Le caratteristiche, i sintomi, le misure precauzionali
Ci sono le prove: il coronavirus proveniente dalla Cina si può trasmettere da persona a persona; cresce così la paura nel mondo per quello che potrebbe diventare una nuova emergenza sanitaria, o peggio una epidemia, dopo la SARS (Sindrome Respiratoria Acuta Grave).
La Cina è il continente più popoloso, 1.4 miliardi di abitanti, ed è facile immaginare perché quando la Cina starnutisce il resto del mondo comincia a preoccuparsi.
Era l’inverno del 2003 quando l’epidemia di SARS, sviluppatasi nella provincia cinese di Guangdong, iniziava a diffondersi nel mondo, lambendo una trentina di paesi e provocando in totale 800 vittime, tra cui il medico italiano Carlo Urbani che identificò e classificò la SARS. Il caso SARS fece anche emergere, oltre ad una crisi sanitaria anche una crisi di fiducia verso il governo di Pechino che aveva minimizzato la portata dell’emergenza sanitaria, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) suggerì al resto del mondo di non fidarsi troppo dei numeri e delle cifre diffuse dal governo cinese.
Ci troviamo nuovamente oggi davanti ad un’altra emergenza sanitaria, un nuovo patogeno che comincia a far paura non solo tra le mura della popolosa Cina, ma anche nel resto del mondo. Il governo di Pechino forse ha imparato la lezione e divulgando in maniera subitanea la notizia del nuovo contagio, ha permesso di allertare gli altri paesi per cercare di tenere sotto controllo una potenziale epidemia globale. C’è da sperare che le autorità cinesi non minimizzino comunque il rischio di contagio.
Il 18 gennaio 2020 le autorità cinesi comunicano la morte di tre persone e la presenza di 139 nuovi casi di contagio da parte di un virus misterioso che causa i sintomi tipici di una polmonite. Il contagio, che sembrava ristretto nella città di Wuhan, da cui ha avuto origine l’epidemia, si espande non solo in altre città cinesi, quali Pechino e Shenzhen, ma anche al di fuori dei confini cinesi: casi di infezione sono stati segnalati in Corea del Sud, Giappone, Stati Uniti e Thailandia e sospetti contagi sono stati rilevati anche a Singapore, Australia, Russia ed in alcune città europee. Sono 26 il numero di vittime accertate in Cina per infezione del nuovo virus, mentre i casi accertati di persone contagiate sono 830, anche se secondo una stima dei ricercatori dell’Imperial College di Londra le persone contagiate sarebbero circa 1.700.
Cresce l’allarme e con questo le misure di sicurezza adottate dai vari paesi per cercare di individuare per tempo i potenziali soggetti infetti e promuovere misure di controllo e prevenzione. Anche in Italia l’allerta è massima; nello scalo di Fiumicino, per esempio, sono state adottate specifiche misure di sicurezza e nella giornata di giovedì 23 gennaio i passeggeri provenienti da Wuhan, la città cinese epicentro dell’epidemia del coronavirus, sono stati fatti transitare attraverso un “canale sanitario”; un percorso munito di termoscanner per controllare la temperatura corporea dei passeggeri e monitorare eventuali sospetti. Al momento non sono stati riscontrati casi sospetti tra i passeggeri, anche se il coronavirus potrebbe essere arrivato in Italia. Si apprende che una cantante barese proveniente dalla Cina, in cui ha toccato nel suo tour la zona Wuhan, si trova attualmente ricoverata al Policlinico di Bari per un sospetto caso di contagio in quanto manifestava sintomi apparentemente influenzali da virus di Wuhan (febbre e tosse). Ovviamente, sono state attivate immediatamente, come da circolare ministeriale, tutte le procedure previste per prevenire la diffusione del virus. Si apprende dalle prime analisi effettuate che i sintomi manifestati dalla cantante barese non dovrebbero essere stati causati dal pericoloso coronavirus cinese, ma da un micoplasma, un batterio in grado di colonizzare le vie respiratorie e di produrre malattie di varia entità, la più frequente la polmonite. Campioni biologici della paziente di Bari sono stati inviati allo Spallanzani di Roma, centro nazionale di riferimento per le malattie infettive, per avere conferma del tipo di infezione in atto.
Quali sono le caratteristiche del virus di questa nuova emergenza sanitaria?
Si tratta di un coronavirus a cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dato il nome di 2019-n-CoV.
I coronavirus, scoperti negli anni ’60, sono definiti tali proprio per la loro forma a corona, ma di regale hanno ben poco. Il genoma, materiale genetico, dei coronavirus è rappresentato da una molecola di RNA a singola elica, di dimensioni comprese tra le 26 e le 32 kilobasi, che codifica per 7 proteine virali.
Come tutti i virus, anche i coronavirus non possono riprodursi da soli ma solo grazie all’intermediazione di cellule ospiti, all’interno delle quali i virus veicolano il loro materiale genetico, sfruttando poi il macchinario di sintesi proteica dell’ospite che produrrà anche le proteine virali responsabili poi delle alterazioni funzionali e strutturali della cellula ospite stessa.
