Non so a che punto è la legge Cirinnà sulle unioni civili, al momento in cui esce questo articolo. In fondo non è neanche importante che io lo sappia, perchè considero la legge uno strumento regolatore di una sostanza, ma la sostanza è terreno di cui si discute e si continuerà a discutere.
Cerco di spiegarmi. Io non sono credente, pur venendo da una famiglia fortemente cattolica nei comportamenti e nello stile di vita. Ma non nego, visti i miei precedenti di ragazzo-chierichetto, di subire il fascino della religione, dei suoi riti, della sua teologia e della sua sapienza. La Chiesa cattolica ha dato al mondo, nei suoi duemila anni di storia, pensatori come Paolo, Agostino, Tommaso d’Aquino, Ignazio di Loyola, Anselmo d’Aosta, Carlo Borromeo. Ne tralascio un altro centinaio, e senza farla lunga arrivo a Benedetto XVI, il papa emerito che molti storici contempotanei considerano l’ultimo grande pensatore dell’Occidente.
Il cristianesimo è stato, in Europa, fonte di civiltà e di diritto, di difesa dei valori condivisi. Le sue regole, in fatto di diritto privato e di diritto pubblico, sono all’origine dei Codici che hanno regolato gli Stati fino alla Rivoluzione francese. Ora non c’è bisogno di essere credenti per essere consapevoli della nostra storia. E quella storia ci racconta che il nostro modus vivendi ha un’origine ben precisa, nonostante i cambiamenti che, nel tempo, gli Stati laici hanno portato a quel modus. Per restare in tema di etica, basti ricordare le leggi sul divorzio e sull’aborto, leggi che furono molto contrastate dalla Chiesa, e non poteva che essere così. E che continuano a essere ancora fortemente avversate, nella fattispecie dell’aborto; mentre di una maggiore comprensione gode il divorzio, nonostante il dibattito interno alle gerarchie.
Bene, ma che cosa c’entra la Cirinnà, mi domanderete. C’entra in parte essenziale dove si occupa di genitorialità, di riproduzione e di manipolazione della vita, come accade per l’aborto. C’entra laddove apre la porta all’adozione di figli per le coppie omosessuali e per la riproduzione attraverso l’utero in affitto. C’entra in quanto manomissione dell’antropologia dell’essere umano.
Ecco perchè il Family Day non è stato una parata di nostalgici della reazione, se si depura dalle cifre gonfiate e dal fervore fuoritono del professor Gandolfini, laddove il portavoce della manifestazione racconta il sesso come fonte di riproduzione ma non di piacere. Un’esagerazione bacchettona che non c’entra con la piazza, la quale piazza ha reclamato due cose: che le unioni civili non siano la stessa cosa del matrimonio e che i figli li facciano e li educhino un maschio e una femmina.
Dov’è lo scandalo? Io, da non credente, non lo vedo. E, per di più, penso che, nei termini posti, la faccenda debba riguardare anche i non credenti, e anche quelli di sinistra (io mi ritengo di sinistra). La sinistra non può pensare che la “modernità” sia negare in radice l’antropologia dell’uomo. Sul Corriere della sera di mercoledì 3 febbraio, su questi tempi è stato chiaro e chiarissimo il professor Giuseppe Vacca, che è presidente dell’Istituto Gramsci ed e il maggiore studioso dell’intellettuale che fondò il Partito comunista d’Italia, e morì in un carcere fascista. Certamente un uomo di sinistra a prova di bomba. Sono orgoglioso di essere in buona compagnia, in una sinistra che ragiona ancora sul valore dell’uomo, non soltanto sulla sua pretesa di diritti ad ogni costo.
Riportare a toni civili e ragionati il discorso su unioni civili e adozioni (adozioni e basta perché al centro delle regole c’è sempre e comunque un bambino una bambina o un ragazzo) è un dovere delle persone a cui sia rimasto un po’ di cervello e anche di voglia di pensare. Bene fa Vacca a sottolineare che il Family Day non era per forza una piazza reazionaria. Così come – dico io- gli ultras della Cirinnà non per forza sono progressisti. Bastava prendere atto che matrimonio e famiglia sono da tempo due concetti slegati e che il riconoscere l’uno come insieme di diritti dei coniugi non per forza implica l’esistenza dell’altro. E quello che la piazza del Family Day urlava e che i nostri decisori politici farebbero bene a sentire è che a questa famiglia tanto osannata ( anche dagli omosessuali) non si dà un fico secco di aiuto. Si fa prima e soprattutto costa meno a fare la stepchild adoption.
Può essere interessante questa dichiarazione di Mara Carfagna in una nota trasmissione televisiva 8https://www.youtube.com/watch?v=hjIdJgZ3dvc)
«Io sono contro l’utero in affitto, come penso la stragrande maggioranza di chi ci ascolta, perchè ritengo che l’utero in affitto sia una forma inaccettabile di sfruttamento e mercificazione del corpo femminile, sono però favorevole alla tutela dei diritti dei minori, e io credo che con o senza la stepchild adoption, ci saranno comunque coppie omosessuali, ma anche eterosessuali sterili, che andranno all’estero, avranno purtroppo un figlio attraverso l’utero in affitto, poi torneranno in Italia e questo bambino resterà poi figlio di un genitore e non figlio dell’altro. Se morirà il genitore biologico questo bambino resterà figlio di nessuno, con tutte le conseguenze del caso. Se morirà il genitore non biologico questo bambino perderà ad esempio la possibilità di godere dei diritti ereditari, quindi diritti patrimoniali importanti. La stepchild adoption è una forma di tutela dei diritti del minore, per riconoscere I doveri della coppia di fronte allo Stato nei confronti del bambino»
Condivido le argomentazioni “laiche” di Antonio del Giudice e del prof Vacca.:
Vorrei solo aggiungere che in questa società sempre più individualista che tende a trasformare in diritto ogni desiderio, lo Stato deve tutelare sopratutto i diritti dei piu deboli e quindi dei bambini che hanno il diritto di essere generati e allevati da un papà e una mamma uniti da un legame stabile giuridicamente riconosciuto. Le norme che in Italia disciplinano le adozioni e gli affidi mirano a questo. Credo che molte ” distorsioni” derivino dalla legittimazione attraverso le recenti sentenze giudiziarie, della fecondazione eterologa che la legge 40 in Italia opportunamente non consentiva.