Seppur agee, il talento di Eastwood resta indiscutibile

Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 1975 di Richard Nash, “Cry Macho – Ritorno a casa” è un film prodotto, diretto ed interpretato da Clint Eastwood. La sceneggiatura, curata dallo stesso Nash con Nick Schenk, racconta il viaggio di Mike Milo, ex star del rodeo, per riportare, dal Messico in Texas, Rafo, il figlio del suo capo e amico di vecchia data.

Ligio e rispettoso, il personaggio interpretato da Eastwood sembra rispecchiare lo stacanovismo irriverente dell’attore e regista ultranovantenne che, sprezzante di acciacchi anagrafici, torna davanti e dietro la macchina da presa con la nonchalance e la passione che da sempre lo contraddistinguono. Seppur agee, il talento di Eastwood resta indiscutibile e, nonostante movimenti da bradipo, rende l’arte recitativa uno spettacolo per gli occhi.

Anacronistico nella gestione relazionale uomo/donna, il buon vecchio Clint si trova più a suo agio nel ruolo paterno della saggezza, nel calore di un nonno che strappa dalle grinfie di una madre alcolizzata un ragazzino indisciplinato che necessita della bussola, la stella polare che indichi il Nord dei valori e dei princìpi, la guida suprema per rimettersi sulla retta via.

Rafo vive esclusivamente per se stesso e l’unico barlume d’amore che emana è la protezione nei confronti del suo fedele gallo Macho, appunto, un compagno inseparabile, l’unica radice che può ancorarlo ad un futuro migliore.

Macho è simbolo di forza e caparbia, il santo graal per cui lottare day by day, lungo le sterrate campagne americane, in una sorta di Cammino di Santiago, Rafo e Mike troveranno il modo di diventare una cosa sola, un corpo unico per affrontare la catarsi dell’anima e abbandonarsi in una prima o ultima danza esistenziale.

Pacata nel suo incedere, la pellicola si discosta dal ritmo serrato, per esempio, di “American Sniper“ o “Gran Torino” per avvicinarsi, invece, all’empatica familiarità di “Changeling” e ”Million Dollar Baby”, è il dispaccio on the road tipico di Kerouac, il pathos incontrollabile di “Mystic River”, il malinconico western che lascia il passo alla crudele ma inevitabile modernità, l’inquadratura in stile Sergio Leone, l’introspettiva rappresentazione di sentimenti taciuti da un’innata virilità, quella di un vero macho, Clint, l’intramontabile Sole di Hollywood!


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.