“Credo di aver imparato che i veri eroi non sono quelli (o almeno non solo quelli) con la medaglia al petto. Credo che gli eroi possano commettere degli errori, avere delle paure, a volte sentirsi soli e sconfitti. Sono però eroi, perché affrontano i loro limiti e attraversano il quotidiano”

Ha fatto di tutto per evitare questa intervista che, appresa l’ufficialità della notizia, più di due mesi fa, ho provato a proporgli e riproporgli mille volte, ma senza successo. Ha ceduto solo ora, dopo che i media locali ne hanno già dato ormai ampia diffusione. A tu per tu con Paolo Farina, professore, scrittore e direttore di Odysseo. E, dal 10 ottobre scorso, anche Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana (OMRI)

Direttore, anzi, Cavalier Farina, nella motivazione dell’onorificenza che ti è stata conferita si legge che la stessa viene riconosciuta “per benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere e delle arti” e “per attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari”. Tutti conoscono il tuo impegno ormai più che trentennale al servizio della cultura. Non tutti sapevano che hai alle spalle altrettanti anni in veste di donatore di sangue. Dove finiscono i confini dell’onore e iniziano quelli dell’onere?

L’onore, è inutile negarlo, è grande. Dal momento in cui mi è stato notificato il conferimento a Cavaliere dell’OMRI ho subito pensato a due persone: mio nonno, di cui porto il nome, e mio padre, che in Cielo avrà fatto baldoria e dato fastidio a tutti i santi per vantarsi di suo figlio. L’onore è tutto loro: il primo, analfabeta, è stato tutta la vita un bracciante agricolo. Il secondo, dotato di viva intelligenza, a 11 anni è stato tolto dai banchi di scuola per andare a lavorare nei campi e a 20 anni, tutto solo e senza conoscere una parola di tedesco, ha dovuto emigrare in Germania. Sono loro la mia radice perciò ripeto: l’onore è tutto loro. Quanto all’onere, credo che un educatore abbia fondamentalmente un solo, enorme onere: essere credibile, ogni giorno. Portare, ogni giorno, in classe, ai suoi ragazzi una parola testimoniata da fatti. I giovani hanno fiuto. Se pensi di raggirarli con vuote parole, ma non dai prova di fatti, ti mollano. E fanno bene. Per questo credo che il ricordo più bello legato a questa onorificenza sia quello delle decine e decine di studenti che, in tutti questi anni, ho avuto il privilegio di “iniziare” alla donazione. Non appena divenivano maggiorenni, proponevo loro di accompagnarli a donare sangue e di donare tutti insieme per poi andare tutti insieme a festeggiare con cornetto e cappuccino: tanti hanno accettato, tanti continuano oggi ad essere donatori.

Si è, scherzosamente, definito un “cavaliere senza cavallo”. Crede sia possibile, nella società attuale, essere eroi anche se non armati di spade e scudi?

Da bambino amavo leggere ed ero ammaliato dalla figura del “cavaliere senza macchia e senza paura”. Poi, crescendo, si impara. Credo di aver imparato che i veri eroi non sono quelli (o almeno non solo quelli) con la medaglia al petto. Credo che gli eroi possano commettere degli errori, avere delle paure, a volte sentirsi soli e sconfitti. Sono però eroi, perché affrontano i loro limiti e attraversano il quotidiano. Ecco, direi che il mio modello di eroe è oggi vicino a quello offerto da Luigi delle Bicocche, l’Eroe disegnato dall’arte di Caparezza.

Che portata può avere una singola donazione di sangue?

Salvare una vita. Una singola donazione può salvare una vita. E nel Talmud si legge che chi salva una vita, salva il mondo intero. Credo che sia sufficiente come risposta. Lasciami, però, ringraziare quanti ogni giorno si prodigano a favore della donazione di sangue. In particolare, lasciami ringraziare la locale sez. AVIS, di Andria, intitolata alla memoria del dott. Nicola Porziotta, la presidente Mariagrazia Iannuzzi, il prof. Felice Matera e l’amico Antonio Panico: non mi sarei di certo mai sognato di diventare cavaliere e il merito dell’onorificenza che mi è stata conferita è tutto nella loro iniziativa.

Da docente a scrittore, da editore a relatore, in che direzione intende spiegare le vele e quali mete vuole raggiungere Odysseo?

Domanda semplice, risposta diretta: oltre le Colonne d’Ercole. Sempre e comunque. E dove sennò? Odysseo, l’eroe greco, vive della sua sete di conoscenza e senza di essa perderebbe la sua ragione di esistere. Quanto all’altro Odysseo, il nostro piccolo magazine, vivrà finché avremo le forze per portarlo avanti: confesso che con l’aiuto di qualche mecenate illuminato il nostro viaggio sarebbe più agevole.

Paolo Farina si è sempre distinto per il suo stile giovanile e per un approccio confidenziale con tutti i suoi studenti che vedono in te una figura rassicurante e non autoritaria. Che cosa vuole fare da grande il mio Direttore?

L’educatore.