Nell’era fordista la parola era considerata un disturbo, una varianza. Oggi è da intendersi piuttosto come “materia prima per la produzione” ed è in questo assunto che è sintetizzato il contenuto di “Capitale relazione e creatività in azienda”, un libro scritto dalla coach e psicologa del lavoro nonché membro del comitato scientifico di Aidp Puglia, Laura Conte.
“È all’interno dello spazio relazionale sicuro, laddove un individuo si sente membro e tutelato, che ha sede la creatività” – ha asserito la dottoressa Conte nel corso della presentazione del suo libro tenutasi lo scorso 29 maggio a Trani presso la libreria Luna di Sabbia – “La fonte della creatività sta nella relazione e non nel singolo individuo; come coach lavoriamo e facciamo leva sui cosiddetti ‘prevaricanti’ affinché si dia la possibilità ai componenti del team di poter assumere la consapevolezza e la rappresentanza del sé. Difatti, quando la relazione è asimmetrica si crea un ambiente mefitico fonte di stress e non certo di creatività”.
“Il processo esperienziale che caratterizza il lavoratore è lo stesso del gioco: elaborare idee trovare soluzioni condividerle con i compagni apprenderle dall’esperienza per evitare nel prossimo gioco gli stessi errori; ma se al lavoro togliamo creatività e passione probabilmente ciò che resta sono azioni ripetitive e stereotipate ossia la fabbrica ‘fordista’ ” – si legge nel libro.
“Dunque – ha chiesto Sergio D’Angelo, moderatore dell’incontro, presidente dell’AIF (Associazione Italiana Formatori) Puglia e direttore dell’ente di formazione tranese “Efesto” – come è possibile alimentare creatività e passione, per far si che la linea dello sfruttamento non sia più quella del plusvalore tramandataci dalla tradizione marxista, ma sia piuttosto un desiderio gioioso per ‘interposto’ padrone?”
“Sicuramente – ha replicato Conte – il supporto motivazionale con la comunicazione aiuta di certo ad aumentare la produttività tramite la creatività delle persone. In realtà il mio è un approccio relazionale molto micro, di certo non mi soffermo su scambi relazionali ‘pacchiani’. Una relazione diventa creativa quando nel confronto interpersonale con l’altro si ottengono dei micro comportamenti, per i quali non è necessario urlare per imporre il proprio pensiero, invadendo lo spazio del nostro interlocutore con modalità esagerate. Quello che funziona non è il processo della comunicazione efficace, ma piuttosto la qualità della relazione, quella che si vive ogni giorno e per la quale purtroppo non si dispone di indicatori evidenti; la qualità può essere valutata solo da coloro che in prima persona vivono e intraprendono la relazione stessa”.
Conseguentemente a tale assunto, lo sforzo compiuto da Laura Conte con il suo Capitale relazione e creatività in azienda è stato quello di soffermarsi sulle micro relazioni e quindi sui micro comportamenti, scegliendo un approccio basato sull’intersoggettività, con l’intento di aiutare le singole persone a ritrovare la voglia di lavorare, offrendo al contempo validi strumenti all’imprenditore che intenda trovare nei suoi collaboratori forme di creatività, soprattutto tenendo ben presente e analizzando dettagliatamente l’ambiente relazionale del “come siete tra voi”; un’osservazione che oggi giorno risulta difficile decifrare in quanto è sempre più frequente il porsi come entità separate. Garantirsi uno spazio relazione sicuro è importante, affinché il “no” dei nostri interlocutori/collaboratori non sia inteso come una sconfitta un umiliazione o addirittura un tradimento, perché se cosi fosse, sarebbero favorite dinamiche piscologiche aride e disturbate che molto spesso possono sfociare nel mobbing.
“Ognuno tollera e ama la propria rappresentazione di sé per cui la diversità dell’altro è una risorsa non una minaccia” – ha concluso la coach riassumendo la tesi di fondo del suo testo.