“Desti a me questanima divina e poi la imprigionasti in un corpo debole e fragile, com’è triste viverci dentro.”

(Michelangelo Buonarroti)

Era una favola dei Fratelli Grimm, ma l’originale non raccontava un evento: la principessa protagonista aveva paura di non poter preparare una ciambella. Forse un giorno la versione riveduta e corretta sarebbe stata addirittura pubblicata, ma in quel momento era troppo presto per annunciare il finale.

Era un’impresa titanica, quella della ciambella, pensava la principessa.

E davvero così la viveva.

Solo che qualcuno l’aveva guidata nel comprare gli ingredienti, si era seduto e le aveva detto che non si poteva affatto rimandare, come la sua prima reazione aveva invece chiesto di fare.

Se preparare la ciambella era un’impresa enorme, a maggior ragione andava affrontata subito.

E così la principessa aveva svuotato un vasetto di yogurt in una coppa, lo aveva lavato e poi usato come misurino: due vasetti di farina, un vasetto di fecola di patate, due vasetti di zucchero, un vasetto di olio di semi di girasole, una scorza grattugiata di limone, una scorza grattugiata di arancia, tre uova, una bustina di lievito per dolci, un pizzico di sale.

Ne era venuta fuori una ciambella soffice, gustosa e strabordante dell’ingrediente segreto. Il coraggio di tentare oltre la paura.

La principessa aveva sorriso e battuto un grosso cinque alla sua guida: “Quanto ci è voluto?”, aveva chiesto.

“Tre quarti d’ora” era stata la risposta.

Quarantacinque minuti sono molto pochi e non basterebbero nemmeno in un universo parallelo per superare le impervie strade di una vita principesca in un finto castello di cristallo pieno di draghi… però quella principessa così devastata, oltre le etichette che aveva addosso e che a stento ammetteva di detestare, aveva un’anima talmente potente che, a guardare bene, non poteva sfuggire nemmeno dietro il velo degli psicofarmaci che offuscano lo sguardo.

Lei aveva paura.

Aveva già ammesso candidamente di avere paura di non potercela fare a salvarsi.

Così come aveva detto di avere paura di non potere preparare la ciambella.

E per fare certe ammissioni, ci vuole coraggio.

Coraggio: cor ha beo. Avere cuore.

La principessa aveva cuore.

Insieme a una montagna di enormi guai irrisolti.

Aveva cuore.

E, come indicativamente diceva Goethe, tutti possono imparare tutto, ma ciò che si ha nel cuore, lo sa solo chi lo porta.

Bene, allora esistono fiabe e fiabe; quelle edite hanno sempre un lieto fine, quelle inedite  o quelle che ancora sono in fase di srotolamento, non lasciano presagire niente di certo, però non è concesso, in certi casi, pensare solo che chi vivrà vedrà.

Immagino ci siano tante principesse come la nostra, ma se ce ne capita una vuol dire che è lei ad essere entrata a far parte della missione a noi destinata. È lei e non un’altra.

È il tempo che hai speso per la tua rosa che fa la tua rosa così importante. E se ce lo insegnava un bambino piccolo principe, allora la regola varrà per tutte le principesse.

Vi supplico, prestate attenzione se la vita dovesse regalarvene una e ricordate che certi doni peggio sono incartati, più sono preziosi e delicati.

Abbiatene cura.


FontePhotocredits: Miriam Arsedea Massarelli
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.