Nella maggior parte dei casi le nostre prime linee di difesa eliminano l’invasore senza che neppure ce ne accorgiamo. Il nostro sistema immunitario, quindi, mette in atto strategie di attacco e armi diverse per fronteggiare ogni tipo di patogeno. Quando un determinato patogeno è noto, è possibile anche “allenare” il sistema immunitario per renderlo più forte dall’infezione del patogeno. E’ il caso dei vaccini che sfruttano la capacità del sistema immunitario di ricordare i patogeni che incontra e quindi di rafforzare le linee di difesa immunitaria.
Se però un patogeno riesce a superare la resistenza iniziale del sistema immunitario o per l’assenza di specifici vaccini contro il patogeno, può causare le gravi condizioni patologiche che sono state per esempio ascritte al coronavirus cinese 2019-n-CoV.
Può anche capitare che il virus vada incontro a diverse ricombinazioni, cioè può subire diverse mutazioni, che lo possono rendere più aggressivo e, secondo la strategia di camuffamento tipica dei microrganismi, diventare irriconoscibile anche al sistema immunitario.
Anche il coronavirus cinese 2019-n-CoV ha subito delle modificazioni. È quanto hanno scoperto un gruppo di ricercatori cinesi, il cui lavoro è stato pubblicato questa settimana sul giornale scientifico internazionale “Journal of Medical Virology” (DOI: 10.1002/jmv.25682). I ricercatori sono riusciti non solo a classificare il virus cinese 2019-n-CoV, ma stabilire, attraverso una mappatura genetica, quali specie animali hanno rappresentato la sorgente di incubazione del virus. I risultati ottenuti da queste analisi genetiche suggeriscono che il 2019-nCoV sembra essere un virus ricombinante generato tra il coronavirus del pipistrello ed un altro coronavirus inizialmente sconosciuto. Le analisi genetiche hanno chiarito la sorgente del coronavirus sconosciuto, individuando nel serpente il serbatoio preferenziale di questo nuovo agente patogeno. Il virus 2019-nCoV risulta quindi essere un mix di un coronavirus proveniente dai pipistrelli e di uno che arriva dai serpenti e da questi ultimi, ricombinandosi geneticamente, ha acquisito la capacità di legare specifici recettori localizzati sulla cellula ospite del sistema respiratorio umano, infettandola. Da qui poi la trasmissione da uomo a uomo. Nei serpenti, quindi, il nuovo virus ha fatto il cosiddetto “salto di specie” che gli ha permesso di acquisire nuove caratteristiche molecolari in grado di legarsi alle cellule umane.
Il virus, che si trova quindi comunemente nel mondo animale è passato all’uomo con “un contatto diretto”. Il contagio tra uomo e uomo, come si apprende, avviene attraverso un contatto molto stretto tra individui, in quanto avviene attraverso la saliva di un soggetto infetto la quale finisce nelle mucose di un’altra persona. Quello comunque che emerge dalla valutazione dei contagiati nelle zone più significativamente colpite dal virus è che il contagio interumano sarebbe avvenuto prevalentemente tra parenti a strettissimo contatto.
Tuttavia, come indicato da Gianni Rezza, responsabile delle malattie infettive all’Istituto superiore di sanità (Iss) “I numeri non sono ancora indicativi dell’ampiezza e dell’intensità del fenomeno e sono in crescita, per cui bisognerà attendere l’andamento delle prossime settimane e mesi”.
Quali sono i sintomi dopo il contagio?
Come riferito da alcuni virologi e infettivologi, le persone contagiate manifestano fondamentalmente gli stessi sintomi di una influenza, tra cui febbre alta, mal di gola, tosse secca, mal di testa, malessere generalizzato, dolori muscolari e articolari, difficoltà respiratorie e più in generale il coronavirus provoca una malattia simile alla polmonite.
Il Ministero della Salute ha stilato un elenco di consigli per ridurre al minimo il rischio di contagio, soprattutto in persone che si trovano a viaggiare verso il paese asiatico.
E comunque, per evitare di entrare in contatto con il virus e di essere contagiati si consiglia di seguire alcune regole basilari:
- Usare la mascherina in caso di influenza
- Starnutire e tossire in fazzoletti usa e getta
- Gettare fazzoletti usati in cestini
- Lavare spesso le mani
- Evitare carne cruda o poco cotta
- Evitare frutta e verdure non lavate
- Evitare il contatto con persone che hanno sintomi sospetti
Come si legge nell’editoriale che accompagna il lavoro scientifico dei ricercatori cinesi che hanno caratterizzato il virus 2019-n-CoV, sebbene il controllo finale delle infezioni virali richieda la scoperta e lo sviluppo di vaccini e / o farmaci antivirali efficaci e mirati, è possibile immaginare che i farmaci antivirali attualmente autorizzati potrebbero intanto essere testati per verificarne l’efficacia contro il coronavirus 2019-nCoV.
Nel frattempo Wuhan e altre città cinesi sono praticamente città isolate, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità ha comunicato che la malattia virale che in Cina ha contagiato centinaia di persone non è ancora “un’emergenza sanitaria globale”.
Serve mantenere alta la guardia e prestare attenzione su quanto consigliato dalle competenti autorità sanitarie.