“Ha creato nuove espressioni poetiche nella grande tradizione della canzone americana” (The Swedish Accademy – Prize Awarder for the Nobel Prize in Literature)
Era il 1963 quando un giovanissimo ragazzo ebreo originario del Minnesota, saliva sul palco a fianco di Martin Luther King per unirsi alla marcia su Washington per i diritti della comunità nera in America. Lo fa a modo suo, cantando “When the Ship comes in” (https://www.youtube.com/watch?v=TFc8glsWjgU), una canzone scritta durante la notte prima di salire sul palco insieme a Joan Baez. Ritmo folk, parole taglienti, che diventeranno l’inno della marcia.
[…]
Una canzone si innalzerà
Mentre la vela maestra scenderà
E la barca scivolerà verso la spiaggia.
Ed il sole rispetterà
Ogni faccia sul ponte,
l’ora in cui la nave arriverà in porto.
[…]
Questo è Bob Dylan, nome d’arte di Robert Zimmerman, da tutti riconosciuto come minstrel troubador – menestrello cercatore – e presto definitosi troubledor – da trouble, problemi, menestrello che racconta problemi.
Il premio gli è stato conferito per “aver creato nuove espressioni poetiche nella grande tradizione americana”.
Non solo. Dylan ha meritato il Nobel perché ha cambiato la storia della cultura popolare del ‘900. C’è un “prima” e un “dopo” Bob Dylan. Prima si scrivevano canzoni soprattutto per intrattenere l’ascoltatore, seppur con alcuni contenuti interessanti, ma Dylan ha spostato la canzone popolare nel mondo dell’arte e ha fatto si che tutti quelli che sono venuti dopo di lui abbiano usato lo strumento della canzone per descrivere contenuti diversi.
Nelle canzoni di Bob Dylan ci sono poesia, letteratura, divertimento, politica, impegno, storia, tutti temi che prima la musica frequentava abbastanza poco. Ci provava il folk, il genere più legato alle abitudini americane, ma mai ci aveva provato il pop, un universo in cui è entrato di diritto quando ha pubblicato il suo primo album, nel 1962, fino ad oggi, con un’attività assolutamente straordinaria sia dal punto di vista della produzione artistica, sia per quanto riguarda gli innumerevoli concerti.
Dylan è stato ed è un personaggio centrale della cultura del ‘900 perché ha saputo mettere in circolo energie positive di pensiero in generazioni diverse, da quella degli anni ’60 più legate alla ribellione a quella degli anni ’70 più personali e riflessive, arrivando alla clamorosa conversione religiosa degli anni ’80 e l’ancor più clamorosa negazione negli anni a venire. E centinaia di altre storie, apparentemente più piccole e personali, fino a trasformarsi in grande interprete del canzoniere americano negli ultimi anni.
Il Nobel a Dylan dimostra che se c’è stata una rivoluzione culturale negli anni ’60, se è esistita una cultura giovanile che ha segnato il mondo, lo ha segnato in maniera talmente tanto profonda da arrivare – finalmente – a ricevere questo importantissimo riconoscimento nel giorno stesso in cui moriva il nostro Dario Fo, l’ultimo italiano a ricevere un Nobel per la letteratura, un giullare, un menestrello anche lui.
“Il mondo non ha bisogno di me. Sono alto soltanto un metro e cinquantacinque” (Bob Dylan)
E invece sì, Bob.