Metti due classi che abbiano scelto come viaggio di istruzione Pompei. Metti che ci siano ancora dei docenti disposti ad accompagnarli.
Si fanno i preparativi, si studiano le schede di approfondimento, si fa in modo che ogni alunno adotti una domus, un tempio, un impianto termale, una villa, persino il lupanare di Pompei e si parte, sperando che le piogge finalmente diano una tregua e la visita, baciata dal sole, possa avere luogo.
Appunto: le piogge. Stanno mandando giù, un pezzo dopo l’altro, Pompei. Dissesto idrogeologico, confessa il direttore degli scavi, Grete Stefani. Già: andatelo a dire all’allora ministro Bondi che, venuta giù la Casa dei Gladiatori, dovette suo malgrado rassegnare le dimissioni da ministro della cultura.
L’attuale ministro è, invece, Dario Franceschini. Appena insediato, venne fuori con una dichiarazione che fece sussultare tutti gli amanti della cultura: «La cultura è il nostro petrolio».
Già. E tutti gli addetti ai lavori a storcere il naso perché a loro il paragone beni culturali / petrolio proprio non piace. Non a caso, lo stesso Franceschini, pochi giorni dopo rettificava: «Anche lei ha parlato di cultura come petrolio d’Italia… “È vero. Ma è un’espressione che non userò più. Il petrolio è un bene che si consuma. La cultura semmai è il nostro ossigeno. Per le menti, e per la crescita dell’economia”»[1].
Speriamo, dunque, che sia la volta buona, che finalmente si possa investire in cultura e valorizzare i tanti giovani, mica solo gli archeologi, che per la cultura si spaccano la schiena e sacrificano le loro esistenze, in cambio o in attesa di un lavoro precario.
Intanto, Pompei è lì e le cose non sembrano cambiare, non solo per i pezzi di muro che vengono giù …
“Ragazzi, giriamo a destra e prendiamo questa traversa che conduce su via dell’Abbondanza” – urla il solerte professore. “No, professo’, di lì non si può andare che trovate chiuso” – lo avverte un gentile passante dall’inconfondibile accento napoletano.
“Bene, allora prendiamo la traversa successiva, così finiamo giusto di fronte alla casa di Giulio Polibio” – riprende il prof che non si vuole arrendere.
“Mi scusi ancora, professo’, ma anche la casa di Polibio è chiusa, da molto tempo”.
“Bene, ragazzi, cambiamo itinerario. Proseguiamo dritti e andiamo a visitare il Teatro Piccolo, il Teatro Grande e di lì raggiungeremo il Foro. Poi faremo una pausa pranzo e nel pomeriggio raggiungeremo la Villa dei Misteri”.
Inguaribile, l’ottimismo del prof: delle tre mete proposte, gliene va bene solo una, la prima. Quanto al Foro, i ragazzi trovano molto più interessante l’adiacente ristorante che, a prezzi da fame (nel senso che te la fanno passare… ), serve di tutto, quasi si fosse in una stazione di servizio dell’Autostrada del Sole e non nel cuore di Pompei.
Quanto alla Villa dei Misteri… resterà tale per il prof e i suoi alunni. A parte la sala del triclinio, con i suoi meravigliosi affreschi, tutti gli altri ambienti sono inaccessibili. Motivazione: anche lì, lavori in corso, perché il “Grande Progetto Pompei” prevede la consegna dei lavori entro il 2015, … pioggia permettendo.
“Ragazzi, mi raccomando: niente rifiuti per terra” – “Professo’, ma se qui c’è monnezza dappertutto?” … Questa volta non è il gentile napoletano a parlare, sono gli stessi studenti e al povero prof le parole muoiono in gola.
Una casa, alla fine, la trovano, ben restaurata e visitabile: il lupanare… “Professo’, che belli ‘sti affreschi! Ci sono tutte le posizioni del kamasutra! Mo’ sì che mi piace l’arte”.
Meditate, gente, meditate.
[1] Link articolo