…come se ci frequentassimo quotidianamente.
Non sono le origini, russe ed ebraiche, non è la vita spesa in viaggi, forzati o no, non sono le mille frequentazioni. Non è aver attraversato e subito due guerre mondiali e una rivoluzione. Non sono i paesi di appartenenza. Mai vissuto in Russia e a Parigi, mai vista l’America e la Palestina. Solo una capatina a Berlino che oggi è capitale europea al cospetto dei tanti turisti. Qui parliamo di viaggiatori invece, di profughi, di rinnegati e poi protetti. Di persone che hanno attraversato le epoche e hanno sperimentato sulla propria pelle il mondo che muta e non sempre per il meglio. Parliamo di veggenti.
Ciò che mi riporta continuamente a lui è un’attitudine, un vizio magari, una scappatoia immediata e sempre disponibile che spesso viene accompagnata da un sorrisino sornione di chi non ne fa abituale uso. Sto chiaramente parlando del concetto e della pratica innata al sogno.
Chagall scappa da una Russia che rinnega gli ebrei per una Parigi colorata, ci torna per nostalgia di casa e perché la rivoluzione gli promette trattamento nuovo. Come cadere dalla padella nella brace. Non è libero e sogna. Di nuovo la guerra, di nuovo la fuga. È tra gli eletti a poter lasciare il continente via Spagna e Portogallo per l’America. Ma ha con sè il suo amore, la sua Bella, di nome e di fatto. Muore Bella a soli quarantanove anni, si spegne l’uomo ma il sogno si potenzia. Vivrà l’artista quasi cento anni, avrà altre due compagne, tornerà in Provenza col bagaglio dell’onirico a spalla.
Bella è in quasi tutti i suoi quadri, ha sconfitto la morte. È una sposa, riceve fiori, cavalca asini colorati e giace copiosa col suo uomo mentre il cielo è un tripudio di colori e cose all’incontrario e galli fluorescenti.
L’exodus è un fatto personale, la Bibbia siamo noi che soffriamo e speriamo. Illustra Chagall scene bibliche e fiabe, non per sminuire la portata del libro dei libri, non per uccidere la sua fede ma perchè davvero la fine è l’inizio. La fiaba, la natura, gli animali, la donna nuda sono l’uomo tout court che prega, che protegge, che spera. C’è un pagliaccio che balla col crocifisso dipinto dentro, c’è un deportato accanto ad un seno generoso e ingioiellato: Il dolore e la gioia.
I colori sono caldi, i cieli fluttuano nella notte diafana e irreale, le pennellate a spatola tagliano la tela.
Come tornare a casa, come ricevere un risarcimento, come accettare di far parte di quella accolita di protetti che, al leggere le proprie poesie, quelle altrui magicamente svaniscono.
Il piacere è divenuto gioia, il sogno di esseri insulsi e dispersi è legittimato, salvifico.
Adesso, a chiunque mi dirà ancora che i sogni non servono a niente, so finalmente cosa replicare:
“ditelo al mio amico Marc, sul trono blu del suo impero”
A volare si fa in un attimo.
Grazie mille. Molto incisivo per la mia anima
grazie sempre a chi legge!