e società per far fronte alle grandi sfide del futuro”; e il Patto Trasversale per la Scienza, lanciato da Garattini e da Musarò, si inserisce in questo contesto e, come altre iniziative simili, dovrebbe essere sostenuto da tutti noi, portato avanti nell’agone politico di questi giorni col porlo all’attenzione dei nostri futuri rappresentanti politici per esprimersi nettamente, anche perché tale tema è  strettamente connesso con le future decisioni in campo economico, sanitario, ambientale ed educativo.

A questo complesso engagement in cui tutti ad ogni livello dovremmo essere coinvolti,  grazie anche al fatto che sia pure lentamente sta emergendo una più diffusa coscienza socio-epistemica del ruolo strategico della ricerca di base da trasmettere all’intera società italiana, può dare un contributo non secondario la stessa cultura umanistica che viene sempre più a trovarsi in un nuovo crinale rivolto a fornire  le basi di una rinnovata e strategica ‘alleanza’, nel senso di Ilya Prigogine, tra scienze cosiddette dure e scienze dell’uomo, come ci indica il pensiero complesso  da oltre mezzo secolo; ci sono, pertanto, le condizioni strutturali perché essa impregnata di storia, nel liberarsi in modo definitivo dalle ipoteche  filosofiche di matrice neo-idealistica ancora in certi ambienti persistenti almeno per quanto riguarda l’Italia, possa rivelarsi uno strumento per farci comprendere meglio la portata veritativa  e culturale della scienza e della sua storia concettuale in quanto creatrice a sua volta di  specifico pensiero   e di essere tour court pensiero, pensée des sciences a dirla con Gaston Bachelard (Una vita per ‘la pensée des sciences’, 7 luglio 2022), in quanto espressione delle infinite ‘ragioni del reale’, come già all’inizio della scienza moderna aveva indicato Leonardo da Vinci. Non va dimenticato che tale  presupposto filosofico-scientifico,  come dirà Hélène Metzger negli anni ’30, ha funzionato come un vero e proprio ‘a priori dello spirito’  ed è  stato  strategico nella stessa impresa galileiana prima come dopo  in quelle   di Newton, Darwin, Riemann, Boltzmann, Einstein,  la meccanica quantistica ed il pensiero scientifico odierno nelle sue diverse ramificazioni;   ma è stato reso inoffensivo  e marginale nelle  successive vicende culturali italiane  in seguito al ‘Caso Galileo’ col scontarne ancora le conseguenze sul piano dell’educazione scientifica dal cui grado dipendono e dipenderanno tra le altre cose i livelli di democraticità del nostro paese.

Il Patto Trasversale per la Scienza,  insieme con la lettera del Gruppo 2003, si rivela uno strumento prezioso per concepire la scienza  una impresa umana con tutti i suoi valori e limiti e contribuisce in tal senso a renderla, insieme  a quelli prodotti dalle discipline umanistiche, un ‘gene invisibile della democrazia’ come recita il titolo di un recente lavoro di Enzo Di Nuoscio;  pertanto, non  è solo una semplice lettera  inviata alle forze politiche in campo per sollecitarle a ‘fare di più’ nel mettere in atto processi strutturali riguardanti il mondo della scienza, ma anche un invito alla società civile a farsene carico in prima persona. Ed in tal senso le iniziative di Scienzainparlamento  vanno incoraggiate anche col supportare quei pochi uomini politici, non dalla vista corta, che possono sottoscrivere il Patto propostoci da Silvio Garattini e Antonio Musarò,  nel gettare le basi di una reale alleanza tra conoscenza e società democratica; entrambe, a dirla con Karl Popper e Mauro Ceruti, vanno coltivate insieme e si alimentano a vicenda in quanto prese di coscienza dei nostri limiti, processo socio-epistemico che se ben metabolizzato permette di non assumere ormai improponibili  posizioni normative  per l’intrinseca capacità che hanno di auto-riformarsi al momento opportuno e di tenere sotto controllo le diverse hybris di dominio che spesso albergano nelle nostre coscienze. Non va dimenticato  poi  che nelle democrazie, a differenza dei regimi totalitari vecchi e nuovi alla cui formazione concorre pure il nostro modo poco consapevole dell’uso delle tecnologie sempre più sofisticate, il cosiddetto ‘popolo sovrano’ è il primo responsabile sia sul piano morale che politico per la scelta che opera tra forze partitiche in campo e candidati, fatto questo che non si sottolinea abbastanza; e se la partitocrazia impera ed è lontana dai bisogni della gente, è perché  trova fatica ad entrare nella coscienza dell’elettore questo ovvio e determinante fattore col fare a volte  di tutto per rimuoverlo.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.