Stiamo per celebrare la Natività e niente appare più opportuno che fermarsi un attimo a riflettere sulla realtà che circonda la nascita di un figlio. La responsabilità nel diventare genitore e la coerenza dell’impegno preso al momento di una scelta fondamentale che è quella di creare una famiglia, qualunque ne sia composizione (chi siamo noi per giudicare!), sono problemi che si riverberano nelle creature sulle quali abbiamo scommesso una vita. Tutte le formalità, le grandi intenzioni, le aspettative e le promesse che si creano al momento dell’avvio di un nucleo familiare, spesso e troppo presto forse, si perdono nella giungla di questa vita che pone grandi e ripetuti ostacoli ed interrogativi irrisolti.

È luogo comune ritenere che i genitori nella realtà di oggi sono decisamente legati rispetto a quelli del secolo scorso, per i quali le strette e comode regole, una vita meno votata al consumo e alla devianza, un deciso rispetto per l’adulto, erano pilastri sui quali si reggeva l’educazione dei propri figli e l’impostazione del futuro degli stessi. Oggi è chiaro a tutti che non è possibile vivere rimpiangendo un passato che non può e non deve ritornare. Allo stesso tempo non si può buttare tra i rifiuti del tempo tutta l’esperienza di anni e di uomini degni di essere chiamati tali.

Qualcuno nella Rete ha scritto che “i genitori, invece di camminare davanti ai figli per spianargli la strada ed insegnargli a vivere, dovrebbero togliersi di mezzo, perché ci penserà la vita ad insegnare il necessario”. Ma non si può, d’altronde, adeguare la condotta ad un mondo che si trasforma continuamente, secondo principi e in direzioni che spesso non hanno alcun valore educativo e nessuna prospettiva per i giovani e per le famiglie.

Purtroppo, la crescita dei consumi è alla base dei problemi e, quindi, dei comportamenti suggeriti dalla forza mediatica del potere economico; e con essi tutta una serie di spazzatura sociale che tende ad attirare giovani ed adulti. E si guardi anche alle difficoltà dei genitori che spesso non hanno un facile e sereno rapporto con il lavoro ed il sostentamento familiare; per costoro tutte le buone parole e propositi dell’educazione, diventano un elemento spesso trascurabile e trascurato nei problemi della quotidiana sopravvivenza. È’ grottesca la denuncia allarmante riguardante la riduzione delle nascite e l’invito alla procreazione. A prescindere dalle fondamentali questioni economiche che spesso sono alla base di tali decisioni, appare, altresì, veramente insensato invogliare chi sente di non poter gestire responsabilmente la crescita e l’educazione di altre creature, e compie comunque una scelta ragionevole.

“Datemi genitori migliori e vi darò un mondo migliore”: sono parole dello scrittore Leonard Huxley che avrebbero un senso se quei genitori migliori non fossero i bambini di oggi che, probabilmente, non hanno i genitori migliori. Forse gli sforzi dei genitori e degli educatori dovrebbero invertire l’attuale tendenza; sarebbe l’ora di una composizione di tutti questi rivoli di progetti, esperienze, esperimenti, discussioni e tesi che, al momento, nei soggetti destinatari, stanno provocando solo disorientamento.

Si prendano gli aspetti eccessivi di questa Società e li si rivolgano, ove possibile, a favore di una educazione giusta, adeguata ai tempi. Si salvino, senza timore di essere tacciati di arretratezza, quei pochi buoni principi sopravvissuti. La sintesi fatta di buon senso e di pragmatismo certo non potrà che arricchire e sfrondare di inutili teorie sociologiche il comportamento genitoriale.

Vivere ogni giorno la vita di genitore, confrontarla con le difficoltà sempre crescenti del quotidiano, degli affetti, delle crisi familiari, dell’aspirazione degli adulti ad avere anche una vita personale appagata, è un’impresa eroica in un magma in movimento qual è l’attualità; e di questo ne deve prendere atto chi ogni giorno nei salotti teorizza e pontifica.

Allora le parole magiche possono essere: piena coscienza e responsabilità di una scelta fatta a monte e che coinvolge necessariamente la vita di altri esseri umani; coraggio nell’esprimere sentimenti, emozioni e difficoltà, per farne partecipe la famiglia; guardare ai figli come ad un ricchezza da tutelare perché essi sono patrimonio dell’Umanità; l’ambiente e la Società, che si evolvono e si modificano continuamente a ritmi velocissimi, saranno soprattutto quello che i figli diventeranno; essere pienamente consapevoli che la nascita di un figlio, come nella Natività, è l’inizio di una grande avventura nella quale si avvicenderanno grandi gioie e sofferenze, alle quali dovremo rispondere con coraggio e maturità, sopratutto rinunciando sempre a qualcosa. Perché è regola universalmente riconosciuta che, in fondo a qualsiasi risultato che dà soddisfazione e felicità, c’è sempre una storia di rinunce e sacrifici.

Mi appare giusto concludere queste brevi note con le bellissime parole di Erma Bomberck, giornalista e madre straordinaria che così sintetizzava la sua esperienza:
“Come gli aquiloni
I figli sono come gli aquiloni
passi la vita a cercare di farli alzare da terra.
Corri e corri con loro fino a restare tutti e due senza fiato….
E tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni
Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri che presto impareranno a volare
Infine sono in aria: gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.
E a ogni metro di corda che sfugge dalla tua mano,
il cuore ti si riempie di gioia e di tristezza insieme.
Giorno dopo giorno, l’aquilone si allontana sempre di più,
e tu senti che non passerà molto tempo prima che
quella bella creatura spezzi il filo che vi unisce e si innalzi,
com’è giusto che sia, libera e sola.
Allora soltanto saprai di avere assolto il tuo compito”.

Aldo Tota


[ Foto dal web ]

 

 

 


2 COMMENTI

  1. Forse quello che manca e’ il ruolo educativo della scuola. Spesso questa istituzione e’ piu’ focalizzata a trasferire nozioni che ha creare buoni cittadini che vivono nella societa’ rispettando le regole della convivenza.

    • Vincenzo, sono d’accordo: la scuola dovrebbe formare di più ed informare di meno. Tuttavia: chi forma i formatori? E come formare senza valori: intendo tanto quelli morali quanto quelli economici. La mia impressione è che si deleghi alla Scuola che si aiuti poco la Scuola a rispondere alla sua missione.

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