Chuck Berry? Era semplicemente il più bravo di tutti

“Se si volesse dare un altro nome al rock ‘n roll, lo si potrebbe chiamare Chuck Berry.” La firma, autorevole, è quella di John Lennon, fan sfegatato del padre del Rock ‘n Roll.
Ma chi era Chuck Berry? Era semplicemente il più bravo di tutti. Scomparso proprio a ridosso della “Festa del Papà”, novantenne dall’animo irrequieto, ha generato figli della musica di primissimo livello.

Inserito dalla rivista “Rolling Stone” nella lista dei 100 migliori artisti di tutti i tempi, di cui fanno parte anche i Beatles, Bob Dylan ed Elvis Presley, Chuck Berry aveva deciso di festeggiare, lo scorso 18 ottobre, il suo compleanno presentando un nuovo disco, il primo LP dal 1979, canzoni inedite, dedicate a sua moglie Themetta: “Mia cara, sto invecchiando, e sono un po’ stanco – le aveva confidato – Ora posso appendere le scarpe al chiodo!”

Già, perché quelle scarpe erano affondate nella melma terrosa della torbida sinfonia. Chuck ne è uscito pulito, limpido nelle idee e nel virtuosismo di una chitarra che svolazzava tra il blues ed il country. Il suo genio ha riecheggiato tra le sfarzose luci di ogni jukebox, la sua “Maybellene” comandò la classifica R&B per nove settimane.

Ma è dall’anno seguente che Chuck Berry scrive la storia. “Roll Over Beheetoven” nel 1956 e “Johnny B. Goode” nel 1958 segnano un’epoca di innovazione, tuttora classici intramontabili, muse che ispirano energia e senso di libertà, colonne sonore che hanno indirizzato le carriere di Michael J. Fox in “Ritorno al Futuro” e Quentin Tarantino che, nel 1994, dirige, con il sottofondo di “You Never Can Tell”, John Travolta e Uma Thurman nel twist più famoso del cinema.

In fondo, anche la vita di Chuck Berry è stata un film la cui trama intrecciava filoni più intimisti (“Promised Land”, “Too Much Monkey Business” e “Brown Eyed Handsome Man”) a scene di ribellione generazionale (“Sweet Little Sixteen” e “You Can’t Catch Me”), una pellicola a lieto fine, partita con un incredibile “Chuck, si gira!”